Messa per le vittime degli attentati alle Torri Gemelle

Messa per le vittime degli attentati alle Torri Gemelle

In questo momento così tragico per gli Stati Uniti d’America e così drammatico per l’intera umanità non potevamo non raccoglierci assieme, tutti, in preghiera. Diceva il Papa questa mattina: “Ieri è stato un giorno buio nella storia dell’umanità, un terribile affronto alla dignità dell’uomo”. Il mondo intero, bloccato e incredulo davanti agli schermi televisivi, è stato come scaraventato nell’angoscia, sopraffatto dal turbamento, avvolto nelle spirali buie dalla paura precipitando nell’insicurezza. Quanto stava accadendo era talmente assurdo da pensare di trovarci davanti ad scena irreale, come in un film. Era, invece, una atroce realtà. Come è stato possibile? E non mi riferisco tanto al fallimento delle misure di sicurezza, ma al cuore dell’uomo. Com’è possibile che possa giungere a tanto? Ancora una volta constatiamo che dal cuore dell’uomo possono emergere disegni di inaudita ferocia che in un attimo riescono a sconvolgere il mondo.


Di fronte a questo immane turbamento, mentre ogni certezza sembra sgretolarsi come le due torri di New York, abbiamo tutti ancor più bisogno di sentire vicino a noi il Signore. Vorrei dire che abbiamo bisogno quasi di toccarlo con mano e, comunque è necessario che le sue parole entrino dentro fin nel più profondo del nostro cuore. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, ci dice questa sera il Signore mentre il turbamento persiste. Gesù conosce bene il cuore degli uomini e la loro storia, per questo aggiunge subito: “Non come la dà il mondo, io la do a voi”.


Ed in effetti il mondo sembra non sapersi dare la pace. Avevamo sperato che il nuovo Millennio potesse iniziare sotto il segno della pace. C’era chi aveva persino detto che la storia era finita, intendendo la storia di ieri con tutte le sue tragedie. E’ bastato varcare la soglia del nuovo secolo, senza neppure finire l’anno, che il mondo è stato come prostrato dal male. Da ieri il mondo è cambiato. Non è più quello dell’altro ieri. Un po’ come la tradizionale immagine di New York con le due torri. Quell’immagine non c’è più, è scomparsa in un’ora. La grande città moderna, privata dei suoi simboli, è ora orfana; orfana di migliaia e migliaia di uomini e di donne inghiottite dal Male, con la lettera maiuscola. Gesù nel Vangelo parla del “principe di questo mondo”, di un principe che riesce a governare i cuori degli uomini, un principe oscuro che ha però ben chiaro il suo diabolico disegno. Ha calcolato tutto. Certo non si può dire di questi assassini che “non sanno quello che fanno”. Essi, questa volta, sapevano bene quel che stavano per fare. Sapevano che avrebbero ucciso migliaia di vite umane e che avrebbero lasciato migliaia di genitori senza figli, e migliaia di figli senza genitori e migliaia di famiglie senza più familiari: una catena di lutti interminabile.


Quelle migliaia di morti ci appartengono, sono i nostri morti, come anche nostri sono i lutti. Ecco perché questa sera tutti ci stringiamo attorno al popolo degli Stati Uniti; ci stringiamo attorno alle famiglie colpite negli affetti più cari, anche a quelle dei soccorritori, più di quattrocento persone, che hanno perso la vita mentre portavano aiuto. Vorrei che le mura materne di questa cattedrale si allargassero, che traversassero l’oceano per poter accogliere le migliaia di famiglie e i milioni di americani che cercano un conforto e una protezione. Appartiene a loro, oggi, il grido di Rachele il giorno della strage degli innocenti: “Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più” (Mt 2, 18). Sì, l’America piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.


Cosa possiamo fare noi di fronte a tale tragedia? Come possiamo consolare questo popolo? Forse poco o nulla. Ma quel che possiamo fare lo facciamo interamente. La nostra preghiera, il grido che eleviamo in alto verso il Signore, è il modo con possiamo stare loro vicini. Vorrei dire che, se dal cielo è venuta la tragedia, dal cielo, dalla preghiera comune, scende su di loro la consolazione. La preghiera raccorcia le distanze, unisce i cuori, dona forza, sprigiona energia di consolazione. Vogliamo accogliere le parole del salmo 23 ricordate dal Presidente degli Stati Uniti nel suo discorso alla nazione: “Anche se cammino in una valle oscura, non vengo toccato dal male, perché Tu sei con me”. Sono certo, la nostra preghiera traverserà il mare e li raggiungerà. Ho inviato all’arcivescovo di New York e all’arcivescovo di Washington, oltre che ai due ambasciatori degli Stati Uniti, quello presso la Santa Sede e quello presso il Governo Italiano, un telegramma a nome di tutta la diocesi di Terni-Narni-Amelia, ed anche a nome vostro, comunicando questa nostra celebrazione liturgica in memoria delle vittime di questi atroci attentati. Oggi pomeriggio il Consiglio della Regione Umbra, la Conferenza Episcopale e le altre istituzioni hanno tenuto una riunione congiunta per esprimere la solidarietà al popolo statunitense e mostrare lo sdegno di fronte a tale efferatezza.


Care sorelle e cari fratelli, abbiamo fatto bene a raccoglierci. Abbiamo bisogno di tenerci uniti attorno al Signore. Siamo tutti più fragili. Il mondo è più fragile. Anche là dove sembrava impossibile l’attacco dell’odio ha polverizzato in un attimo ogni sicurezza. Il male è forte, ed è assurdo. E l’odio che cresce sempre più rigoglioso nel terreno dell’inimicizia distrugge ogni cosa, senza risparmiare nulla e nessuno. Sì, se ce ne fosse stato ancora bisogno, abbiamo visto con i nostri occhi che un mondo che non riesce a sconfiggere l’odio non funziona più. Per questo è necessario evitare ogni minimo rischio di abituarsi alla violenza. E di violenza, già prima di ieri, ce n’era fin troppa nel mondo. Troppi uomini e troppe donne, anche nel nostro paese, sono come schiavi della velenosa spirale dell’odio. Troppi uomini e troppe donne sono come schiacciati dalla violenza e dall’indifferenza.


“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. Abbiamo tutti bisogno della pace che il Signore dona e che vuole donare in abbondanza. E la pace del Signore significa amore, solidarietà, amicizia, consolazione, vicinanza, ricerca dell’altro, perdono. Sì, la pace è anche perdono. E senza il perdono non c’è futuro nel mondo, perché vincerà sempre l’odio e la vendetta. Questa è la pace di cui abbiamo bisogno. Questa pace noi invochiamo dal Signore perché la dia al mondo intero, perché la riversi sugli Stati Uniti e su tutti i popoli. A noi è chiesto di essere costruttori di pace, operi di solidarietà, uomini e donne pronti al dialogo e all’incontro. E dobbiamo esserlo subito, a partire da questa sera e iniziando dal nostro vicino. Se sapremo costruire la pace tra noi, troveremo anche il modo di aiutare chi è lontano. La pace, in un mondo ormai divenuto un villaggio globale, o è di tutti o di nessuno. Per questo, sorelle e fratelli, non possiamo non essere costruttori di pace. Il Signore ci conceda di vivere quella  beatitudine altissima e umanissima: “Beati gli operatori di pace, perché di essi è il regno dei cieli!”