Presentazione dell’indagine sulla lettura della Bibbia

Presentazione dell'indagine sulla lettura della Bibbia

 
Il vasto programma di ricerca “La lettura delle Scritture” nasce per iniziativa della Federazione Biblica Cattolica in vista della celebrazione del Sinodi dei Vescovi. Il programma sta per essere portato a compimento, ed affiancherà ai risultati già raccolti e riferiti a nove paesi del Nord del mondo, dalla Russia agli Stati  Uniti, tre grandi città italiane e l’Umbria, i dati in corso di rilevazione presso un certo numero di paesi del Sud del mondo, ossia l’Argentina, il Sud Africa, le Filippine e l’Australia, per un totale di circa 13.000 intervistati. La Federazione, che aveva già organizzato a Roma un convegno internazionale per i 40 anni della Dei Verbum, ha pensato utile realizzare una ricerca in varie aree del mondo, tenendo presente anche le diverse tradizioni cristiane, per avere una idea più precisa circa il rapporto dei cristiani (ma anche degli adulti in generale) con le Scritture. I dati, ovviamente parziali, non hanno altra pretesa che aiutare una riflessione ed il discernimento pastorale su un campo decisivo come quello della presenza della Bibbia nella vita dei cristiani. Molte sono le riflessioni che la ricerca suggerisce. I dati si prestano a numerose letture, sia paragonandoli tra loro, sia mettendoli in relazione tra le diverse nazioni e quindi anche confessioni. Per parte mia mi fermo unicamente ad alcuni cenni di natura più pastorale. 


 


La Bibbia nutrimento dei fedeli


 


Guardando i primi dati dell’inchiesta viene confermata in pieno l’intuizione pastorale del Vaticano II nell’esortare i fedeli a riscoprire le Scritture come fonte primaria della vita spirituale. Anche nella loro parzialità i dati mostrano che questa esortazione conciliare è stata raccolta dalle comunità cristiane in maniera capillare, sebbene molta sia la strada da compiere ancora. La Bibbia è tornata ad essere nelle mani dei fedeli. E la sua lettura suscita ovunque interesse, e laddove viene praticata stimola le persone a riunirsi per comprenderla meglio, e aiuta anche il confronto tra persone di provenienze e di culture diverse. Le Sacre Scritture restano, se accolte con disponibilità spirituale,  probabilmente la via più efficace per incontrare il Signore Gesù e per vivere tale incontro come una esperienza viva e concreta del suo corpo presente nella storia, la chiesa.


Una ulteriore conferma viene data al legame che c’è tra la Bibbia e l’Eucarestia. Papa Giovanni XXIII, in una lettera pastorale del 1956 quando era cardinale a Venezia, proponeva questa verità con una icastica immagine: quella – diceva che ci sta davanti sull’altare, ossia il Libro e il Calice. Essi sono l’alfa e l’omega di tutta la vita cristiana, tutte le altre lettere dell’alfabeto, ossia le nostre iniziative, i programmi, i doveri, tutti sono compresi tra queste due lettere. Il fatto che la maggior parte degli intervistati indichi la celebrazione domenicale come il luogo più abituale in cui ascoltare la Parola di Dio è la prova di questa profonda verità che rende ragione della centralità della Celebrazione Eucaristica domenicale. Questo fatto comporta una attenzione rinnovata al Lezionario liturgico, tenendo comunque presente che in essi  non si riporta l’intera Scrittura (un’analisi sulle letture domenicali e festive domeniche mostra  piccola parte del Vecchio Testamento e quasi il 50% del Nuovo). Una attenzione particolare va posta l’omelia, che si rivela in tutti i paesi e in tutte le tradizioni cristiane il canale più diffuso per la comunicazione delle Scritture. E’ urgente perciò un esame attento il modo con cui si tiene l’omelia, che peraltro risulta dai dati un momento ritenuto interessante utile da parte dei fedeli. Sarebbe triste se si perpetuasse quanto un noto scrittore italiano, Carlo Bo, scriveva qualche anno: “La predica, tormento dei fedeli”. Non c’è alcun dubbio che la questione omiletica rappresenti uno degli snodi più delicati che il prossimo Sinodo dovrà affrontare. Questo peraltro non esclude l’importanza della lettura personale della Bibbia, che purtroppo è praticata da una percentuale ancora molto bassa. E’ però singolare il dato che vede, quasi ovunque, una copia della Bibbia presente nella larga maggioranza delle case.


