Paglia: gli anziani sono una «cattedra» a cui non possiamo rinunciare

Se la cultura dominante vuole scartarli, il Papa e la Chiesa li mettono in primo piano. E domani, nella Giornata a loro dedicata, se ne avrà la prova. A partire dalla presenza di Benedetto XVI, che – su invito di papa Francesco – sarà presente sul sagrato di piazza San Pietro dalle 9.30 alle 10.30. L’arcivescovo Vincenzo Paglia commenta: «È il primo dei ‘nonni’. Il modo con cui vive questo ultimo tempo della sua vita è uno straordinario esempio per tutti». Il presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, dicastero che ha organizzato l’incontro di 40mila anziani con papa Francesco, enumera in questa intervista ad Avvenire
le loro qualità. E invita a non cedere alle deviazioni di quella ‘cultura dello scarto’, che verrebbe metterli da parte.

Come è nata l’idea questa Giornata?

Fin dal primo incontro, il Santo Padre mi ha parlato degli anziani. Poi, come sappiamo sul tema è tornato più volte. In questo clima di ‘cultura dello scarto’ anche gli anziani in certo modo sono come inseriti in una sorta di raccolta differenziata dei rifiuti (si pensi solo all’eutanasia e agli abbandoni). Ma lo scarto degli anziani è un danno per tutti, per loro, per la famiglia e per la stessa società. Ecco perché è importante dare un segno contrario.

È questa la ragione per cui gli anziani stanno così a cuore a papa Francesco?

Senza dubbio. In verità sono varie le ragioni per dare attenzione agli anziani. Una che vorrei sottolineare è la fragilità che caratterizza gli anziani e che ci ricorda che tutti siamo fragili. È una sorta di ‘cattedra’ che non cessa di insegnare. La cultura dominante vuole eliminare questa cattedra. Ma così ci condanniamo a non capire e soprattutto a vivere male. Non dobbiamo poi dimenticare il senso del legame tra le generazioni che vedono gli anziani come uno degli anelli fondamentali. Quanti nonni, oggi, accudiscono i nipoti. E poi c’è anche la trasmissione della cultura, delle tradizioni e anche della fede a chi segue. Tutto ciò dovrebbe farci sentire particolarmente avvelenata la contraddizione di una società che allunga la vita, ma poi la riempie di vuoto, di abbandono, di dimenticanza. C’è bisogno di dare senso a questi anni che ci vengono donati in più.

In che modo queste dimensioni verranno evidenziate domani?

In vari modi. Vorrei però sottolinearne uno in particolare: la consegna a ciascun  anziano delVangelo di Marco scritto a lettere grandi. È l’invito a leggere quel Vangelo e a trasmetterlo, soprattutto ai giovani, perché quella Parola risuoni ancora con più forza. Francesco, in sostanza, sembra dare agli anziani come una nuova missione. Un po’ sull’esempio della profetessa Anna  che a 84 anni, dopo aver visto Gesù Bambino, ha cominciato a parlare di lui a chiunque incontrava. La terza età non manda in pensione da un punto di vista religioso e spirituale. Penso a quanto sia importante, ad esempio, la preghiera degli anziani. Io li immagino come un polmone orante per tutta la Chiesa. Altro che scarto. Altro che rifiuto. Potrebbero essere i Mosè del nostro tempo, che aiutano Giosuè a combattere la sua battaglia. E la loro preghiera aiuterà il  mondo ad essere migliore.

Sull’esempio di Benedetto XVI, che non a caso sarà presente?

Esattamente. La sua presenza è un valore aggiunto per questa giornata di preghiera e di festa. Potremmo dire che è il primo dei ‘nonni’. Dunque l’invito di papa Francesco è quanto mai opportuno. Oltre tutto, credo che Benedetto XVI oggi sia davvero un esempio di come vivere la terza età. E mi fa sempre tenerezza quello che papa Francesco  dice di Benedetto: «È come avere un nonno a casa». Imitiamo anche noi papa Francesco, perché i nostri anziani siano trattati come Francesco ama  Benedetto XVI.

Quale contributo verrà da questa giornata al Sinodo sulla famiglia?

Vorrei dire che gli anziani – che più di altri hanno vissuto la famiglia nella sua bellezza come anche nelle fatiche e nei problemi – con questa giornata anche di preghiera accompagnano sull’uscio del Sinodo i vescovi e coloro che vi prenderanno parte. Gli anziani, che spesso sono come messi nella ‘periferia’ della famiglia, in realtà possono dire più degli altri quanto essa sia importante per tutti.

Dica la verità, è stato lei a suggerire al calciatore Florenzi di andare ad abbracciare la nonna dopo il gol.

No, ma se avessimo dovuto pensare uno spot per la giornata di domani, non avremmo potuto farlo meglio. Quel gesto dimostra la bellezza di vedere un giovane che ha un amore per i propri nonni. Purtroppo spesso la cultura vuole appannare questa dimensione affettiva. Ma il futuro non è solo giovani, né solo anziani, ma dei giovani e degli anziani, insieme.

(da Avvenire)