Prima Domenica di Avvento

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

La liturgia ci fa iniziare oggi il cammino verso il Natale. È l’Avvento: il Signore viene; non resta lontano, non aspetta di essere cercato, come chi si crede importante e mette alla prova per verificare i sentimenti degli altri. Il Signore viene perché vuole stare con noi e indicarci la via del cielo. Viene perché ci vuole bene. A volte può sembrare che il Signore sia distante, disinteressato a quello che accade nel mondo. Spesso di fronte all’ingiustizia, alla violenza o alla malattia ci domandiamo: perché Dio non viene? Perché mi lascia solo? Perché non sconfigge, lui che può tutto, le forze del male? Questo tempo di Avvento ci aiuta a capire la vicinanza di Dio. Egli viene perché tutti possano trovarlo. Il mondo ha bisogno di speranza, non di cinismo realista o di tristezza rassegnata. C’è bisogno di uomini e di donne forti nell’amore, che non fuggano e non smettano di sperare. Il mondo invece è spesso rassegnato. Quanti motivi per non sperare! Basta una delusione, l’amarezza di un rifiuto, una contrarietà, un bene non corrisposto, una maleducazione subita, un’incomprensione, un tradimento. Come sperare negli altri quando cerchiamo e troviamo subito la pagliuzza che ci rende incapaci di voler loro bene o quando si rivela la capacità terribile che abbiamo di fare il male? Come sperare nel mondo quando il futuro è carico di minacce reali, quando la logica della guerra sembra l’unico modo per risolvere i conflitti, quando è così difficile vivere insieme?,
Gesù viene a realizzare la profezia di Isaia: “Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra”. Questa è la speranza, il sogno di Dio sul mondo. Noi ascoltiamo queste parole in un tempo in cui i popoli sembrano esercitarsi nell’arte della guerra piuttosto che in quella del dialogo. Non è un’ingenuità sperare? Non è più saggio pensare a se stessi, godersi il presente, alzare mura, affrontare il nemico prima che lui affronti noi anche a costo di rendere nemico chi in realtà è solo lontano o incompreso? Davanti a un mondo minaccioso ed imprevedibile facilmente siamo condizionati dalla paura, che è sempre una cattiva consigliera: indurisce il cuore, genera violenza, rende aggressivi, ispira il sospetto, avvelena le relazioni, confonde la mente, arma le mani.
La profezia di Isaia ci invita a trasformare già oggi le nostre lance in vomeri, iniziando dai nostri cuori. La speranza e la fede vincono la paura. Se cambio il mio cuore, se scelgo la mitezza invece di rispondere male, la semplicità invece delle tortuosità, il perdere invece di guadagnare, la gentilezza invece dell’aggressività; se scelgo di andare a visitare chi è solo o sta male; se scelgo di rispondere al male con il bene; se scelgo di aiutare chi è più povero; se smetto di credere importanti ed uniche solo le cose che vivo e faccio io e provo a capire gli altri ed a fare loro quello che voglio sia fatto a me; insomma, se inizio a cambiare me stesso inizia a cambiare il mondo.
“Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie”, invita l’apostolo Paolo. L’Avvento c’invita a non restare prigionieri della paura e ad essere uomini e donne di speranza che vivono già oggi la speranza di Dio: che nessuno abbia la sua vita stroncata dal male; che siano vinte le logiche dell’inimicizia e della divisione; che gli uomini trovino l’amore vero e lo vivano pienamente. È il sogno che non si muoia più per mano di un altro uomo; che le lacrime di disperazione dei piccoli siano asciugate dall’amicizia. Ma la paura ci condiziona. Quanto volte non cambiamo per paura! Quante parole non diciamo per non sbagliare, per paura di essere giudicati, di non venire capiti, di comprometterci! Quante scelte rimandiamo per essere sicuri! Quante occasioni perdiamo per aspettare che siano gli altri a fare il primo passo! Dio non ha paura e viene a riempire il nostro cuore di speranza. Il mondo può cambiare! Gli uomini possono cambiare! “Vegliate, state pronti”: è questo il primo invito dell’Avvento. “È ormai tempo di svegliarci dal sonno perché la salvezza è più vicina di quando diventammo credenti”. Sì, dobbiamo svegliarci. È facile addormentarsi. A forza di ridurre tutto a sé, si finisce poco alla volta per vivere come nel sonno. Ci si addormenta poco alla volta, quasi senza accorgersene. La proposta dell’Avvento è svegliarci ed avere speranza.