C’è una terza conferma da rilevare: il ruolo della Bibbia nel dialogo ecumenico. Le Scritture restano il “luogo” più efficace che i cristiani hanno per camminare assieme sulla via dell’unità. Insomma trova conferma  quel che i padri conciliari affermavano: «tra gli elementi o beni, dai quali, presi insieme, la stessa chiesa è edificata e vivificata, alcuni, anzi parecchi ed eccellenti, possono trovarsi fuori dei confini visibili della chiesa cattolica: la parola di Dio scritta, la vita della grazia, la fede, la speranza e la carità, e altri doni interiori dello Spirito Santo ed elementi visibili; tutte queste cose, che provengono da Cristo e a lui conducono, appartengono di diritto all’unica chiesa di Cristo » (UR 3). Le risposte mostrano peraltro che non c’è più quella diversità, che in passato poteva notarsi, circa il rapporto con le Scritture tra le diverse tradizioni cristiane. Semmai emerge l’urgenza che i cristiani di tutte le tradizioni si impegnino in maniera più continuativa ad ascoltare assieme le Scritture e a favorirne la diffusione. In tale contesto è importante notare che le case editrici cattoliche e le Società Bibliche lavorino in maniera sempre più coordinata.


Questa stessa inchiesta, promossa dalla Federazione Biblica cattolica ha visto la collaborazione fattiva delle Società Bibliche che hanno dato la possibilità a un enorme numero di credenti di poter leggere la Bibbia nella loro lingua. Molto però è il lavoro che resta da fare. La Bibbia è stata già tradotta in 2454 lingue diverse (interamente in 438, il solo Nuovo Testamento in 1168, e solo alcuni libri, ad esempio i Vangeli o i Salmi, in altre 848). Ma restano ancora altre 4500 lingue. E se si calcola che le Società Bibliche hanno distribuito nel 2006 circa 26 milioni di Bibbie, vuol dire che si è raggiunto solo l’1 o il 2 per cento dei 2 miliardi di cristiani. Risuona forte perciò ancora oggi l’esortazione che Giovanni Paolo II fece all’assemblea dei vescovi italiani che trattava della Parola di Dio: “L’impegnativo compito della nuova evangelizzazione passa attraverso la riconsegna della Bibbia all’intero popolo di Dio”.


 


Le attese verso la Bibbia


 


L’inchiesta manifesta inoltre una serie di attese nei confronti della Bibbia. Quella che mi pare importante sottolineare è che nonostante la secolarizzazione (di cui forse è troppo diffuso uno stereotipo caratteristico solo di una parte dell’Occidente), le sacre Scritture sono praticamente guardate da tutti con grande rispetto. E da esse si  attendono parole importanti per la vita. Per quel che concerne i cristiani è opinione comune che la Bibbia contenga la parola di Dio, che sia un libro ispirato e capace di proporre il senso della vita, con una autorevolezza molto maggiore delle diverse istanze magisteriali che ci sono nella Chiesa. Il testo biblico, indicato da una larga maggioranza (anche tra gli stessi praticanti e gli stessi lettori) come difficile, è tuttavia visto sempre come interessante. Questo suggerisce che, da un lato, non ci si accosta al testo con superficialità o con atteggiamenti semplicistici ed unilaterali e, dall’altra, che lo si vede nella sua complessità e quindi bisognoso di spiegazioni e di accompagnamento.


