Professione solenne di suor Chiara Lucia

Professione solenne di suor Chiara Lucia

Care sorelle e cari fratelli,


 


in questo santo giorno nel quale celebriamo la festa della Santissima Trinità, la nostra Chiesa diocesana vive un momento particolarmente significativo: la professione solenne di una sua figlia in questo monastero dell’Annunziata che risale al tempo della Santa Madre Chiara di Assisi. Chiara Lucia ha voluto sceglierlo come il giorno della sua professione. E non a caso.


 


Carissima Chiara Lucia, mi dicevi che il 2 marzo del 2000, l’Anno Santo, dopo aver varcato la Porta Santa di Pietro, hai varcato quella di questo monastero. Ebbene, oggi, dopo sette anni, traversi un’altra soglia, se così posso dire, quella del mistero dell’amore di Dio. Non che prima non fossi stata accolta, ma oggi in maniera solenne e definitiva scegli di vivere in questo monastero la tua totale dedizione a Dio. E lo fai in questo anno nel quale ricordiamo la conversione di Francesco di Assisi. Ottocento anni fa quel giovane di Assisi, tormentato dal non senso della sua vita scoprì il Signore e si dedicò totalmente a lui.


 


Il primo passo fu un bacio: quello dato al lebbroso. Francesco stesso lo racconta all’inizio del suo testamento: “Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato il dolcezza di anima e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal modo”.


 


Dopo questo abbraccio al lebbroso, Francesco poté guardare quel crocifisso di san Damiano e ascoltarne la voce. Chiara, sua discepola, conservò con cura quel Crocifisso e quella memoria che ha segnò la svolta di Francesco e, vorrei dire, della stessa Chiesa. Da quel giorno non solo la vita di Francesco, ma anche quella della Chiesa è diversa. Divenne chiaro che l’unica cosa che vale la pena seguire è il Vangelo, solo il Vangelo, senza nessun altra aggiunta.


 


Carissima Chiara Lucia, ricordati che facendo la professione in questo anno significa per te cogliere direttamente alla fonte il carisma francescano, appunto, seguire il Vangelo senza aggiunte, la scelta di una vita sulla “forma del Vangelo”.


 


Noi vogliamo esserti accanto in questo momento santo, desideriamo accompagnarti con la nostra preghiera, con il nostro affetto mentre traversi questa nuova soglia dell’amore. C’è qui la tua mamma, Teresa, e dal cielo anche il papà Gaspare; ci sono gli altri familiari, gli amici di Roma e coloro che ti hanno conosciuto nel tuo itinerario geografico e spirituale. Ci sono anche i fratelli e le sorelle di Terni che ti hanno conosciuta e stimata in questi sette anni.


 


E anch’io, venuto a Terni appena un mese dopo di te, sono lieto di starti vicino e di accogliere la tua professione solenne come monaca di questo monastero della Santissima Annunziata. E permettete, care sorelle, che esprima la mia gioia personale nel vedere oggi che la prima professa da me consacrata a Terni, Rosa Chiara, sia oggi l’abadessa che riceve la professione di Chiara Lucia. E’ un segno dell’amore di Dio che ha rivolto il suo sguardo su di voi care sorelle.


 


Chiara Lucia è un dono per voi, care sorelle, e voi siete un dono per lei; e tutte assieme lo siete per la Chiesa e per tutti coloro che busseranno alle porte di questo monastero. E’ uno scambio di doni che riflette quel che accade nel cielo, nel cuore stesso del Padre e del Figlio i quali si amano a tal punto da generare l’Amore.


 


Cara Chiara Lucia, mentre tu doni la tua vita al Signore, Egli ti consegna a questo monastero perché tutte assieme siate sulla terra un lembo del cielo, un lembo di Paradiso. E’ questo il senso della vostra vita e della vostra presenza qui a Terni. Con la vostra vita voi stesse dovete guastare la gioia dell’amore di Dio e permettere a chiunque vi guarda e vi ascolta di coglierne almeno una goccia. Voi dovete essere segno di quell’amore radicale, generoso e forte di Dio. La Lettera ai Romani ci parla di questo amore effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Rm 5, 1-5). Lo Spirito ci rende dimora di Dio, sua casa, ci fa suoi familiari. Il Vangelo di Giovanni (16, 12-15) riporta alcune delle parole che Gesù rivolse ai discepoli la sera dell’ultima cena: “Quando… verrà lo Spirito


di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da se, ma vi dirà tutto ciò che ha udito evi annunzierà le cose future”.


 


Lo Spirito trascina i discepoli e tutti noi verso il cuore di Dio, il mondo di Dio, la vita di Dio, ch’è comunione di amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Egli ci guiderà verso la verità tutta intera, ossia verso l’amore pieno e senza limiti che è la vita stessa di Dio.


 


Il Dio cristiano (e dobbiamo domandarci se tanti cristiani credono nel “Dio di Gesù”!), non è una monade, un’entità singola, magari potente e maestosa che se ne sta in alto nel cielo. No, il Dio di Gesù è una “famiglia” di tre persone; e, si potrebbe dire, che la loro unità nasce dall’amore: si vogliono così bene da essere una cosa sola.


 


Questa incredibile “famiglia” è entrata nella storia degli uomini per chiamare tutti a farne parte. Si, tutti sono chiamati a far parte di questa singolarissima “famiglia di Dio” di cui voi, care sorelle del monastero, siete una manifestazione visibile e chiara su questa terra. Da questo monastero si deve intravedere la via del cielo. Questo è quel che la Sapienza aveva in mente mentre creava il mondo… “allora – dice la Sapienza – io ero con lui (con Dio) come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, mi rallegravo davanti a lui in ogni istante; mi ricreavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo” (Pr 8, 31).


 


Care sorelle e cari fratelli, all’origine e al termine della storia, all’origine e al termine della vita della comunità cristiana, all’origine e al termine di questo monastero, c’è l’Amore. L’orizzonte trinitario ci avvolge tutti. E’ l’orizzonte dell’amore di Dio; un amore senza limiti, un amore che non conosce confine alcuno, che non sa cosa voglia dire reciprocità perché è totalmente gratuito, un amore senza barriera alcuna. Questo amore è la sostanza del  Vangelo, ed è anche la sfida posta oggi davanti a noi, come ottocento anni fa a Francesco. E’ la sfida a vivere di un amore senza alcun limite. Cara Chiara Lucia, qualche giorno fa mi scrivevi: “Ora il mio desiderio è quello di lodare, benedire e ringraziare. La mia sete di apostolato non si è spenta, anzi è ancora più accesa ma la vita in monastero seguendo la Regola di Santa Chiara mi porta al cuore dell’apostolato che è vivere il Vangelo, cioè lasciar vivere Cristo. Ora è lui che parla nella mia vita e mi chiede di aprirgli il cuore e di consegnarmi totalmente a lui nella semplicità e nella gioia quotidiana”.


 


Sì, devi lasciar vivere Cristo in te. Francesco e Chiara ti hanno aperto la strada; con loro, come loro, vivi il Vangelo e avrai la gioia piena dell’amore.