Paglia: con Amoris laetitia il Papa propone una “Chiesa familiare”

di IACOPO SCARAMUZZI

La recente esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco «richiede una sorta di riforma stessa della Chiesa, una nuova forma ecclesiae: una Chiesa che sia famiglia più che istituzione, più che complesso di norme, una Chiesa capace perciò di accompagnare e integrare tutte le famiglie, nessuna esclusa, tutte le persone, nessuna esclusa». Lo afferma monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che sabato scorso ha ospitato nel suo dicastero il primo di tre seminari per specialisti sulla ricezione del testo papale.

All’incontro a porte chiuse, che si è concentrato sul tema «Famiglia e appartenenza alla Chiesa», hanno preso parte una ventina di teologi moralisti, canonisti, ecclesiologi come Pierangelo Sequeri, Luca Bressan, Hervé Legrand, Severino Dianich, Serena Noceti, Alexandra Diriart, Philippe Vallin e Laurent Villemin. Altri due seminari si concentreranno, prevedibilmente a settembre e novembre prossimi, sull’alleanza uomo-donna e sulla dimensione pastorale. Il ciclo fa seguito a un primo percorso di altri tre seminari, durante il periodo sinodale, su fede e sacramento, generazione, e cura delle famiglie ferite, pubblicate poi dal Pontificio Consiglio nel volume «Famiglia e Chiesa. Un legame indissolubile».

L’Amoris laetitia rappresenta «un cambio di passo nella vita della Chiesa che possiamo definire storico» perché introduce una trasformazione la cui chiave, spiega monsignor Paglia, «non si trova, come è sembrato, nell’equivoca disputa che ha polarizzato gli inizi del cammino sinodale, nel presunto conflitto, o alternativa, fra rigore della dottrina e condiscendenza pastorale. La Chiesa, dietro l’impulso magisteriale del Papa, si vede confermata nella sua costitutiva disposizione a portarsi oltre ogni artificiosa separazione e contrapposizione della verità e della prassi, della dottrina e della pastorale, per riscoprire fino in fondo la responsabilità morale e dunque pratica dei suoi processi di interpretazione della dottrina». L’immagine evangelica che Paglia usa per delineare la forma ecclesiae da vivere oggi «è quella della parabola della pecora smarrita: non è solo il pastore che deve uscire, tutte le novantanove sono chiamate a uscire con il pastore per cercare, accompagnare, discernere e integrare chiunque ha bisogno di aiuto. Ma tutti dobbiamo vivere “in uscita”. Le novantanove, se restano sole, in certo modo si privano della essenziale dimensione missionaria del pastore: il recinto rischia di ridursi a burocrazia autoreferenziale. L’esortazione chiede una nuova forma ecclesiae, che sia tutta familiare, tutta missionaria, tutta “in uscita”, in “effettiva” uscita. Ecco perché non basta – per restare nell’ambito della famiglia – semplicemente riorganizzare la “pastorale familiare”. C’è bisogno di molto di più: rendere “familiare tutta la pastorale” o, ancor più chiaramente, rendere “familiare tutta la Chiesa”».

Come vede le critiche che da alcuni ambienti si levano nei confronti dell’Esortazione apostolica?  

«C’è una bella affermazione nella Evangelii gaudium dove il Papa, al numero 133, fa un appello ai teologi perché con il loro carisma promuovano il dialogo con il mondo della cultura e della scienza. Il Pontificio Consiglio ha sentito perciò la responsabilità di coinvolgere anche i teologi e le teologhe non per una “teologia da tavolino”, per usare una espressione del Papa, ma per una teologia che parta dalla realtà della comunità cristiana. In questo senso i seminari desiderano coinvolgere la riflessione teologica per accompagnare una ricezione robusta dell’Amoris laetitia. La presenza di incomprensioni o di profeti di sventura ci spinge a mettere immediatamente sulla strada questa grande passione del Papa e della Chiesa per tutte le famiglie».

La forma ecclesiae alla quale fa riferimento è in un certo senso già presente nella nascita di questo testo, con il percorso sinodale?  

«Questa Esortazione apostolica è forse l’unico documento papale che ha avuto una preparazione così articolata: un concistoro di cardinali, due assemblee sinodali, un anno di catechesi del Papa, due grandi inchieste in tutte le Chiese del mondo. Questa metodologia non è solo un metodo, è diventata anche un contenuto stesso. Questo è il nuovo paradigma ecclesiale. Ecco perché questa lunga meditazione sulla famiglia, com’è l’Amoris laetitia spinge tutti i credenti, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici a trasformarsi, a vivere una familiarità che proprio perché tale fa sue le gioie e le speranze di tutte le famiglie, oggi particolarmente di quelle più ferite».

C’è un legame speciale di questo testo con il Concilio Vaticano II?  

«C’è un filo rosso che lega l’Amoris laetitia al Concilio Vaticano II: dalla allocuzione iniziale Gaudet Mater Ecclesia, alla Gaudium et Spes, alla Evangelii Gaudium. Il gaudium, la gioia, non è solo una parola che le unisce. Il gaudium è l’esplicitazione di quella “simpatia immensa” che Paolo VI individuava come lo spirito che ha guidato i padri sinodali nel Vaticano II. L’Esortazione apostolica non è tesa semplicemente a instaurare una nuova strategia pastorale verso le famiglie. Essa chiede molto di più: acquisire tutti una modalità nuova di essere Chiesa nel mondo. Si tratta di realizzare una vera conversione pastorale».

La Chiesa e la famiglia dunque sono realtà ancora più inscindibili con questa Esortazione apostolica?  

«Le quattro parole più citate nel testo sono amore, famiglia, matrimonio e chiesa. Non è solo una questione quantitativa, diventa qualitativa. Questo seminario ha permesso di cogliere alcune coordinate fondamentali che strutturano la stessa Esortazione apostolica. Essa non intende abbassare l’asticella, al contrario: nell’alleanza matrimoniale e familiare l’Esortazione apostolica riconosce la matrice di tutti i legami. Indica una responsabilità maggiore. Il documento chiede alla Chiesa di essere più Chiesa, ai preti di essere più preti, ai genitori di essere più genitori. Invita tutti a essere più famiglia, a riscoprire la grandezza della missione della famiglia, unitamente alla comunità ecclesiale. E quindi chiede una nuova alleanza, per esempio sul piano pastorale, tra famiglia e comunità parrocchiale, le une poco ecclesiali perché isolate, le altre troppo istituzionali e organizzative perché poco familiari. Non si tratta di riverniciare una pastorale familiare, bensì rendere “familiare” cioè ecclesiale tutta la pastorale. Questa è la rivoluzione che in fondo la Amoris laetitia richiede, in questo strettamente legata alla Evangelii gaudium nonché alla Laudato si’ e al suo appello a una responsabilità nei confronti del creato e delle generazioni».

(da Vatican Insider)