E c’è qui una seconda attesa che vorrei sottolineare nei confronti delle Scritture. Molti rilevano che la Bibbia è un testo che presenta valori importanti, ma è troppo difficile metterli in pratica. La prima sfida pastorale che si presenta è quindi come passare dal fascino che le Scritture continuano a suscitare, anche in una società secolarizzata come la nostra, a renderle una parola efficace e forte che cambia il cuore e la vita. E’ ovvio che la predicazione gioca un ruolo indispensabile in tale contesto. Non solo la predicazione è decisiva, ma anche la vita delle comunità cristiane deve mostrare con le parole e con la vita che  le pagine bibliche non sono belle ma astratta, bensì concrete e realizzabili.


Un altro dato emerge con sorpresa: l’ascolto delle Scritture favorisce l’aggregarsi di coloro che ascoltano. Insomma, così come l’Eucarestia “fa” la Chiesa, la stessa cosa compire l’ascolto della parola di Dio. Si può dire perciò che la Parola di Dio “fa” la Chiesa. I dati mostrano che l’ascolto della Bibbia favorire il raccogliersi in gruppo, aiuta a vivere maggiormente la vita in comunità, fa scoprire con più chiarezza il senso dell’essere chiesa, e, nello stesso tempo, mostrano che la lettura biblica si apprende ed è sostenuta dalla frequenza di ambienti in cui la si pratica. La Bibbia è davvero il libro della Chiesa; ogni individualismo la impoverisce. Benedetto XVI rivolgendosi ai giovani, due anni or sono in piazza s. Pietro, diceva: «la Sacra Scrittura introduce alla comunione con la famiglia di Dio. Non si può leggere da soli la Sacra Scrittura. Certo, è sempre importante leggere la Bibbia in modo molto personale, in un colloquio personale con Dio, ma nello stesso tempo è importante leggerla in una compagnia di persone con cui si cammina».


 


Un nuovo entusiasmo per la Bibbia


Un terzo gruppo di osservazioni riguarda le prospettive che l’inchiesta suscita. La convinzione comune che le Scritture sono difficili e che richiedono spiegazioni conferma le indicazioni di Benedetto XVI nel discorso appena citato: «leggere [le Scritture] in colloquio personale con il Signore; leggerle accompagnati da maestri che hanno l’esperienza della fede, che sono entrati nella sacra Scrittura; leggerle nella grande compagnia della chiesa, nella cui liturgia questi avvenimenti diventano sempre di nuovo presenti, nella quale il Signore parla adesso con noi, così che man mano entriamo sempre più nella sacra Scrittura, nella quale Dio parla realmente con noi, oggi». La Bibbia non si legge da soli o per conto proprio, ma assieme. Ed è su questa via ecclesiale che si evitano i due scogli più pericolosi nella lettura della Bibbia oggi. Il primo pericolo è una lettura fondamentalista. Un tale approccio nasce da un atteggiamento di forte insicurezza del lettore che riversa poi sulla Bibbia non riuscendo pertanto a comprenderla nella sua verità. In tale contesto vanno però considerate le osservazioni proposte da Philip Jenkins nel volume “I nuovi volti del cristianesimo” circa il modo di lettura, più facilmente fondamentalista, presente nei grandi movimenti spirituali che concernono la galassia pentecostale che cresce in particolar modo nel Sud del mondo (America Latina, Africa, Asia). L’altro pericolo è quello di una lettura psicologizzante e individualista che fa riversare nelle pagine bibliche il proprio “io” senza porsi in un atteggiamento di ascolto del Signore che parla attraverso le Scritture. Si deve aggiungere poi quel pericolo di strumentalizzazione che sembra crescere sempre più. Un esempio è riportato da un’analista americano, Jaques Berlinerblau, che parla di “use and abuse of the Bible in today’s presidential politics”, nel volume “Thumpin’it”. Il primo modo do lettura delle Scritture è quella che provoca un cammino spirituale che porta alla preghiera e alla conversione sia personale che ecclesiale.


