«La Pietà di colore? Un errore di comunicazione. Il leader della Lega è un politico rappresentativo, è giusto incontrarlo»

di Maria Giovanna Maglie

L’arcivescovo Vincenzo Paglia è presidente dal 2016 della Pontificia Accademia per la vita. Fondatore della Comunità di Sant’ Egidio, ideatore delle Giornate mondiali della famiglia, è consigliere politico di papa Francesco. Non si è sottratto a nessuna delle domande che gli ho rivolto.Quella Pietà deturpata, Eccellenza! Che bisogno c’ era di colorare di nero il Cristo di Michelangelo? Se era un gesto eclatante contro il razzismo, in realtà l’immagine appare profondamente razzista.

«La velocità della comunicazione del nostro tempo ha suscitato l’equivoco nato da una incomprensione. La fotografia rimanda a un’ opera del 2015 che fu esposta a Milano, una replica della Pietà dove il Cristo era un uomo di colore con una croce tatuata sul braccio, che voleva ricordare un giovane cristiano nigeriano in fuga perché perseguitato per la sua fede. Mi rendo conto, però, che in una stagione diversa sia stato possibile interpretare l’immagine in termini di battaglie sociali e politiche del momento. Mi dispiace per l’incomprensione. Se un riferimento c’è non è a una sola battaglia ma a ogni ingiusta discriminazione per il colore della pelle. Ho conosciuto razzismi di tutti i colori. La discriminazione è una tentazione quasi istintiva che si ripresenta in tanti modi e momenti. Né si potrà pretendere che il vero corpo del Cristo, la sua carne umana, come quella di Maria, corrispondano esattamente al bianco del marmo di Carrara. Michelangelo voleva far vedere la Pietà, per tutti. Non intendeva certo dire che la Madonna è madre di soli figli “bianchi”. E il tweet non aveva alcun intento discriminatorio. Semmai ricorda a tutti che a ogni violenza si risponde, da cristiani, con la pietà e la misericordia. È lo stesso messaggio delle innumerevoli Madonne nere, bianche, meticce e di colore che ci sono nel mondo».

Mi chiarisca allora la posizione del Vaticano sull’immigrazione. Davvero anche oggi, con la crisi economica e le tensioni della società italiana, ancora in pieno Covid, credete che sia possibile accogliere tutti, senza alcun limite?

«La domanda presuppone l’eliminazione di una distinzione che invece è fondamentale: una cosa è la chiamata personale che il cristianesimo fa a ciascun credente a essere aperto e accogliente verso la vita, verso chiunque sia e da dovunque venga. Questa è la nostra fede e non si può pretendere di chiedere al Papa o all’ultimo battezzato di rinnegare questo spirito profondamente cristiano. Altra cosa è lo Stato, con la sua organizzazione politica, l’esigenza di amministrare con ordine e di fare scelte politiche. Il poliziotto deve chiedermi documenti, il prete no, sono due lavori diversi. Don  Roberto Malgesini ha dato la vita per l’ accoglienza. Lo Stato, di certo, poteva difenderlo meglio. Alla politica spettano in ogni caso scelte lungimiranti e orientate al bene pubblico. Sul tema immigrazione l’Italia deve essere molto più esigente con l’ Europa: bisogna battere i pugni sul tavolo! Come anche vanno convinti i governanti dei Paesi di emigrazione a eliminare corruzione e sprechi perché i giovani si appassionino al loro Paese e contribuiscano allo sviluppo del continente. In ogni caso né aperturismo cieco né chiusura indiscriminata. Il fenomeno emigratorio va governato (anche quello dei giovani che lasciano l’Italia). Un modo eccellente è rappresentato, ad esempio, dai corridoi umanitari: vanno moltiplicati. Il tema è comunque cruciale. Ecco una frase di cui pochi conoscono l’autore: “Chiunque, da qualsiasi angolo della Terra, può venire a vivere in America e diventare americano. Guidiamo il mondo perché prendiamo il nostro popolo – la nostra forza – da ogni Paese e da ogni angolo del mondo». L’ ha detta Ronald Reagan, nel 1989. Non proprio una bandiera della sinistra».

La percezione, anche di molti credenti, è che appoggiate i partiti progressisti di qua e di là dell’Oceano. Lo sa che il cattolico candidato democratico, Joe Biden, e la speaker della Camera, Nancy Pelosi, anche lei cattolica, sono favorevoli all’aborto fino ai 9 mesi, che già si pratica a New York? Che qui in Italia il governo Conte sposa una politica di genere radicale?

«Sulle elezioni americane mi rifaccio all’equilibrata nota dei vescovi americani Forming consciences for faithful citizenship, in cui ricordano l’ ampiezza dei temi eticamente decisivi per il voto, non solo aborto e eutanasia, e offrono una serie di criteri per orientarsi quando questa scelta assume la forma di un vero e proprio dilemma. Se un politico è cattolico è chiamato a conoscere tutto il pensiero e la visione della Chiesa. E l’ aborto è un peccato grave, come più volte ha ricordato anche papa Francesco. Non esiste un appoggio ufficiale ad alcuna precisa parte politica. Neppure quando esisteva la Dc le gerarchie italiane hanno detto di votare solo quel partito. Bisognerebbe che i politici, soprattutto se cattolici ma direi tutti, si  rendessero conto che ciò che la Chiesa predica e vive non è per il bene di una sola parte della popolazione: la Chiesa lavora e serve al bene di tutti. Per questo le sue indicazioni sono preziose e meritano rispetto e considerazione. Un esempio: un vero politico cattolico non va in Parlamento solo per aiutare le famiglie credenti con alcune misure legislative: lavora per tutte le famiglie. E facendo il bene delle famiglie, lo farà anche di quelle cattoliche».

