Inaugurazione dell’anno accademico 2018-2019 all’Istituto Giovanni Paolo II

Carissimo don Pierangelo, Preside dell’Istituto, caro professor Piero Coda, gentili ospiti, cari professori e alunni dell’Istituto sono particolarmente lieto di salutare tutti voi in questo atto di apertura dell’anno accademico 2019. Non è a caso che si scelga un giorno, che è assieme solenne e famigliare, per dare inizio all’anno che ci sta davanti. E’ famigliare perché i legami che ci uniscono sono segnati dalla famigliarità che definisce la Chiesa e che qualifica ancor più il nostro Istituto. Ed anche solenni per la missione che il Papa affida a questa nostra istituzione a livello della Chiesa universale. Vorrei, per questo, inviare a Papa Francesco tutta la nostra obbedienza. A Lui ci unisce il legame filiale per essere parte della sua Chiesa diocesana e nello stesso tempo la sua particolare sollecitudine per questo nostro Istituto. Alcuni mesi fa incontrandomi mi ha detto che mi avrebbe scelto come membro del Sinodo dei Vescovi per il legame che unisce il nostro Istituto con il tema del Sinodo: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Lo ringrazio per questo che è un riconoscimento anche per noi. E assieme anche un compito, quello di accogliere con amore e intelligenza i risultati del Sinodo. Pur non essendo questo il momento di riflettere su questo evento che ha coinvolto l’intera Chiesa cattolica, assieme ai rappresentanti del mondo cristiano, sento l’obbligo di aprire questo anno almeno con un cenno, solo un cenno, su questo è avvenuto.

Il Sinodo ha insistito molto sull’ascolto del mondo giovanile e ha cercato di riconoscere senza troppi filtri quello che effettivamente i giovani vivono, nella grande varietà di situazioni e di culture in cui sono inseriti: le loro domande, le loro inquietudini, la loro ricerca di significato per una vita che, nella precarietà del mondo contemporaneo, spesso percepisce il futuro più come una minaccia che come una speranza. È così emerso un quadro in rapida trasformazione per quanto riguarda i fondamentali riferimenti antropologici. La percezione della corporeità, la comprensione della libertà, il rapporto tra diritti e doveri (solo per menzionare qualche esempio tra quelli emersi) sono in tumultuosa evoluzione nel mondo globalizzato e tecnologico. Si richiede quindi un dialogo attento con il pensiero contemporaneo. Occorre vagliarlo criticamente per valorizzare tutto quello che di buono può suggerire e integrare quanto è invece insufficiente per promuovere l’umanità a tutto tondo. Si tratta di sviluppare una riflessione teologica che sia capace di interagire costruttivamente con quanto le culture vanno elaborando nel tempo odierno.

Inoltre è stata affermata con forza una visione ecclesiologica che sottolinea la dimensione sinodale, chiarendo possibili equivoci dovuti a una erronea concezione democratizzante della Chiesa e fraintendimenti in campo ecumenico. Il Sinodo ha riconosciuto che “Si tratta della profezia del Concilio Vaticano II, che non abbiamo ancora assunto in tutta la sua profondità e sviluppato nelle sue implicazioni quotidiane” (Doc. Finale, n. 118). Per il nostro Istituto questo significa anzitutto allargare la nostra riflessione sul versante teorico nel dialogare con tutte le scienze che riguardano i grandi temi del matrimonio, della famiglia e del patto originario tra uomo e donna relativo alla generazione, ed assieme consolidare e ampliare la rete di collaborazione con altri istituti e diocesi che manifestano interesse per una riflessione organica su tali temi per la costruzione della convivenza umana. Molti vescovi che hanno partecipato al Sinodo mi hanno avvicinato chiedendomi di esplorare dei modi di collaborazione o di immaginare degli accordi per portare avanti dei progetti condivisi, compresi i due vescovi cinesi, la cui presenza ha segnato un passaggio storico nella vita della Chiesa.

Non vado oltre. Ma il Papa – che mi ha invitato a salutare tutti voi che partecipate a questo evento – mi ha confermato la sua speranza perché il nostro Istituto compia con rinnovato vigore quella missione che ha ricevuto dal suo predecessore san Giovanni Paolo II perché possiamo attraverso il magistero della Chiesa percorrere con più audacia le rotte nel grande mare di questo mondo. Ascoltiamo anche noi il comando del Signore a Pietro. “Duc in altum” e la sua Madre continua a dirci “fate quello che egli vi dirà”. Grazie e buon anno accademico!