Messa crismale

Messa crismale

Abbiamo ascoltato nel Vangelo che “Gesù si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere”.

Cari sacerdoti e diaconi, care sorelle e fratelli, vorrei collegare a questa scena evangelica la nostra celebrazione crismale. Noi sacerdoti, in certo modo, siamo tornati nel luogo ove siamo stati allevati: la cattedrale è un po’ come la nostra Nazareth, il luogo dove siamo nati spiritualmente e ove continuiamo a crescere. Sentiamo vicini don Edmund, don Leopoldo e don Sergio che sono a Ntambue e li ricordiamo con particolare affetto e riconoscenza. Mi fa inoltre piacere annunciare l’ordinazione diaconale di André Tshimanda e l’ordinazione presbiterale di Marco Crocioni e di Cristian Valentini il 17 aprile prossimo.

E saluto anche i nostri seminaristi esprimendo la gioia per chi è entrato questo anno in seminario e per altri tre che si preparano ad entrare nell’anno che viene. Continuiamo a pregare il Signore perché “mandi operai nella sua messe”. E la messe è davvero tanta e richiede, cari sacerdoti, che anzitutto noi imitiamo Gesù buon pastore.



E vorrei ricordare con voi mons. Romero, arcivescovo di San Salvador, che esattamente 25 anni fa veniva ucciso sull’altare mentre celebrava la Santa Messa, realizzando così le parole di Gesù: “Il buon pastore da la vita per le sue pecore”. Il profeta Isaia fa dire al servo di Javhé: “Lo spirito del Signore è sopra di me… mi ha mandato ad annunziare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi…a consolare gli afflitti”. Gesù, nella sua prima omelia, riprende alla lettera queste parole e le porta sino al compimento più alto. Mons. Romero, e tanti altri pastori lungo il corso della storia, le ha attuate alla lettera. C’è in effetti come una corrente spirituale che unisce pastori, noti e meno noti, nella passione del Signore e per la sua gente. E come non ricordare Giovanni Paolo II che sta vivendo nella sua carne una passione difficile? Accogliamo la lettera che ha inviato a noi sacerdoti e soprattutto la sua testimonianza di servo fedele e sofferente: continua a dare la sua vita per la Chiesa. Quel Totus tuus a Maria è anche alla Chiesa.


Cari sacerdoti è di pastori così che ha bisogno il Signore. Oggi si staglia davanti a noi mons. Romero. La simbolicità della sua morte parla ancora oggi. E parla a noi che abbiamo posto la nostra attenzione alla centralità dell’altare, della Eucaristia. Una suora narra così il suo assassinio: “Era il 24 marzo del 1980 e Monsignore stava celebrando l’Eucarestia nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza. Erano circa le sei del pomeriggio. Una pallottola ad esplosione ritardata lo colpì al cuore mentre stava iniziando l’offertorio. Mentre Monsignore stava aprendo il corporale per iniziare l’offertorio si sentì lo sparo. Colpito al cuore, egli istintivamente si aggrappò all’altare e si rovesciò addosso tutte le ostie. Cadde, quindi, ai piedi del crocifisso in una pozza di sangue”.



Mi ha sempre impressionato quell’aggrapparsi di Romero all’altare e il rovesciarsi delle ostie su di lui, come in una identificazione. Credo che dovremmo vivere così il nostro sacerdozio: restare aggrappati all’altare, ossia al sacramento dell’Eucarestia e al sacramento del fratello. Del resto, l’intera nostra vita trova senso  solo se parte dall’altare, solo se resta aggrappata all’altare. Ed è per questo che continuiamo a porre al centro della nostra attenzione la Liturgia Eucaristica domenicale. E ringrazio il Signore perché vedo le nostre Liturgie domenicali crescere nella partecipazione e nell’intensità spirituale. È una strada che dobbiamo continuare a percorrere. E questo anno abbiamo scelto di riprendere a camminare con i due discepoli di Emmaus accogliendo in mezzo a noi il Signore. La lettera pastorale La Bibbia ridona il cuore si apre con questa pagina evangelica perché anche noi come i due discepoli possiamo sentirci scaldare il cuore nel petto mentre ascoltiamo le Scritture. La Lettera esorta a far crescere nella nostra diocesi l’entusiasmo per la Bibbia,a renderla il libro di ogni credente, piccolo e grande. L’intera tradizione della Chiesa ci dice che dall’ascolto della Parola di Dio si rinnovano i cuori e rinasce la vita.