Questo governo vi ha chiuso le chiese durante il Covid, ha ripristinato la pratica di genitore 1 genitore 2 e ha tagliato anche i finanziamenti alle paritarie, buona parte delle quali cattoliche. La libertà di educazione corrisponde anche alla libertà di scelte e di mercato. Perché ostacolarle?

«Ho manifestato pubblicamente il mio disappunto per quella decisione. Dicevo: chiese aperte nel rispetto di tutte le norme previste nei luoghi pubblici! E spetta alla Chiesa – non ad altre istituzioni – decidere quali siano le celebrazioni liturgiche necessarie per i fedeli. Anche durante la guerra le chiese sono state sempre aperte, per tutti. Non solo io, ma tutte le Chiese respingono la dizione “genitore 1 e genitore 2” per la semplice ragione che, da che mondo è mondo, il figlio è sempre frutto dell’unione tra un uomo e una donna. Misconoscerlo è un arretramento culturale. Non posso dilungarmi su questo. A fare problema non è la differenza di genere, ma la sua abolizione. Su questo dovremmo aprire un ben più ampio e profondo dibattito culturale senza cadere in cortocircuiti ideologici. Per il seguito della domanda: ho sempre sostenuto l’ importanza di una società plurale che accoglie le dimensioni cosiddette “private” che debbono tuttavia essere legate al bene di tutti. È la nota teoria della sussidiarietà della Dottrina sociale della Chiesa. E mai si deve ostacolare la libertà. Semmai va contrastato l’ individualismo sia personale che di gruppo. Le scuole di ispirazione cristiana, come le altre paritarie, sono una ricchezza: vanno riconosciute e sostenute. Un vero Paese liberale ha bisogno di più scuola e di più scuole nell’ orizzonte costituzionale».

La convince la spiegazione che ha imperversato sui media è che è stata strumentalizzata dalla politica, secondo la quale l’assassinio del povero Willy Monteiro da parte di un gruppo di balordi rappresenta un episodio chiave del razzismo crescente in Italia?

«Nella vita di un uomo il vuoto non esiste. Nella mente e nei cuori di quei ragazzi che lei chiama “balordi” sarà entrato anche il razzismo. Dove c’ è il vuoto entra il peggio. È questo vuoto che va riempito e la Chiesa, la scuola, la famiglia hanno una grande responsabilità. Ma l’omicidio di Willy c’ entra solo in piccola parte con il colore della pelle. Sa cos’è tatuato sul corpo di uno dei presunti omicidi? “Proteggi la famiglia”. Chi può dirsi contrario (a meno che non si tratti, appunto, di clan)? Certo, quell’uomo una famiglia l’ ha distrutta. Forse non abbiamo saputo trasmettere che difendere la famiglia vuol dire imparare a voler bene a tutti cominciando da casa, dai nonni, dai fratelli. Difendere la famiglia non è difendere il tuo clan: è diventare cittadini maturi e responsabili, che nell’amore in famiglia e per la famiglia hanno imparato ad amare il vicino, il quartiere e la città. Meno bicipiti e più muscoli dell’ anima e della mente, questo è il problema di Colleferro».

È finita una campagna elettorale accesa. Matteo Salvini ha dovuto combattere contro pregiudizi che lo descrivono come il razzista, l’ estremista, il propagatore di odio. Pensate anche voi che sia una minaccia?

«Capita spesso di essere messi in caricatura e poi, quando ci si incontra, si resta sorpresi per la differenza della persona che si ha davanti. Conosco bene questo tema. Per questo ritengo necessario promuovere l’incontro diretto tra le persone: permette il dialogo aiuta a capire le differenze e le motivazioni del pensiero altrui, come anche la complessità e le sfumature, laddove ci siano. Bisogna smettere di affidarsi a pensieri troppo rapidi e a linguaggi a effetto, come se solo questi fossero comprensibili. Salvini è un politico italiano ed europeo riconosciuto da tanta gente e che rappresenta una fetta di popolazione italiana. Come lui così altri. La Chiesa, che dialoga e conosce tutti, ha molte cose da dire e anche molta pazienza nell’ascoltare ognuno. Nessuno sarà il Messia, che è già arrivato. E nessuno sarà l'”uomo nero”. Nel parlare e nell’ascoltarsi si diventa tutti più ricchi. L’ Italia ha, nella sua storia, una feconda tradizione di destra politica che può rappresentare una risorsa. Ricordiamoci che la Costituente è stata scritta da persone che la pensavano in maniera diversa Ma quel che prevalse fu il sogno di ricostruire un’ Italia come casa per tutti».