AI, Food for All

Una vita per tutti

Sogniamo tutti che venga un giorno in cui tutte le donne e tutti gli uomini, i vecchi e i bambini, i sani e gli ammalati, i forti e i deboli, tutti, nessuno escluso, possano sedere attorno a un’unica tavola, e insieme fare festa con cibo buono e vini deliziosi. Vorremmo tutti che venisse presto il giorno in cui nessuno avrà più fame e sete, di cibo e di acqua, di idee e di affetti. E fermamente ci impegniamo perché nessuna vita umana si perda, sia ignorata e calpestata, sacrificata e violentata.

Se oggi siamo ancora una volta qui insieme, a distanza di sette mesi dal nostro incontro in Vaticano per la firma della Rome Call sull’etica dell’intelligenza artificiale, se ancora abbiamo deciso di trovare lo spazio per una riflessione comune malgrado le nostre agende fittissime di impegni e responsabilità, è perché l’emergenza Covid-19 ha reso ancora più visibile la questione cruciale di questo cambiamento d’epoca: il destino dell’umanità e del pianeta che essa abita.

Per la prima volta dopo trent’anni l’indice di povertà del pianeta si è rialzato: l’8% della popolazione mondiale rischia di entrare nella povertà con 100 milioni nell’estrema povertà. Una condizione dove neanche gli elementi essenziali della vita, cibo e acqua, sono assicurati. La scelta di incontrarci nuovamente per riflettere sul contributo che l’intelligenza artificiale può offrire alla produzione agroalimentare ci porta nel cuore della vita, nelle questioni prime e decisive dell’esistenza umana. L’intelligenza artificiale deve essere al servizio della vita dell’uomo, di ogni uomo, dell’intera famiglia umana.

La vita come informazione e le informazioni per la vita

La genetica ha offerto uno sguardo nuovo sul mistero della vita: le lunghe catene di DNA custodite nel cuore di ogni cellula vivente sono una raffinata, potentissima e ancora insuperabile banca di dati continuamente processati, duplicati, trasmessi, riparati. Mi piace sottolineare questa analogia, per evidenziare come davvero possiamo utilizzare le informazioni a servizio della vita e di ciò che la nutre. Gli interventi che hanno preceduto hanno offerto alcuni spunti preziosi per questa riflessione così come le due esperienze concrete che ascolteremo tra poco non mancheranno di offrire suggerimenti concreti e prassi praticabili. Grazie Mr QU, grazie Mr Kelly, grazie Mr Smith!

Al contempo, non dobbiamo dimenticarlo, la vita è più delle informazioni contenute in un filamento di DNA e anche la migliore intelligenza, fosse anche digitale, o il più potente sistema di machine learning, non possono salvarla. La vita umana non è riducibile a un algoritmo anche se raffinatissimo: essa è al contempo sfuggente ed eccedente. Non si lascia mai codificare del tutto e apre sempre ad un oltre.

Per questo motivo è sempre più evidente la necessità che saperi e competenze diversi trovino spazi comuni, luoghi di condivisione e confronto, occasioni di reciproco sostegno. Come l’incontro di oggi. L’iper specializzazione scientifica che caratterizza la ricerca contemporanea, la predominanza culturale assunta dall’approccio economico e l’obiettiva marginalizzazione di ogni riflessione umanistica corrono seriamente il rischio sia di farci perdere di vista la meta sia di offrire risposte che siano all’altezza della dignità della vita umana.

Dentro questo incontro continuamente da rilanciare e custodire tra humanities and hi tech trova il suo spazio più vero la riflessione etica (cosa è bene?) e diventa carico di senso l’appello che essa rivolge a ciascuno di noi (cosa posso e devo fare?).

L’integrazione di sistemi di Intelligenza Artificiale nel mondo agroalimentare ha significativamente segnato e migliorato tale comparto, sia nei processi produttivi sia in quelli distributivi, promuovendo frequentemente anche nuove forme di occupazione, spesso capaci di coinvolgere soggetti altrimenti marginalizzati, e non solo rendendone obsolete altre. L’ottimizzazione delle risorse disponibili, la condivisione virtuosa di conoscenze scientifiche e tecnologiche, la disponibilità di strumenti gestionali per la organizzazione dei magazzini e la riduzione degli sprechi, un accesso facilitato ai mercati e ai servizi finanziari… sono solo alcuni degli esempi (altri ne abbiamo sentiti e ne sentiremo) che mostrano l’indubbia efficacia di tale fecondo incontro. Dobbiamo essere grati a chi ogni giorno lavora per ottenere risultati così importanti, soprattutto in quelle aree del pianeta dove la produzione e il mercato agroalimentare sono più sottoposti a rischi climatici, politici, economici e sociali.

