La famiglia viene attaccata perché è il primo “noi” che l’individualismo deve distruggere

«“La famiglia è il principio della città e la scuola della vita pubblica”. È parola di Cicerone che, com’è noto, non era cristiano. Oggi la cultura dominante tende a pensare che qualsiasi amore possa essere “famiglia”. Ma non è così». Sono alcune delle riflessioni di mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia dal 2012 su nomina di Benedetto XVI, intervenuto la scorsa settimana in Cattedrale per un incontro organizzato dalla Libreria Paoline sui temi del Sinodo della Famiglia. L’incontro è stato moderato da don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, col quale mons. Paglia ha scritto un libro uscito di recente ed intitolato La famiglia. Vocazione e missione  nella Chiesa e nel mondo (ed. San Paolo). Questo sarà anche il titolo della seconda sessione, quella ordinaria, del Sinodo per la Famiglia che si terrà dal 4 al 25 ottobre e che servirà per tirare le conclusioni di un lavoro iniziato nello scorso ottobre e che, su mandato di Papa Francesco, sta coinvolgendo la Chiesa in modo capillare in tutte le diocesi del mondo. Visto che in settembre a Philadelphia si svolgerà anche l’8° Incontro mondiale delle famiglie, che vedrà la presenza del Papa, il 2015 può essere considerato un vero e proprio “anno della famiglia”, dedicato «all’unione stabile e aperta alla vita di un uomo e di una donna che costruisce civiltà, quella “civiltà dell’amore” della quale anche Verona fa parte, col suo tessuto sociale laborioso e solidale», come ha affermato mons. Giuseppe Zenti nell’introdurre la serata. Al termine, abbiamo rivolto a mons. Paglia alcune domande di approfondimento.

Eccellenza, oggi la famiglia tende ad essere vista come un retaggio del passato, ma tutte le unioni, comprese quelle tra persone dello stesso sesso, ambiscono ad essere chiamate “famiglia”. Cosa ne pensa?

«Si tratta di una delle tante contraddizioni che caratterizzano il nostro tempo; vede, in tutte le inchieste, la famiglia è in cima alla lista dei desideri: il 75% dei giovani italiani, ad esempio, vorrebbe passare tutta la vita con la stessa donna. Ma poi gli stessi giovani sono i primi a dire che si tratta di una cosa impossibile. Fa pensare che il tipo di “famiglia” che è cresciuto di più nel decennio 2001-2011 in Italia sia quello composto da una sola persona. E’ come dire che alla fine prevale lo stare da soli…».

Da dove nasce questo dissidio?

«La cultura dominante degli ultimi decenni lotta apertamente contro qualsiasi legame solido e duraturo; è anche questo il senso dell’affermazione del noto sociologo, Bauman, che parla di una società liquida, nella quale si mescola tutto e tutti. Va ribadito che la famiglia non è segnata solamente dall’amore, ma anche dalla generazione. Se si dice che basta l’amore per fare una famiglia, cosa diciamo, ad esempio, che l’amore tra un padre e una figlia può portare ad essere famiglia? C’è in verità un virus che avvelena tutto: l’iperindividualismo, ossia il primato assoluto dell’ io” sul “noi”. E la famiglia viene attaccata perché è il primo “noi” che l’individualismo deve distruggere».

Lei è già stato al Palazzo di Vetro della Nazioni Unite e ci andrà nella prossima settimana per preparare l’Incontro di Philadelphia. Le sembra che le istituzioni stiano sostenendo adeguatamente le famiglie?

«In Italia non mi pare: manca una politica attenta alla famiglia anche perché non c’è una sensibilità che la favorisca. Lo dimostra ad esempio l’approvazione del divorzio-breve avvenuta nelle scorse settimane con una maggioranza “bulgara”. Facendo così, è come se lo Stato dicesse che la famiglia è un affare privato, senza alcuna rilevanza sociale».

E infatti siamo il Paese con il più basso tasso di natalità al mondo.

