Mercoledì santo alle acciaierie

Mercoledì santo alle acciaierie

Oggi sono particolarmente lieto di venire, o meglio di tornare, qui nelle acciaierie per celebrare questa Messa pasquale. La Pasqua di questo anno non è come le altre. Il mondo intero, l´Europa, l´Italia, tutti stiamo vivendo un momento particolarmente complesso con tratti che spesso sono drammatici. In verità non sono pochi gli anni che ci vedono immersi in tragedie incredibili. Pensate che proprio all´inizio del mese di aprile di dieci anni fa scoppiava il genocidio in Ruanda con centinaia di migliaia di morti, e poi si sono susseguiti tanti altri conflitti. E´ giunto poi l´11 settembre a New York, e poi altri attentati in vari paesi del mondo fino a quello dell´11 marzo a Madrid. Nel frattempo la questione irakena si avvia verso una spirale senza fine, quella Israele-palestinese sembra precipitata in un baratro da cui non si sa come uscirne. E così oltre. Intanto cresce ovunque la paura. In Italia si parla di Pasqua blindata. E´ come se quella pietra pesante che chiudeva il sepolcro non sia stata affatto ribaltata.
E noi? Certo, siamo lontani da questi drammi e tuttavia non ne siamo estranei. Del resto nulla del mondo ci è estraneo, anche se volessimo chiudere gli occhi. E´ bene seguire quel che accade ed è importante tenerlo nel cuore. Forse dovremmo fare di più. Io stesso mi chiedo cosa posso o dovrei fare ancora. E dobbiamo comunque dire che anche a Terni stiamo vivendo un difficile momento. Voi ricordate bene i drammatici giorni di gennaio e febbraio per le nostre acciaierie. Siamo riusciti a far valere le ragioni della giustizia e della solidarietà. E abbiamo costretto a rivedere una decisione ingiusta che sembrava irrevocabile. La coincidenza della festa di San Valentino non è stata casuale. Ce lo siamo ripetuti più volte: un amore forte e solidale, appunto come quello del nostro patrono che via via stiamo riscoprendo, ci ha salvati. Ci siamo trovati tutti più vicini: Terni è diventata per qualche tempo un centro dell´Umbria, di Roma, dell´Europa. E abbiamo potuto ottenere risultati davvero insperati. E abbiamo assieme gioito dei frutti derivati da questa ampia e forte solidarietà. E debbo confidarvi che con noi ha gioito anche il Papa. Sì, è stato lieto dei risultati e anche di aver contribuito a raggiungerli. Vogliamo ancora una volta ringraziarlo per il suo amore per le acciaierie di Terni. Non pochi mi hanno chiesto come mai il Papa amasse così tanto gli operai di Terni sino a parlarne in Piazza San Pietro. Io rispondevo che voi gli avete rapito il cuore quando è venuto qui. Infatti, non lo ha mai più dimenticato. Qualcuno ha anche detto che è stato eccessivo. Ed è vero! E ce n´era bisogno.
Cari amici, del resto, senza un eccesso di amore, senza un eccesso di solidarietà è difficile vincere le battaglie. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci offre una grande lezione. Gesù stava in una casa amica, quella di Lazzaro, Marta e Maria. Erano davvero amici di Gesù e lui, particolarmente negli ultimi giorni della sua vita quando l´ostilità aveva ormai superato il livello di guardia, si recava da loro per stare un po´ in pace. Quella sera avvenne però una cosa assolutamente straordinaria. Maria ad un certo momento della cena si alza, prende un profumo preziosissimo, lo versa sui piedi di Gesù e si mette a baciarglieli e ad asciugarglieli con i suoi capelli. Il mormorio è generale. Tutti criticano quella donna. Ma la critica è diretta anche verso Gesù che non si scandalizza di quel gesto tanto che neppure la ferma. Giuda fa l´ideologo di turno: perché tanto spreco! Si poteva vendere il profumo e con il ricavo – ben trecento denari – si potevano aiutare tanti poveri. E gli altri son tutti d´accordo con lui, anche se solo lui venderà non il profumo ma Gesù stesso e per soli trenta denari. Ma qual era il problema? Quei commensali, tutti, Giuda e gli altri, si comportavano vorrei dire normalmente, ossia calcolando il dare e l´avere, insomma cercando il bilancino. Nessuno aveva il cuore come quella donna, ossia un cuore eccessivo, un cuore esagerato, magari anche scomposto. Ma ditemi, cari amici, se noi non fossimo stati esagerati nell´amore e nella solidarietà, se non avessimo costretto con la nostra passione le tante realtà che poi ci sono state accanto, avremmo potuto salvare questa fabbrica? Il puro calcolo matematico, il puro interesse di parte, non salva nessuno, neppure la fabbrica.
