Quarant’anni dalla Dei Verbum

Intervista di Giovanni Peduto

di Giovanni Peduto      

Fra i principali relatori del convegno, che sarà accompagnato da una mostra: il cardinale Walter Kasper, il cardinale Carlo Maria Martini e l’arcivescovo di Abuja, John Onaiyekan, ai quali si affiancheranno più di 50 specialisti di fama internazionale. Tanti i temi che verranno affrontati, dal dialogo ecumenico al problema crescente del fondamentalismo. Ma torniamo all’importanza della Dei Verbum, una delle quattro costituzioni promulgate dal Concilio Vaticano II, con l’intervista di Giovanni Peduto al vescovo Vincenzo Paglia, presidente della Federazione Biblica Cattolica:

 

R. – Direi che il contenuto principale è l’affermazione che la Parola di Dio si è avvicinata agli uomini sia attraverso la tradizione, che poi ha assunto anche una forma scritta, che è la Sacra Scrittura. Quindi, in questo senso, porre attenzione a questo tesoro che poi confluisce nella Bibbia, questo mi pare un punto fondamentale che porta a soluzione un problema che era piuttosto complesso. Per cui oggi, con la “Dei Verbum”, potremmo dire che la Bibbia è tornata abbondantemente nelle mani dei fedeli.

 

D. – Cosa è nato in questi 40 anni, grazie a questa Costituzione conciliare? Pensiamo al cammino ecumenico, per esempio …

 

R. – Non c’è dubbio che questo piccolo, forse il più piccolo, documento del Vaticano II, assieme a quello sulla Liturgia, ha portato gli sconvolgimenti più belli, diciamo, nella vita della Chiesa. Non solo oggi i cattolici leggono la Bibbia, ma il cammino ecumenico ha trovato nell’incontro di tutti i cristiani nella Scrittura una delle fonti più importanti per ritrovare quella fraternità e quell’unità che è nel fondamento, appunto, dell’impegno dell’ecumenismo.

 

D. – Primato della Parola di Dio, necessità del Magistero per la sua retta interpretazione, tesoro della tradizione: sono tre elementi che devono andare sempre insieme…

 

R. – Le rispondo con una frase di Sant’Agostino, bellissima. “La Bibbia, la si deve leggere sulle ginocchia della Chiesa”. È detto tutto. Non è possibile separare Bibbia e Chiesa, come non si può separare la madre da un bambino. In questo senso, la lettura della scrittura deve respirare con tutta la storia della Chiesa, perché lo Spirito continua a parlare. La Bibbia non è un libro morto. Gregorio Magno diceva: “La Scrittura cresce con chi la legge”, cioè con la Chiesa.

 

D. – Oggi i cristiani, a suo parere, in che misura leggono la Bibbia, e qual è il suo suggerimento per leggere bene la Bibbia?

 

R. – Io direi che, se da un verso la Bibbia è tornata abbondantemente, il cammino però perché ogni cristiano abbia la sua Bibbia, è ancora molto lungo. Io, per esempio, suggerirei che ogni cristiano abbia la sua Bibbia personale, quella che ha a casa sul comodino, ma anche quella che si porta in vacanza. Questo, secondo me, è un impegno che ciascuno di noi dovrebbe avere, così come l’ha con l’Eucaristia. Noi cerchiamo di nutrirci abbondantemente con il pane eucaristico; dovremmo fare altrettanto con la Parola di Dio, con la Sacra Scrittura. E non a caso, la “Dei Verbum” dice, assieme a tutta la tradizione della Chiesa: “La Chiesa ha venerato sempre l’Eucaristia e la Sacra Scrittura”.

da Internetica del 15 settembre 2005