Ingresso in Diocesi

Ingresso in Diocesi

 


Miei cari confratelli vescovi,


carissimi diocesani di Terni, Narni e Amelia,


care sorelle e fratelli della Comunità di Sant’Egidio venuti così numerosi,


voi di Trastevere e di Boville e voi amici tutti,


grazie per la vostra partecipazione a questa santa liturgia di inizio del mio ministero episcopale. La vostra presenza mi conforta e la vostra preghiera mi è di sostegno. Un grazie particolare va a Mons.Gualdrini e a Mons.Quadri che mi hanno preceduto in questo ministero. Essi sono accanto a me per ricordare a tutti che il Signore è il vero pastore delle anime nostre, e noi, nella successione dell’amore, siamo amministratori di qualcosa che non è nostro ma che il Signore Gesù si è acquistato a caro prezzo. Un saluto particolare rivolgo alle autorità che hanno voluto essere presenti, al Sindaco di Terni che a nome di tutti mi ha rivolto parole di benvenuto in questa città. Anch’io sono finalmente a Terni. E vi giungo all’inizio della Settimana Santa.


 


Care sorelle e cari fratelli, con questa celebrazione liturgica iniziano i giorni santi nei quali viviamo il mistero centrale della nostra fede: la Passione, Morte e Risurrezione del Signore. E’ la settimana da cui scaturisce tutta la nostra salvezza. E’ la prima di questo nuovo secolo e noi siamo chiamati a celebrarla in modo del tutto particolare. Ho scelto di iniziare il mio servizio episcopale da questa santa settimana, come per ripartire da essa, come per porla a fondamento dell’intera vita della Diocesi per il nuovo secolo. Questi giorni sono come la fonte da cui tutto promana; non viverli o dimenticarli vuol dire inaridirsi. Terni, che significa “città posta tra due fiumi”, già nel suo stesso nome sa bene che se i fiumi non restano legati alla sorgente si inaridiscono. In tal caso, tutti rimarremmo non solo senza acqua ma anche senza nome.


In questi giorni noi ci avviciniamo alle sorgenti della vita; vedremo con i nostri occhi la “passione” di Gesù per gli uomini, una “passione” che lo porterà a soffrire l’agonia, la cattura, la flagellazione per giungere sino alla morte in croce. Siano i nostri occhi e soprattutto il nostro cuore fissi sul volto di quell’uomo che accetta anche la morte pur di non abbandonarci al destino triste del male. Iniziamo con questa celebrazione a guardare e ad accompagnare Gesù mentre entra in Gerusalemme. Non è un potente e un forte che entra, ma un uomo mite ed umile che vuol bene agli altri sino a dare per loro la sua stessa vita. E la gente sembra intuirlo: si mette a stendere i mantelli lungo la strada e ad agitare in segno di festa rami di ulivo. Tutti gridano: “Osanna. Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Sì, finalmente l’attesa era finita, e il Salvatore entrava in Gerusalemme. Care sorelle e fratelli, il Signore è entrato oggi anche qui, a Terni. Il suo volto è dolce e assieme fermo, è compassionevole e assieme esigente. No, non somiglia ai potenti di questo mondo: egli viene per servire, non per essere servito; viene non per cercare il suo bene ma quello della gente, soprattutto dei più deboli. E il suo trionfo non è quello del mondo, ma quello dell’amore. Passano sei giorni, infatti, e il suo volto sarà quello di un crocifisso, di un vinto. E’ il paradosso della domenica delle Palme che ci fa vivere assieme il trionfo e la passione di Gesù. Una cosa unisce i due eventi: Gesù non fugge, resta tra gli uomini, anche a costo di prendere la croce sulla quale viene crocifisso. Ma quella morte non è una sconfitta, è in realtà una vittoria: la vittoria dell’amore per il Signore e per gli altri che sconfigge definitivamente l’amore per se stessi. Era la logica conclusione di una vita spesa per il Signore. Davvero solo Dio poteva vivere e morire in quel modo, ossia dimenticando se stesso per donarsi totalmente agli altri. E se ne accorge un militare pagano. L’evangelista Marco scrive: “Il centurione, vistolo spirare in quel modo, disse: Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio!”(Mc 15, 39).


