La maternità

Nel cuore del mese di agosto si celebra la festa dell’Assunta: la Madre di Gesù viene assunta nel cielo per stare accanto al Figlio. E’ un festa molto cara all’intero popolo cristiano. E, in maniera semplice, si potrebbe riassumere così la bellezza di questo mistero: Gesù vuole così bene alla Mamma che la vuole accanto a sé nel cielo. E’ un gesto di straordinaria bellezza. Ed anche di grande significato in questo nostro tempo che, talora, sembra dimenticare l’indispensabilità delle madri per la società. Le sfide del presente richiedono per essere affrontate un maggior coinvolgimento delle donne. E aggiungerei soprattutto delle madri. A me pare che loro – sì, proprio loro, le madri – sono al centro di quella cultura della cura dell’altro che è alla base di ogni forma di legame sociale. Le madri sono le prime a praticarla, con i figli, e sono sempre loro a sostenere il maggior peso del lavoro di cura per i bambini, i malati, gli anziani. È facile oggi vedere gli uomini fuggire più di prima davanti alle responsabilità. Per questo le donne – le madri – vanno ascoltate di più. Da decenni nel mondo occidentale tante donne si sono ribellate al ruolo esclusivo di madri, credendo però di realizzare se stesse omologandosi al modello maschile, a costo di privarsi delle profonde gratificazioni affettive che dà la famiglia. Oggi le giovani donne, nei paesi più avanzati, incontrano molte difficoltà per avere una famiglia, allevare dei figli: paradossalmente, spesso è più facile per loro affermarsi nel lavoro che avere un figlio in giovane età, e con il passare degli anni il concepimento diventa sempre più difficile. Diventare madri per molte si sta facendo un sogno impossibile, un desiderio ostacolato dalla società e dalla cultura del tempo. Ma è necessario chiederci: che ne sarà di quelle società che soffocano il desiderio di maternità delle giovani donne, che non aiutano il formarsi di nuove famiglie e sembrano preferire la proliferazione di singoli che vivono solo per se stessi? Lo stiamo già vedendo nelle società ricche in cui la soglia demografica non assicura neppure il ricambio generazionale. Questo significa non solo che non ci sono più bambini, ma anche che ci sono meno madri, cioè donne abituate a dare tutte se stesse per un altro, capaci di sacrificio per assicurare la cura ai più deboli, in grado di riconoscere da un’inflessione del pianto, da un gemito, di cosa una persona ha bisogno. Le madri costituiscono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico: lo dice la parola stessa. Individuo vuol dire indivisibile, che non si può dividere. Le madri invece si dividono, accettano di dividersi in due per dare al mondo un figlio e lo fanno crescere. Le madri, dando la vita, cancellano la chiusura egoistica, e tengono letteralmente in vita sia il mondo, sia la Chiesa. Sono esse ad odiare di più la guerra, perché questa uccide i loro figli. Sono esse a testimoniare la bellezza della vita. Guai a dimenticarlo. Dio ci ricorda: le mamme vanno “assunte” dentro la società di oggi.