Ebbene, il punto di partenza per suscitare l’entusiasmo per la Bibbia sta nella Liturgia della Parola. È di lì che tutti, fin da piccoli, apprendiamo la familiarità con le Scritture. E non solo la familiarità ma anche il modo con cui ascoltarle e meditarle. Sì, da come si celebra la Parola di Dio nella Liturgia domenicale impariamo ad aprire anche personalmente la Bibbia. Sono certamente importanti i momenti della catechesi, dell’istruzione, dello studio e delle altre possibili iniziative, ma a poco valgono se non sono radicati nella Messa della Domenica. È urgente perciò rinnovare la nostra attenzione sulla prima parte della Liturgia Eucaristica. E tutti siamo chiamati in causa: sacerdoti, diaconi, lettori e fedeli, ciascuno secondo la propria parte. Come non comprendere, per fare due esempi, l’importanza dell’omelia e quindi della cura con cui deve essere preparata, pronunciata ed anche ascoltata? E ancora: come non comprendere che la preghiera dei fedeli deve essere una risposta alla Parola di Dio che è stata rivolta e non semplicemente una serie di formule stereotipate? Sono solo due dei numerosi interrogativi che tuttavia fanno capire quanto sia importante continuare a curare e a vivere il rapporto con la Scrittura. È dalla Messa domenicale che si giunge alla Bibbia ogni giorno. È dall’ascolto comune che si arriva a quello personale. Ecco perché è possibile comprendere il senso delle Scritture solo a partire dalla Liturgia della Parola. Quel che si diceva in antico Lex orandi, lex credendi significa che è nella preghiera liturgica che si impara a credere. E nel nostro caso: dalla liturgia della Parola si apprende a leggere la Bibbia. Non c’è altra strada.


E la lettura della Bibbia ci fa restare aggrappati all’altare anche quando ne siamo fisicamente lontani. La spiritualità orientale parla del sacramento del fratello per indicare il legame che unisce l’altare eucaristico con l’altare dei poveri. Abbiamo ripetuto più volte che si tratta di due culti inseparabili, di due impegni inscindibili. Ed è in un forte legame simbolico che abbiamo voluto restaurare la cattedrale e, poco distante, realizzare la mensa per i poveri. E sono particolarmente lieto che nella nostra Diocesi continuano a crescere iniziative di carità per i poveri e i deboli. Non è ora il momento per parlarne, ma sento la gioia di ringraziare il Signore per le numerose opere di amore che portano sollievo ai tanti poveri che sono in questa nostra terra e anche altrove nel mondo. Questo mostra che non è possibile vivere l’Eucarestia, non è possibile leggere la Bibbia senza immergersi nella corrente di amore per i poveri che parte da Dio stesso.



È il senso dell’effusione dello Spirito sulla terra, ossia dell’effusione dell’amore nel cuore dei servi di Dio perché siano il segno della misericordia che consola gli afflitti, aiuta i deboli e sostiene chi ha bisogno di aiuto. L’unzione con l’olio benedetto è il segno di quella passione di amore che il Signore depone nel cuore dei suoi figli. È come il dono di un nuovo istinto: l’istinto a commuoversi su chiunque ha bisogno. Guidato dallo Spirito Gesù si presentò a Nazareth. E spinto dallo Spirito Romero difese i poveri. Gli Oli Santi che ora consacreremo, partono dall’altare della cattedrale per giungere in ogni parrocchia, e portare a tutti consolazione e salvezza. E il Signore ci dia la grazia di essere partecipi di questa corrente spirituale di amore e di misericordia.