Paglia: Romero beato, testimone della Chiesa povera per i poveri

La data circola di bocca in bocca fin dal primo mattino: “23 maggio, 23 maggio”. I salvadoregni si sono svegliati prima del solito galvanizzati dalla notizia dell’arrivo nel Paese del postulatore della causa di beatificazione dell’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero, monsignor Vincenzo Paglia. «Ma sarà davvero beato “monsenor”?», si domandano nelle “pupuserías”, piccole rivendite di cibo. «Sembra che stavolta sia vero», mormora un ambulante.
«Monsenor beato fra poco più di due mesi! Sa, lui ci ascoltava, ci capiva», afferma una signora che vende sacchetti d’acqua agli automobilisti fermi al semaforo. Alle sue spalle, spunta da un mural il volto sorridente di “monsenor”. Cosí il popolo salvadoregno continua a chiamare affettuosamente l’arcivescovo martire, ucciso “in odio” alla fede il 24 marzo 1980.
A San Salvador (dove si celebrerà il rito di beatificazione) fervono i preparativi per il 35° anniversario dell’omicidio, perpetrato da un commando legato ai militari: per questi ultimi la difesa dei poveri e della giustizia da parte del pastore era un atto di «pericolosa sovversione».
L’annuncio della data della beatificazione é caduto ieri in un altro giorno simbolico: la vigilia della morte di padre Rutilio Grande, gesuita e fraterno amico di Romero, nonché fonte di ispirazione della sua azione pastorale, di cui l’arcidiocesi ha avviato la causa di beatificazione. Anche il luogo scelto è denso di significato: il salone d’onore del Palazzo presidenziale che il precedente governo di Mauricio Funes volle dedicare a ” monsenor” . Là il ritratto di Romero troneggia fra quelli dei “padri della Patria”. E là monsignor Paglia ha comunicato l’attesa notizia, insieme all’arcivescovo José Luis Escobar Alas, il nunzio León Kalenga, il presidente del Salvador Santos Cerén e il ministro degli esteri, Hugo Martínez.
«Il 23 maggio di quest’anno, l’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero sarà proclamato beato, come martire della Chiesa universale. La celebrazione si svolgerà in El Salvador e sarà presieduta dal cardinale Angelo Amato», ha detto il postulatore, interrotto da un applauso spontaneo. Monsignor Paglia ha voluto ringraziare papa Francesco per aver firmato il decreto di beatificazione il 3 febbraio, «un giorno ispirato da Dio, poiché in quella data la Chiesa fa memoria liturgica di san Oscar e cade, inoltre, l’anniversario della nomina di monsignor Romero come arcivescovo di San Salvador».
Un grazie, inoltre, a Benedetto XVI, Giovanni Paolo II e Paolo VI, alla Congregazione delle cause dei santi e ai postulatori dell’arcidiocesi. «Consideriamo un segno della Provvidenza il fatto che ci sia stato consenso unanime nelle due commissioni – dei cardinali e dei teologi – della Congregazione delle cause dei santi”, ha aggiunto il presidente del Pontificio consiglio per la famiglia visibilmente emozionato. «Romero– ha continuato l’arcivescovo – è un “dono” per la Chiesa e il mondo. La sua figura è fonte di speranza per milioni di famiglie povere che tuttora si recano sulla tomba, nella Cattedrale, per raccontargli le loro pene come se fosse presente. Segno di come questo testimone eloquente dell’amore incondizionato per i poveri riesca, ora come ieri, a muovere e commuovere le coscienze del suo popolo. Un popolo su cui continua a vegliare, stando accanto a tutti, pur con una preferenza evangelica per gli esclusi, gli emarginati». «La beatificazione di monsignor Romero – ha concluso il postulatore – si iscrive in quella Chiesa “povera per i poveri” e “in uscita” tanto cara a Francesco. Ed è bello che accada ora, con il primo Papa latinoamericano».
«Per El Salvador è quasi un miracolo questa notizia», ha detto il presidente Santos Cerén, annunciando l’intenzione del governo di far conoscere nelle scuole, attraverso un’apposita disciplina, la figura di Romero. E ha concluso: «Grazie a monsenor “el Pulgarcito” (il pollicino, come viene chiamato El Salvador per le sue piccole dimensioni) é diventato un gigante!».

Lucia Capuzzi