La Croce

Il 14 settembre la Chiesa celebra “l’esaltazione della Croce” ricordandone il ritrovamento da parte di Costantino nell’anno 335. Celebrata inizialmente solo a Gerusalemme si è poi estesa ovunque. E’ una festa che oggi vorrei sottolineare viste le ricorrenti polemiche sul “crocifisso” sia sul piano nazionale che su quello europeo. Tali atteggiamenti fanno emergere una profonda ignoranza sul senso della Croce e nello stesso tempo manifestano un grave pregiudizio. Certo, anche noi cristiani dobbiamo fare un esame di coscienza: non rischiamo tante volte di rendere la croce solo un monile da portare al collo? E non accade anche di usare la croce come uno strumento di opposizione e non invece di amore? E’ bene spendere anche solo una breve parola per aiutarci a ricomprendere il valore del “crocifisso”, il suo vero senso. Farne, ad esempio, solo un segno di civiltà è troppo poco. Vorrei partire anzitutto da una brevissima considerazione. Ci siamo mai chiesti perché esaltiamo la croce, uno degli strumenti di supplizio più crudeli? Forse no. Ebbene, sarebbe come se oggi esaltassimo la sedia elettrica, e magari la portassimo con la catenina al collo. Ma, dimenticare che la croce rappresenta uno strumento di supplizio significa anche non accorgersi dello straordinario amore di Gesù che l’ha accettata pur di salvarci. Sì, cari amici, con la festa della Croce la Chiesa vuole esaltare davanti ai nostri occhi, spesso ripiegati solo su noi stessi e sulle nostre piccole sofferenze, quanto sia stato grande l’amore di Gesù per noi. Egli ha accettato di salire sulla croce – potremmo dire sulla sedia elettrica di oggi – perché noi tutti fossimo salvati dal peccato e dalla morte. Il sacerdote canta nel prefazio: «Nell’albe­ro della croce tu, o Dio, hai stabilito la salvezza del­l’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorges­se la vita ». In quella croce trionfa l’amore per gli altri e viene sconfitto l’amore per sé. E’ questo il senso della “croce” che viene esposta. E in quella “croce” sono presenti tutte le croci che vengono ancora oggi addossate agli innocenti, ai deboli e ai poveri. Gesù – scrive l’apostolo Paolo – non restò in Paradiso, scese sulla terra, «umiliò se stesso, e si fece obbediente fino alla morte e alla morte di croce». Su quella croce si consumava la definitiva battaglia tra l’amore per se stessi e l’amore per gli altri. Una battaglia pubblica, che è bene ricordare ed è ancor meglio comprendere. Pensate che tutti, mentre Gesù stata sulla croce, gli dicevano: «Salva te stesso». Ma Gesù era venuto per salvare gli altri, non se stesso. E continuò suino all’ultimo ad amare gli altri più di se stesso. Cari amici, guardando la Croce possiamo finalmente dire: c’è uno che ama gli altri più di se stesso. E Paolo ci fa scendere ancor più in questo mistero di amore: «a stento si trova chi sia disposto a mo­rire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo… amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,7-8). Il Crocifisso è l’immagine dell’amore gratuito, un amore che non troviamo altrove ed è così ampio da non chiedere neppure la reciprocità. Il Crocifisso ci ricorda che siamo chiamati anche noi a pensare agli altri prima che a noi stessi. E Dio sa se ce né bisogno! Togliendo il Crocifisso l’intera società si impoverisce. Senza quel segno aumenterebbero molto più facilmente i “crocifissi della terra” e la società si imbarbarirebbe ancor più.