Pasqua 2004

Pasqua 2004

E’ Pasqua. Ed è l’11 aprile. Sono passati trenta giorni dall’inferno dell’11 marzo di Madrid e circa due anni dall’inferno dell’11 settembre di New York. Nel mezzo una drammatica catena di attentati, di guerre, di violenze. L’11 del mese fa ormai paura. In Italia siamo costretti a parlare di Pasqua blindata, la più blindata possibile (e non ne mancano i motivi!). I Vangeli, al contrario, continuano a parlare di Pasqua di Risurrezione e di pietra pesante rotolata. E quando Gesù appare ai discepoli le sue parole sono “Pace a voi” (così nei Vangeli di Luca e di Giovanni) e “Non abbiate paura” (in quelli di Matteo e di Marco). “Pace a voi” e “Non abbiate paura”: sono queste le parole di Gesù in questa Pasqua 2004.  Queste parole escono dalla bocca di un uomo risorto dopo una ingiusta condanna che lo ha portato alla morte di croce che gli autori sacri non ci hanno trasmesso (e avevano certo le loro buone ragioni!) nel loro “verismo” sanguinario. Le parole del risorto affermano che Dio non si è rassegnato alla violenza, alla guerra, al terrorismo. Che non si rassegna, e proprio in questa Pasqua, a un mondo senza pace, senza pietà; a un mondo in cui la forza ragione sembra affermare la necessità della guerra, e se la si vede in tutta la sua drammaticità si sostiene essere sì un male ma comunque endemico e incurabile. Ed è ovvio che in un mondo così (ma può essere ragionevole un mondo come questo?!) la pietà è assolutamente inutile, il dialogo è bene eliminarlo e il perdono è sacrosanto abolirlo. Insomma, per questa ragione, l’unica cosa davvero ragionevole sarebbe, appunto, l’inferno. Per i Vangeli non è così. La tradizione cristiana vuole che Gesù inizi la risurrezione scendendo nelle profondità degli inferi, cioè nel più basso della terra. E mai la storia era scesa così in basso uccidendo il figlio di Dio. Gesù scende però nel più basso, negli inferi, per cercare gli uomini. Solo Dio può aiutare la terra ad uscire da tanta bassezza che segna per sempre la storia umana con il marchio della croce. Dio che non si è rassegnato richiama alla vita il Figlio suo dalle profondità e dalle bassezze della terra. E in quel momento, nel momento della resurrezione il cielo e la terra si uniscono. Mai il cielo era sceso così in basso, mai il cielo si era tanto aperto per unirsi a una terra sprofondata nella sua miseria. Ma la pietà di Dio è calata così abbondantemente sulla terra. Ed è pietà di Dio che risorge in Cristo Gesù. Questa è la Pasqua: il centro della storia, il centro del cosmo. Il cielo si abbassa, si apre e si unisce alla nostra terra caduta così in basso. E la Pasqua si unisce a tutte le terre, a tutti i paesi, a tutte le case. Questa Pasqua è il centro della storia, è un evento cosmico. Eppure è facile non accorgersene. Ma a chi incontra Gesù la Pasqua chiede di unirsi alla resurrezione di Cristo che trascina la terra, i popoli e gli uomini. Ha scritto Olivier Clement: “Dio resuscita e ci resuscita con lui, basta abbandonarsi”. Si, basta abbandonarsi nella fede. Ad un mese dall’attentato di Madrid questa Pasqua parlerà di vita se vinciamo la paura e lasciamo coinvolgere dalla pietà di Dio che rende gli uomini buoni ma anche forti contro ogni male. E’ vero, Cristo risorto porta ancora i segni delle ferite della croce: sono i segni del dolore del mondo, del genocidio ruandese, dei tanti ammalati di AIDS abbandonati, dei bambini in guerra, dei bambini soldati, dei bambini cresciuti alla scuola della violenza, della bambina di Città di Castello seviziata… Cristo risorto e ancora ferito continua a dirci, come a Tommaso, incredulo: “Metti qua il tuo dito, guarda le mie mani, stendi la tua mano, mettila nel mio costato e non essere più incredulo ma credente”. E’ a dire che la Pasqua chiede ancora oggi di sporcarsi le mani con le ferite del mondo.