Care sorelle e fratelli, i rami di ulivo, che tanto bene rappresentano la terra umbra, sono oggi nelle nostre mani. Anche noi, come i bambini e le folle di Gerusalemme, li abbiamo agitati accogliendo il Signore in mezzo a noi. Questi rami esprimono festa e tenerezza; da essi viene prodotto l’olio della dolcezza e della guarigione, quello che il buon samaritano versò sulle ferite dell’uomo mezzo morto. Anche il pastorale consegnatomi nel giorno dell’ordinazione è di ulivo e significante l’ulivo; con tutti voi vorrei cantare assieme al salmista: “Io sto come ulivo verdeggiante nella casa di Dio, e mi abbandono alla sua fedeltà” (Ps 52, 10). Questa terra, ricca di ulivi, fin dall’inizio del primo millennio è stata benedetta dalla predicazione evangelica, e tanti suoi figli si sono inteneriti nell’ascolto del Vangelo. Essi, divenuti come rami verdi di ulivo, hanno segnato la storia di tante generazioni di questa diocesi: dai primi santi, i vescovi Valentino e Giovenale, e la giovane Firmina, sino agli ultimi, i servi di Dio, Giunio Tinarelli e il vescovo Vincenzo Lojali. All’inizio di questo terzo millennio tutti siamo chiamati a metterci nuovamente alla sequela del Vangelo, per addolcire il nostro cuore e intenerire la nostra vita.  Tante volte il legno del nostro cuore si indurisce, presi come siamo dall’amore per noi stessi, e con questo legno duro si rende spesso amara e pesante la vita degli altri giungendo anche a crocifiggerli. E’ la storia della Passione del Signore che continua in tante parti del mondo, là dove la guerra, la fame, la violenza e l’ingiustizia continuano a mietere vittime innocenti. Ma continua anche qui, tra noi, quando ci lasciamo sorprendere dalla nostra durezza, dalla nostra insensibilità, dal nostro egocentrismo, dal nostro peccato, che ci rendono complici del male. Noi oggi vogliamo aprire il cuore al Vangelo, vogliamo che torni ad essere verde quel legno secco che tutti noi siamo. Il Vangelo è parola viva e operante. Il Vangelo guarisce salva, brucia il male e alimenta il bene, distrugge l’egoismo e fa crescere l’amore, rende verdi anche i cuori più induriti. Riprendiamo perciò ad ascoltare, a vivere e a credere al Vangelo. Il resto, tutto il resto ci sarà dato. L’ho già detto e non cesserò di ripeterlo, la comunicazione del Vangelo si propone per la nostra Diocesi come la via prioritaria da percorrere per gli anni futuri.


L’apostolo Paolo si rivolse così agli anziani di Efeso: “Vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia” (At 20,32). All’inizio di questi giorni vorrei affidare la nostra Diocesi, i presbiteri, primi collaboratori del vescovo, i diaconi, i religiosi e le religiose, ciascuno di voi e l’intera nostra terra, a Dio e alla Parola della sua  grazia. Sì, affidiamoci tutti al Vangelo. Non è un semplice augurio, è piuttosto un impegno; l’impegno ad irrigare il nostro cuore ogni giorno con il Vangelo, perché sia ammorbidita la nostra durezza e possiamo portare frutti di misericordia, di amore, di giustizia e di pace. Sì, leggere il Vangelo ogni giorno è l’impegno che propongo a tutti i credenti per iniziare questo nuovo tempo avendo in noi “il pensiero di Cristo” (1 Cr 2,16). Ed è anche un suggerimento che rispettosamente rivolgo a chi si sente estraneo al mistero che celebriamo, ma che ricerca con cuore sincero la via dell’amore.


Al termine di questa celebrazione porteremo a casa il ramo di ulivo dopo aver cantato assieme: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Quel ramo d’ulivo è la memoria di questo giorno santo, il giorno dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Resti nelle nostre case. Quel ramo è un segno della tenerezza e della pace che nasce dalla presenza del Signore che oggi è venuto in mezzo a noi. Ma esso ci ricorda anche il bisogno che Gesù ha della nostra compagnia, della nostra amicizia, del nostro affetto. Nell’orto del Getsemani, mentre Gesù, preso dall’angoscia della morte, fu abbandonato dai suoi, solo quei rami di ulivo si sono come piegati nella tenerezza e hanno fatto compagnia ad un uomo che sudava sangue per i nostri peccati. Quanto sono amare quelle parole rivolte a Pietro: “Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola?”(Mc 14,37). Sorelle e fratelli, il ramo di ulivo sia segno del nostro impegno a stare accanto al Signore in questi giorni. E’ un modo bello per consolare un uomo che va a morire per tutti. E’ un modo bello perché questo tempo nuovo ci veda operosi per rendere questa nostra terra più santa, più umana, più solidale. Apriamo il cuore al Vangelo e Terni si aprirà all’amore. Apriamo il cuore al Vangelo e Narni, Amelia, Alviano, Attigliano, Calvi, Giove, Guardea, Lugnano, Otricoli, Penna, Sangemini, Stroncone, Configni e Vacone, tutti si apriranno all’amore.