Questa Pasqua cade l´11 aprile. E´ il giorno della risurrezione, della vittoria sulla morte. Ma come avviene? Accade solo per un eccesso di amore. Gesù ha amato il mondo sino all´eccesso. Per questo il Padre lo ha risuscitato. E quella donna ha capito che la cosa che veramente cambia il mondo è l´eccesso di amore. Solo così l´11 settembre e l´11 marzo non prevarranno. Se nel cuore di ciascuno di noi scatta quell´esagerazione di solidarietà, quel di più di preoccupazione che scattò in quella donna, possiamo sperare in un futuro di risurrezione. Al contrario, se pensiamo solo a noi stessi, se curiamo solo i nostri affari, oppure se ci lasciamo guidare dalla paura e dal ripiegamento significa lasciare spazio a chi lavora per la sconfitta e per la morte. Sono convinto che parlare di eccesso di amore significa investire nel cuore di ciascuno di noi e nel cuore di questa città. Per scendere ancor più nel concreto: se sino ad ora abbiamo lavorato per la difesa, ora dobbiamo lavorare per il futuro. Quello che abbiamo difeso e quel che ci aspetta nel futuro debbono essere strettamente legati. Questo vuol dire, ad esempio, che quel rapporto tra fabbrica e cultura di cui ho parlato nel giorno della festa di San Valentino richiede non solo attenzione ma un deciso avvio e un rapido sviluppo. E´ indispensabile fare urgente progressi in questa direzione, investendo nelle persone, nelle tecniche, nelle energie e nella creatività. Forse tutto ciò deve riguardare soprattutto i più giovani, i nostri figli. In ogni caso è l´unica via per il futuro della città. La forza e la competenza sino ad ora dimostrata sono una buona piattaforma per questo ulteriore sviluppo. La logica della globalizzazione ha portato questa fabbrica, e non solo essa, dentro un delicatissimo e inesorabile processo. Ed anche Terni, come accade in tante altre città, corre il rischio di sussulti e di perdite. Ma una cosa deve essere chiara e il Vangelo ce la ricorda: fu quella donna a versare l´olio prezioso che profumò tutta casa. Fu lei, non altri. Voglio dire che la città (ossia tutti noi) deve prendersi fino in fondo tutte le proprie responsabilità che, prima di essere individuali, sono collettive. Mi sentirei di affermare che a Terni non c´è più spazio per destini individuali. La città ha ormai un destino collettivo di cui tutti responsabilmente debbono farsi carico. Del resto come è possibile attrarre altri se noi non siamo attrattivi?
Cari amici, l´eccesso di amore, prima che una questione di progettazione, che ovviamente va fatta, è una questione che riguarda il cuore di ciascuno di noi. Noi siamo uomini e donne, prima di essere operai o dirigenti. Dobbiamo ripartire dal cuore. C´è bisogno del cuore nelle nostre casa, nelle nostre famiglie, nella vita civile, in quella del lavoro, in quella della vita quotidiana. Il rischio che si corre è quello di costruire un mondo senza cuore. Ed è drammatico. Chi ha un cuore appassionato può sperare nel futuro. Un esempio singolare ci è dato da un operaio della Terni, Giunio Tinarelli. Egli rimase paralizzato completamente. Muoveva solo gli occhi e appunto il cuore. E trasformò la vita di tanti. Vorrei che presto questo operaio potesse salire sugli altari, sì sul balcone di Piazza San Pietro per esser da tutti ammirato, amato e imitato. Con un cuore così la Pasqua di risurrezione entra davvero a Terni.