I dati, assieme agli enormi progressi fatti, mostrano anche una notevole ignoranza sulle Scritture, ignoranza materiale (molti ad esempio non conoscono neppure chi ha scritto i Vangeli) e ignoranza spirituale (solo pochi, per fare un altro esempio, ritengono le Scritture come il libro della preghiera e dell’ascolto del Signore). Benedetto XVI diceva ai giovani: «insegnare a leggere la Sacra Scrittura non come un qualunque libro storico, ma per quello che è realmente, come parola di Dio ponendosi in colloquio con Dio», imparando cioè a pregare proprio a partire dal testo ascoltato, letto, meditato, è un obiettivo primario da porre all’attenzione dei pastori. Per questo è necessario far nascere, anche a partire dall’appuntamento sinodale, energie nuove per ridare spazio alle “scuole della parola”, alle “scuole del vangelo”, che in tanti luoghi sono state già sperimentate e con frutto, ma che in non pochi casi vivono una fase stanchezza. Vanno riprese e riattivate, dotandole di nuovi strumenti, in modo da aumentare ancora più la familiarità con i testi biblici.


In questo orizzonte si staglia la lectio divina, il più antico e ricco dei metodi di ascolto delle Scritture. Benedetto XVI ce ne da un esempio straordinario nelle sue omelie. In ogni caso la lectio deve trovare nuovi spazi e nuove forme sino a divenire il modo abituale nelle nostre comunità cristiane di avvicinarsi alla parola di Dio. Scriveva il cardinale Martini, «attraverso una familiarità sempre più grande degli uomini e delle donne con la sacra Scrittura, letta e pregata da soli, nei gruppi e nelle comunità, si riviva quella esperienza del fuoco nel cuore che fecero i due discepoli sulla strada di Emmaus» (Martini al Sinodo per l’Europa del 1999).


Dobbiamo augurarci che il Sinodo susciti nell’intero mondo cristiano, da quello cattolico a quello ortodosso e protestante, un nuovo entusiasmo per la Bibbia. Giovanni XXIII, nella citata lettera pastorale, diceva: “Se tutte le sollecitudini del ministero pastorale ci sono care e ne avvertiamo l’urgenza, soprattutto sentiamo di dover sollevare da per tutto e con continuità di azione l’entusiasmo per ogni manifestazione del libro divino, che è fatto per illuminare dall’infanzia alla più tarda età il cammino della vita”. Forse è giunto il tempo di avviare in maniera robusta una nuova “devotio”, appunto, la “devozione” alle Sante Scritture perché diventino il libro dell’intero mondo cristiano.
Ogni cristiano deve avere la “sua” propria Bibbia, quella che lo accompagna ogni giorno, dovunque egli vada. Splendida è l’esortazione di san Girolamo: “Cadentem faciem, Sacra Pagina recipiat”. Chiudere la propria giornata con la lettura delle Scritture è una indicazione spirituale quanto mai attuale. Se i cristiani si abituano a questa pratica, le Scritture diventeranno il libro del futuro delle nostre società, il Libro che le aiuterà ad essere più umane e più vicine al Signore. Fa pensare che la maggioranza degli intervistati sia favorevole che la Bibbia venga insegnata nelle scuole: è il segno di una disponibilità che non possiamo non cogliere.
Le Scritture, all’inizio di questo terzo millennio che vedono ormai un’alfabetizzazione sempre più generalizzata,  possono essere il grande dono che i cristiani sono chiamati a dare all’intera società. I vescovi italiani lo hanno detto esplicitamente: «comunicare il Vangelo è il compito fondamentale della Chiesa. Questo si attua, in primo luogo, facendo il possibile perché attraverso la preghiera liturgica la parola del Signore contenuta nelle Scritture si faccia evento, risuoni nella storia, susciti la trasformazione del cuore dei credenti. Ma ciò non basta. Il Vangelo è il più grande dono di cui dispongano i cristiani. Perciò essi devono condividerlo con tutti gli uomini e le donne che sono alla ricerca di ragioni per vivere, di una pienezza della vita » (CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 32).