La sfida dei cattolici, garanti della laicità

La sfida dei cattolici, garanti della laicità



Essere cattolici. È un titolo che a prima vista sembra restringere spazi e delineare confini. Insomma, quasi il contrario di quel che il termine «cattolico» significa (ossia «universale», dal greco katholikós). È vero, comunque, che la Chiesa cattolica, tra le Chiese cristiane, è la più numerosa e la più conosciuta. Anche se ultimamente non mancano coloro che guardano il cattolicesimo con sospetto, se non con ostilità, mentre altri – seguendo le forti spinte identitarie presenti anche nel nostro Paese – ne fanno una sorta di religione civile dell’ Occidente.

È comunque opportuno riconsiderarne il senso (…). Il crollo delle ideologie, l’assenza di punti di riferimenti saldi, l’ incertezza della situazione internazionale, i problemi legati all’ ambiente, la paura del futuro, la minaccia terroristica, la globalizzazione sregolata, il ritorno patologico a tracciare i confini, la crisi dei valori morali, e così oltre, rendono difficile la comprensione del nostro mondo, divenuto particolarmente complesso e arduo da governare. Ed è sempre più forte, in questo panorama, lasciarsi sopraffare dalla tentazione di rifugiarsi nel proprio piccolo mondo o di fuggire nell’ irreale o peggio di lasciarsi sedurre dall’ irrazionale nel cui alveo nascono e prosperano i vari fondamentalismi.

«Ormai, solo un Dio ci può salvare!» gridava il filosofo Martin Heidegger di fronte al prevalere della ragione tecnica. Sebbene egli non si riferisse al Dio cristiano, mostrava comunque l’ urgenza di andare oltre la deriva nichilista verso la quale la società si stava dirigendo. La ragione, imprigionata ed egemonizzata dalla tecnica, tradisce anche l’ uomo. Su questa china, la ragione non soltanto non salva, ma rischia di negare la stessa umanità dell’ uomo. Per questo si potrebbe dire che oggi c’ è bisogno di più ragione, ossia di una ragione che si liberi dalle maglie troppo strette della tecnica per riprendere a percorrere la lunga e ricca soglia del mistero. E le religioni, nonostante l’ attuale revival, se private dei loro contenuti – come non di rado accade – portano verso sponde magmatiche e confuse. Potremmo dire, parallelamente, che c’ è bisogno di più fede; gli uomini e le donne credenti debbono tornare a cogliere le radici profonde del loro credo per trarre da esse ancora una volta quella linfa che ha aggregato e sostenuto l’ umanità nel corso di millenni. Sì, più fede e più ragione. Anche perché fondamentalismo e relativismo affondano le loro radici in una patologica debolezza di ambedue. Per i cattolici (ma anche per gli altri credenti) ci sono almeno due sfide da raccogliere. La prima è quella dell’ identità, ossia come vivere, e quindi, come dire, la propria fede perché abbia senso oggi. Si tratta insomma di riproporre la verità cattolica di sempre in modo comprensibile a questa generazione, per contrastare il rischio dell’ insignificanza e dell’ irrilevanza della Chiesa. Non è un’ impresa facile, ma è indispensabile.

In ogni passaggio storico i credenti sono stati chiamati a trovare le parole per rendere comprensibile la fede agli uomini del proprio tempo; ed è ovvio che non basta ripetere le formule dogmatiche per attrarre alla fede. La storia della Chiesa è segnata fin dall’ inizio da questa fatica. È urgente perciò riproporre anche oggi il Vangelo in modo che tocchi il cuore e muova a comportamenti corrispondenti. Direbbe sant’ Agostino che, nel proporre la verità, essa «pateat, placeat, moveat», ossia «appaia, piaccia e attiri». È necessario che la fede attragga, che sia piena di significato per la vita propria e per quella altrui. Se questa è la sfida dell’ identità, la seconda è quella della differenza o meglio del rapporto che la Chiesa deve avere con le altre fedi. Non è un discorso unicamente teorico, come poteva essere in passato. Nel mondo contemporaneo non c’ è più quella separazione che nei secoli precedenti poneva i credenti all’ interno delle rispettive zone geografiche. Oggi non viviamo più divisi, ma gli uni accanto agli altri.

E la domanda è ovvia: come convivere assieme? Senza dubbio è questa ormai la frontiera del futuro, non soltanto delle religioni, ma delle stesse società. In questo orizzonte vanno evitati i due estremi: da una parte la tesi di coloro che auspicano un’ impossibile religione universale che unisca tutti o quella, analoga, di quanti affermano l’ uguaglianza fra tutte le religioni; dall’ altra la tesi di coloro che sostengono l’inevitabilità dello scontro fra le civiltà e quindi fra le religioni che di esse sono un fattore preponderante. La vera sfida che tutti i credenti debbono raccogliere è quella di vivere fino in fondo la propria fede, ma convivendo in modo pacifico anche con gli altri. Credo che questa sfida trovi piena cittadinanza nel cattolicesimo.

Potremmo anzi dire che la tensione fra identità e differenza, tra particolarità e universalità, è in certo modo propria della fede cristiana e di quella cattolica in particolare. Il cattolicesimo infatti ha vissuto in se stesso questa tensione e ha reso possibile anche la convivenza tra popoli di culture diverse. Non è stato un itinerario facile; spesso anzi ha comportato tensioni e persino conflitti. Ma con il Concilio Vaticano II il cattolicesimo ha trovato la sintesi più felice: la Chiesa ha ridefinito la propria identità e si è posta in dialogo franco con il mondo contemporaneo e con le altre religioni mondiali. E senza la paura di perdere se stessa. La fede cattolica, se colta nella sua verità, rafforza l’ identità del credente e, proprio per questo, lo apre al dialogo e all’ incontro con tutti, e particolarmente con le altre religioni, proprio perché Gesù Cristo, in quanto rivelazione piena di Dio, coglie l’ intero universo religioso dell’ uomo, comunque si manifesti. E si può dire, inoltre, che il cattolicesimo è anche la garanzia più chiara per la stessa laicità proprio perché è dalla fede cattolica (e cristiana) che ha avuto origine la distinzione tra Dio e Cesare, tra Stato e Chiesa.

Brano tratto dalla premessa al libro “Essere cattolici”
pubblicato dal Corriere della Sera

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