Pasqua ad Amelia

Pasqua ad Amelia

 

Care sorelle e cari fratelli,


è, più o meno, la stessa ora della cena dei due discepoli con quello straniero ad Emmaus. Anche noi, in certo modo, abbiamo detto a Gesù “resta con noi, perché si fa sera”. E’ certamente la sera del giorno, ma è soprattutto la sera per il buio che c’è in questo mondo. E’ buio in tante terre del mondo, pensiamo all’Irak o a Gerusalemme, pensiamo a tanti paesi africani dilaniati dalle guerre, dalle malattie, dalla fame e dalla sete. Ma è buio anche in Italia: a Napoli (ricordate la ragazza di 14 anni), a Città di Castello (quella bambina, a Bustarsizio (quei due giovani), vicino Milano (il piccolo Jacopo, a Sabaudia, e in tante altre famiglie. Guardando questa drammatica litania di tragedie sale ancor più forte la preghiera: “Resta con noi Signore!” Senza il Signore, infatti, il mondo  – quello lontano, ma anche quello vicino – è più buio e la vita più in pericolo e più triste. A me pare che in giro stia crescendo un clima di violenza. Sì c’è troppo odio nel mondo, e un esagerato egoismo sembra presiedere la vita di tutti. E la paura, a partire da quella suscitata dal terrorismo, spinge tutti a rinchiudersi, a rinserrarsi nelle proprie cose. Del resto ciascuno di noi potrebbe dire: ma che ci posso fare io di fronte a tanti drammi? Cerco perciò di difendermi! Ma non si può vivere solo in difesa dagli altri. C’è bisogno di un nuovo respiro.


L’annuncio della risurrezione mostra che il Signore non si è rassegnato al male, che non è restato chiuso nella tomba. Egli ha vinto il male e la morte. Avevamo bisogno di questo annuncio. Avevamo bisogno di sentire che il male può essere vinto, che la violenza può essere sconfitta, che la morte può essere annientata. Dio, che ci ama di un amore senza limiti, non si è rassegnato ad un mondo in cui prevale la logica della guerra, della vendetta, della violenza, dell’arroganza. E non ha abbandonato il suo Figlio. Lo ha risuscitato. E mentre tutti credevano che il male avesse sconfitto Gesù, Egli è tornato in vita. L’amore è più forte della morte. Questa è la Pasqua. E ci viene annunciata con forza perché il Signore vuole coinvolgerci nella sua risurrezione. Gesù non risorge da solo. Egli vuole risorgere con noi. Affidiamoci a Lui. Non essere incredulo, ma credente. Ossia, affidati a Gesù. Questo vuol dire credere: affidarsi, abbandonarsi a Gesù.


Ma come vedere Gesù, come posso incontrarlo risorto? L’evangelista Luca ci da la risposta nel brano evangelico che abbiamo ascoltato. Una prima cosa che sorprende nell’ascoltare questa pagina evangelica è che Luca fa trascorrere a Gesù risorto quasi tutto il giorno con due discepoli assolutamente secondari. Di uno non ci viene detto neppure il nome. Non sarebbe stato più fruttuoso per Gesù stare con gli apostoli e parlare con loro del futuro della comunità che aveva fondato e che essi avrebbero dovuto guidare? Invece Gesù sceglie di trascorre la gran parte della giornata con quei due anonimi discepoli. Ma qual è l’intenzione dell’evangelista? Egli, in quei due anonimi discepoli vede i discepoli di tutti i tempi, anche noi. Insomma, con questo racconto, l’evangelista vuol dire che il modo che i cristiani di tutti i tempi hanno di incontrare Gesù risorto è quello stesso che hanno avuto i due discepoli di Emmaus.