«Se andiamo avanti di questo passo, fra qualche anno ci ritroveremo con 23 milioni di anziani che dovranno essere mantenuti da 8 milioni di giovani. La situazione è senz’altro preoccupante. In ogni caso sono convinto che nessuno riuscirà a distruggere la famiglia: è una dimensione così profonda che a mio avviso è indistruttibile. Certo, dobbiamo però renderla bella e forte per poter rendere bella e forte anche la società. Insomma: famiglia debole società debole, famiglia forte società forte. E qui le famiglie cristiane debbono riscoprire la vocazione di mostrare la gioia di essere famiglia. Noi cristiani abbiamo una forza che talvolta non sappiamo mostrare, ma siamo come Davide davanti a Golia e come lui, alla fine, vinceremo!».

Quell’individualismo di cui parlava precedentemente sta però erodendo lentamente anche le famiglie stesse.

«È vero. Molte famiglie cristiane tendono ad isolarsi. Invece, per il loro bene, dovrebbero riscoprire l’appartenenza ecclesiale; e le parrocchie, allo stesso tempo, dovrebbero essere meno burocratiche: spesso i sacerdoti vedono i bambini e le loro famiglie solo per battesimi, comunioni e cresime, ma i bambini dovrebbero apprendere la fede “con l’odore delle candele”, come imparano a mangiare attraverso la familiarità col profumo del latte materno».

Veniamo ora al Sinodo. Secondo giornali e televisioni sembra che si sia passato tutto il tempo a discutere di comunione ai divorziati risposati e di matrimoni gay…

«I media purtroppo fanno parte di quella cultura dominante di cui parlavo prima: appiattiscono e banalizzano, in particolare quello che riguarda questi temi. Vede, posso testimoniare che il Sinodo è stato un evento che ha portato un grande arricchimento di conoscenze. Si è visto poi che occorre senz’altro un approfondimento della Teologia della famiglia, che è ancora agli inizi; e si sono esaminati problemi che richiedono un’intelligenza “nuova”, come quello delle famiglie ferite».

Come conciliare l’indissolubilità del matrimonio con quell’audacia della carità annunciata dal Papa? Come tenere insieme fedeltà al dogma e misericordia?

«Mai dividere verità e misericordia: chi le divide, divide Cristo stesso! La Chiesa non può e non potrà mai cambiare la dottrina contraddicendo la tradizione, ma approfondirla, allargarla, comprenderla meglio, questo si. Papa Giovanni diceva: “Non è il vangelo che cambia, siamo noi a comprenderlo meglio”. Mi auguro che il Sinodo possa dare una “scossa pastorale”; deve avvenire un cambio di paradigma: dalla concentrazione sulle regole, si deve passare ad un interesse appassionato e coinvolgente verso il prossimo, specie se ferito. I divorziati risposati hanno bisogno anzitutto di nutrirsi del “corpo di Cristo” che è la comunità ecclesiale, hanno bisogno di essere avvicinati, ascoltati, aiutati, accompagnati. E’ solo su questa via che si può trovare una soluzione adeguata. Insomma, la prima comunione di cui hanno bisogno è la nostra amicizia. Guai a pensare che una regola, per quanto bella, risolva problemi profondi e talora dolorosissimi».

E degli omosessuali avete discusso?

«Questo non è un tema che riguarda la famiglia, la quale richiede essenzialmente la generatività. Certo è una questione importante da trattare per scacciare ogni pregiudizio e discriminazione, mi chiedo perché possa esistere ancora che per tanti stati essa sia un reato. Qualche tempo fa lo dissi anche a Ban Ki Moon. Comunque è altra cosa dalla famiglia e mai deve essere assento rispetto e amore».

Che cosa le sembra che stia chiedendo Papa Francesco alla Chiesa con questo Sinodo?

«Il Papa ci dice che Chiesa e famiglia sono indissolubilmente legate, basta ascoltare tutte le sue catechesi del mercoledì. Penso che il Papa ci stia chiedendo di superare l’individualismo, anche quello familiare, e di partecipare con rinnovato slancio missionario alla vita comunitaria. Questo favorirà una nuova fioritura della Chiesa e, di conseguenza, aiuterà i popoli a riscoprirsi come una famiglia, con Dio come Padre. Paolo VI, chiudendo il Concilio, lo aveva paragonato al “buon samaritano” che si china sulle ferite dell’uomo; beh, al Sinodo mi pare di cogliere lo stesso spirito».

Si parla anche di qualche novità in Vaticano…

«Nella prossima ristrutturazione della Curia, sembra che ci sarà posto per un nuovo dicastero dedicato a “laici-famiglia-vita”; e che, proprio per questo, avrà anche laici e donne responsabili!».