Messa per i caduti della città di Terni

Messa per i caduti della città di Terni

Autorità cittadine, care sorelle cari fratelli,


ieri pomeriggio abbiamo celebrato la santa liturgia nel cimitero di Terni, unendo in un’unica festa la memoria dei santi e dei defunti. E dicevo che il cimitero rappresenta quel legame quasi fisico che tutti desideriamo avere con i nostri defunti, come per affermare che la morte non annulla i vincoli di amore e di affetto. Dal vangelo sappiamo che la morte non può vincere sull’amore. Quel crocifisso che tante volte vediamo è, appunto, il segno della vittoria dell’amore sulla morte. E aggiungevo che il cimitero, posto ai bordi della città, vuole come legare la città della terra a quella del cielo. C’è infatti un legame – invisibile agli occhi della carne ma non a quelli della fede – tra noi e i nostri defunti; potremmo dire tra la Terni della terra e quella del cielo ove sono, appunto, i nostri concittadini defunti. Essi, sono davanti al Signore: pregano per noi e per questa nostra città.
Oggi, in continuità con la celebrazione di ieri, ci ritroviamo assieme per ricordare in modo particolare i “caduti” della nostra città. Li ricordiamo nella nostra cattedrale che è dedicata a Maria assunta nel cielo. Ricordiamo i caduti delle guerre, i caduti sul lavoro, coloro che hanno pagato con la loro vita il servizio alla città. Li ricordiamo perché siano assunti anche loro nel cielo di Dio. E se sui monumenti civili saranno tra poco le corone di fiori in loro ricordo, essi nel cielo ricevono la corona di gloria del Signore che li stringe al suo cuore. Mentre la violenza spezzava le loro vite e il male li scaraventava nell’abisso della morte, Dio accorreva verso quei suoi figli e quelle sue figlie, e li raccoglieva con le sue mani strappandoli dall’annientamento. Con tenerezza infinita li abbracciava al suo cuore e li portava nel cielo. Scrive il libro della Sapienza: “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà”. Ecco, sorelle e fratelli, dove sono i nostri caduti: nelle mani di Dio. Gesù stesso, al momento della sua morte, pregò: “Nelle tue mani affido il mio spirito”. Sapeva che le mani di Dio non sono come le nostre mani, fiacche e dimentiche, ma forti e amorevoli. Mentre questi nostri fratelli venivano travolti dalla morte, Dio li raccoglieva uno ad uno, li ha assunti al cielo, ed ora nessun tormento li tocca: vivono nella pace. E’ difficile per noi comprendere questo mistero. Ma la Parola del Signore ci viene incontro e ci mostra il nuovo cielo e la nuova terra di Dio ove sono raccolti i giusti di ogni popolo, di ogni razza, di ogni cultura, di ogni fede. Giovanni, con le parole dell’Apocalisse, ci strappa dalla ristrettezza dei nostri sguardi e ci coinvolge nella sua visione: “Io, Giovanni, vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima sono passati…vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, come una sposa adorna per il suo sposo”. Lasciamoci coinvolgere da questo sogno dell’apostolo, lasciamoci prendere dal suo sguardo che forza il futuro della storia. Questa nostra celebrazione è un dono prezioso; essa, infatti, apre come uno spiraglio sulla felicità e sulla gioia di questi nostri concittadini che sono nel cielo. Se ci lasciamo coinvolgere almeno un poco possiamo intravedere, certo in modo confuso, la santa Gerusalemme del cielo, sì la Terni celeste, abitata dai tanti figli di questa città, i figli di ieri e quelli di oggi. E come vorrei che tutti vedessimo, come l’apostolo Giovanni, scendere la Terni del cielo qui, in mezzo a noi, una Terni bella e pronta come una sposa per il suo sposo, per poterla abbracciare e abitare e vivere nella pienezza della gioia!
Non è un sogno lontano. Deve diventare nuovo inizio. Questa cattedrale, che resistette alle bombe della guerra e che diviene sempre più bella e accogliente, è per noi tutti un segno, il segno della città del cielo che scende sulla terra. Sia, questa cattedrale, luogo dell’amore e della misericordia, luogo del perdono e della speranza, fontana di misericordia e di pace che tutti disseta. E’ un segno perché tutta Terni sia luogo di pace e di accoglienza. Mercoledì prossimo ci recheremo dal Papa, siamo ottomila persone, la gran parte dei quali giovani. E’ un pellegrinaggio per dire il nostro grazie a Giovanni Paolo II che non ha cessato di difendere la pace, ma anche per sognare una Terni nuova. Ricorderemo infatti i sessanta anni dai tragici bombardamenti della seconda guerra mondiale. Tale memoria è uno sprone a disegnare la nuova città su quella del cielo, la santa Gerusalemme, città della pace.
La città del cielo, il Paradiso – lo dicevo anche ieri – inizia da questa terra. E anche la Terni del futuro inizia qui, se mettiamo pietra su pietra, amore su amore, misericordia su misericordia, pace su pace, sino a completare quell’edificio spirituale che culmina nel cielo. Sì, già da ora possiamo costruire il Paradiso. Certo, deve tramontare il cielo vecchio dell’egoismo e della violenza; deve scomparire la terra vecchia dell’odio e dell’ingiustizia, per veder sorgere quel cielo nuovo e quella terra nuova di cui parla l’apostolo, ove “non c’è più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.
E il cielo nuovo e la terra nuova sono quelli ove le beatitudini del Vangelo non sono parole vuote, ma vita quotidiana. Il Vangelo è la nostra beatitudine, la nostra felicità. Certo, la felicità evangelica è rovesciata rispetto a quella che in genere si ha: è felice chi pensa a sé, chi è soddisfatto di sé, chi ha tutto per sé. Non è così per il Vangelo. Qualcuno può chiedere: ma com’è possibile essere felici quando si è poveri, afflitti, miti, misericordiosi? Eppure, se guardiamo con attenzione alle cause di amarezza della vita del mondo contemporaneo le scorgiamo nella insaziabilità, nell’arroganza, nella prevaricazione, nell’odio, nella violenza, nell’indifferenza, nell’inimicizia, nella guerra. La felicità sta solo nell’amore di Dio e dei fratelli. Sì, solo l’amore rende felici. E solo l’amore resta. La memoria dei “caduti” della nostra città si inserisce in questo amore. Oggi li ricordiamo con riconoscenza, sapendo che l’amore di Dio li ha salvati rendendoli partecipi della sua pace nella Gerusalemme del cielo.