E vediamo allora cosa è accaduto loro. Se ne stanno andando tristi da Gerusalemme verso Emmaus, il loro villaggio natale. Tornano indietro, ma non tanto fisicamente quanto con il cuore e con la vita, ossia ritornano a fare quelle cose che avevano abbandonato da quando si erano messi a seguire Gesù. Tutto è finito, che fare se non tornare indietro? Il maestro è morto, e anche malamente. E’ bene tornare nella vita di sempre, senza far troppo rumore. Il male sembrava aver vinto su quel giusto che “aveva fatto bene ogni cosa”. E’ un po’ quel che accade anche oggi: il male sembra vincere ovunque e quindi ciascuno si rinchiude, si rinserra nelle proprie cose. Potremmo dire: si blinda. La Pasqua di quest’anno infatti non è blindata solo fuori; è blindata soprattutto nei cuori.


Ma ecco che, mentre tristi se tornano a casa, uno straniero si mette a parlare con loro. E parla lungo tutto il viaggio, fino a casa. Chiede cosa sia successo. Li rimprovera. Li esorta. Li incoraggia. Li illumina. E man mano che questo straniero parla, sentono il loro cuore riscaldarsi. Appena stanno per arrivare a casa sentono che il loro cuore non è più come prima. E’ successo qualcosa dentro di loro. Non sono più così rassegnati e sgorga quindi una preghiera semplice ma vera: “Signore, resta con noi!”. Care sorelle e cari fratelli, ma non è quel che accade anche a noi quando ascoltiamo con il cuore il Vangelo? Quando ci viene spiegato il Vangelo, vediamo forse Gesù con  nostri occhi? No, eppure se ascoltiamo con disponibilità sentiamo il nostro cuore scaldarsi e nasce da noi una preghiera. E quello straniero si ferma e resta con noi, sì entra a casa nostra. E mentre sta con noi prende il pane e lo spezza. E’ quel che accade nella Santa Messa di ogni domenica. Il sacerdote spezza il pane e lo distribuisce. A questo punto – scrive l’evangelista Luca – i loro occhi si aprirono. Ma come, non erano già aperti? Non avevano percorso l’intero tratto da Gerusalemme a Emmaus? Si aprirono gli occhi del cuore e lo riconobbero. Era Gesù. Ma appena lo riconobbero, Gesù sparì dalla loro vista. Ebbene, anche a noi si aprono gli occhi del cuore quando partecipiamo con fede alla Eucaristia. In quel pane e in quel vino riconosciamo il corpo e sangue di Gesù che diviene nostro cibo.


Ecco, perciò, il modo con cui possiamo incontrare anche noi il Cristo risorto: attraverso l’ascolto del Vangelo e la partecipazione all’Eucarestia. Se viviamo la Messa in questo modo – sono armai tante volte che lo ripeto, ma non mi stancherò di farlo – sentiremo il nostro cuore commuoversi dentro. E così la rassegnazione è sconfitta. Il fuoco che ci è stato donato nel cuore spinge tutti noi ad uscire dal proprio egocentrismo per correre, anche di sera come fecero i due di Emmaus, dagli altri per dire loro che Gesù è risorto, ossia che il male non è l’ultima parola sulla nostra vita, che l’amore è più forte dell’odio, che la solidarietà è più salda della violenza, che la pace è possibile, che non è vero che la guerra è inevitabile. C’è bisogno, fratelli e sorelle, di far crescere in noi l’amore, la compassione, la pietà, il perdono, l’amicizia. Se faremo crescere in noi e ad Amelia tutto questo, aiuteremo il mondo a risorgere, a uscire dal buio in cui è caduto, a liberarsi dalle spirali di odio nelle quali si è calato. E questo deve avvenire nel cuore di ciascuno, nel cuore delle nostre famiglie, nel cuore di Amelia, dell’Italia, del mondo. E’ quel che fece santa Firmina e che oggi ci viene riproposto.


Il mio augurio per questa Pasqua del 2004 è che ciascuno di voi, che tutta Amelia, senta riscaldarsi il cuore nel petto e possa crescere nell’amore e nella compassione. Aiuteremo così anche il mondo a risorgere dalla tomba e a sperare in un futuro di pace.