Non vanno poi dimenticate le ricerche più avanzate, spesso ancora in fase embrionale, che utilizzano sistemi di intelligenza artificiale per realizzare progetti particolarmente attenti all’impatto ambientale o addirittura capaci di rendere possibile la produzione di cibo in contesti fino a oggi del tutto proibitivi.

Buone tecnologie per una vita buona

Proprio perché avvertiti delle immense potenzialità che queste nuove tecnologie offrono e dell’inimmaginabile pervasività che le caratterizza, la loro applicazione alla sfera dell’alimentazione chiede una particolare attenzione e una responsabilità maggiore. Qui sono in gioco le questioni fondamentali della vita di ogni essere umano, nessuno escluso. Qui si incide su non poche pratiche che dicono come vogliamo rispondere all’emergenza climatica della nostra casa comune.

L’esperienza della nutrizione stessa ci offre un’indicazione precisa su come procedere. Più di ogni altro aspetto dell’esperienza umana, l’alimentazione ha a che fare direttamente ed esplicitamente con i corpi delle persone. Riferirci ai corpi significa riconoscere il primato della concretezza dell’esistenza storica, una fisicità ineludibile e insopprimibile che fortunatamente resiste a ogni processo di virtualizzazione della realtà. Alimentare i corpi implica il prendersi cura non dell’umanità o delle popolazioni (sono nomi collettivi) ma di ciascun/a abitante del pianeta, della sua assoluta e insopprimibile singolare dignità, che è dono di Dio. La digitalizzazione diffusa e la standardizzazione connessa all’elaborazione dell’immensa mole dei dati necessari all’intelligenza artificiale offrono il fianco a un’omologazione rischiosa, talora inaccettabile, soprattutto quando elimina e mette ai margini i soggetti più deboli. Alimentiamo i corpi per non perdere le storie. Custodiamo i corpi per guadagnare un bilanciamento sapiente tra ipertecnologizzazione del lavoro agroalimentare e custodia di quella sapienza artigianale che ha le mani come suo più prezioso strumento.

Questa cura del particolare chiede di essere svolta e custodita non solo a livello dei singoli individui ma anche a quello delle culture locali. L’implementazione di tecnologie di matrice chiaramente occidentale nei processi di produzione e trasformazione degli alimenti intacca profondamente le culture alimentari delle popolazioni della terra. Dobbiamo dare da mangiare a tutti, ma non tutti devono mangiare necessariamente le stesse cose. La custodia della diversità biologica (umana, vegetale, animale) deve essere al centro della nostra attenzione e deve accompagnare l’intero processo, dalle fasi di progettazione eticamente by design alle narrazioni con cui esso si propone e si diffonde. Anche a costo di guadagnare una efficacia più laboriosa e di riprendere idee e progetti già avviati da punti di vista culturali diversi, consci che essi potranno cambiarli in modo significativo. In radice, dobbiamo evitare che la tecnica contribuisca a ridurre l’alimentazione a un fatto puramente fisiologico. La tavola è sempre un atto culturale, connotato, con tradizioni e prospettive che vanno custodite e fatte crescere.

Di fatto, dobbiamo riflettere e intervenire, ognuno secondo le proprie responsabilità, affinché l’evidente, ma non obbligata, connessione tra nuove tecnologie e strutture di potere sia disinnescata, soprattutto nella sua capacità di controllare e manipolare mercati e democrazie a livello planetario. Dobbiamo riflettere e lavorare insieme, affinché l’innegabile affermarsi dell’industria digitale quale potenza sovrannazionale non comprima gli spazi della libertà nelle scelte e si collochi sempre nell’alveo democratico.

 La Rome Call

In tutto questo la Rome Call firmata sette mesi fa rimane una road map possibile e audace al contempo. Il testo ha la forma di una vera e propria chiamata a riconoscerci, confrontarsi e a impegnarsi su un orizzonte comune e su alcuni punti precisi. Spero che tanti vogliano nei prossimi mesi considerarla e, possibilmente, firmarla.

Il sogno di una tavola imbandita a cui tutti i popoli della terra possono convenire è affidata alla responsabilità di tutti noi.

Grazie per la vostra attenzione.

(Intervento al virtual meeting Artificial Intelligence, Food for All. Dialogue and Experiences promosso dalla FAO. Giovedì 24 settembre 2020)

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