Il nuovo umanesimo di fronte alla fine

di Eugenio Scalfari
IL LIBRO che sto per recensire, edito da Piemme, è di 275 pagine intitolate “Sorella Morte” con il sottotitolo “La dignità del vivere e del morire”. L’autore è l’arcivescovo Vincenzo Paglia che è stato per molti anni il consulente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio, ben nota per le sue opere di assistenza in Italia e all’estero. Una comunità molto diversa da tutte le altre che articolano la Chiesa nei suoi vari modi di rapportarsi alla società civile; forse quella che meglio risponde allo spirito cattolico, inteso nella sua essenzialità.

Paglia aveva già scritto vari libri ma, a mio avviso, nessuno di questo livello e su un tema così attraente per credenti e non credenti, scienziati, filosofi, medici, politici e anche quella che si chiama pubblica opinione: la dignità del vivere e del morire è un argomento fondamentale per tutti e “Sorella morte” non a caso è il verso più bello della Laude di Francesco d’Assisi: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale / da la quale nullu homo vivente po’ skappare”.Questo è l’inizio del libro. La parte finale merita anch’essa d’esser citata: conclude in modo alto una lunga e approfondita dissertazione che ha al centro alcune parole molto significative: eutanasia, suicidio, testamento biologico, omicidio legalizzato. Una delle frasi finali è questa: “Non si deve dimenticare lo scarto e lo scandalo che compongono la vita e la morte nel pensare e nel convivere umano. Potremmo dire che tutti, nessuno escluso, ci troviamo comunque davanti al mistero ed è proprio lo spazio del mistero che dobbiamo salvaguardare “. Per un arcivescovo cattolico sarebbe stato facile risolvere il tema appellandosi alla volontà del Signore e al sollievo che la fede dà ai morituri sull’aldilà che l’attende e gli assicura la vita eterna; ma Paglia conosce bene che il dubbio inquina continuamente anche i credenti più fedeli all’insegnamento religioso e poi la nostra specie non è formata unicamente da religiosi, quale che sia la loro religione e l’aldilà che essa descrive.

Il libro prende in esame tutti i problemi che il vivere e il morire comportano, cita una quantità di scrittori che hanno approfondito l’argomento, di leggi che nel tempo l’hanno disciplinato e perfino di stragi e di guerre che l’hanno consapevolmente utilizzato. L’atteggiamento dell’autore penetra così profondamente nelle varie tesi da identificarsi con alcune di esse e da condannarne senza appello altre. La parte finale del libro, che ho già citato, espone proprio l’essenza che anima l’autore: “È lo spazio del mistero che dobbiamo salvaguardare “. Il mistero, la cui soluzione è l’amore. “In questo passaggio della storia è indispensabile un’alleanza tra tutti, per individuare un orizzonte comune ove iscrivere il senso del vivere e del morire”.

Queste parole richiamano l’insegnamento di papa Francesco, che Paglia evidentemente condivide: la sua modernità, la visione di Cristo come amore, fratellanza, scambio reciproco e concetto della misericordia come dono e non come perdono. Questo è l’insegnamento di Francesco e questo è lo spirito che il libro di Paglia esprime.

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La questione dell’eutanasia è uno dei temi centrali di questo libro poiché con quella parola si analizzano vari problemi. L’esame comincia fin dall’introduzione che prende le mosse da un’opera poco nota che Paglia utilizza con dovizia. L’autore è uno scrittore svedese, si chiama Carl-Henning Wijkmark e il nucleo del suo pensiero è contenuto in un romanzo dal titolo La morte moderna del 1978. Un gruppo di uomini di legge discute sul crescente tasso di morte delle persone anziane e sulle ripercussioni di questo fenomeno sull’economia capitalistica. “Abbiamo un’esplosione di anziani”, constata il moderatore del dibattito e prosegue: “Avremo presto bisogno di più morti, ma come fare? La radice del male non è che l’eutanasia sia illegale ma che lo sia perché pochi la chiedono”. Dunque per superare questa difficoltà bisognerebbe convincere i politici, le famiglie, i medici e possibilmente gli anziani stessi ad affrettare il più possibile la “buona morte”, ed ecco perché l’eutanasia è al centro del dibattito.

Forse la fede religiosa, di tutte le religioni ma soprattutto di quella cristiana, dovrebbe incoraggiare le persone anziane ad affrettare la loro scomparsa in vista di un aldilà eterno e beatificato dalla presenza di Dio, ma in realtà questo fenomeno non avviene: accettano più serenamente di altri la morte quando viene, ma non fanno nulla per affrettarla, a meno che la sofferenza fisica e psicologica non diventi insopportabile. In ogni caso tuttavia si scontrano con la resistenza dei medici la cui deontologia professionale consente di alleviare il dolore con apposite medicine ma non di procurare la morte.

Su questo tema si svolge una parte notevole del libro di Paglia. Ho notato che l’autore talvolta parteggia per l’una o l’altra tesi che si fronteggiano e che condanna ovviamente quelli che affrontano le stragi razziste del nazismo con un uso deturpante il concetto di eutanasia. Pensate fino a che punto può arrivare una mentalità sconvolta dal potere, dal razzismo, dal piacere della crudeltà. Paglia – razzismo a parte – analizza una serie di opinioni concernenti la sua ricerca del rapporto tra vita e morte. C’è anche una pagina in cui viene citato il brano di un mio libro nel quale paragono la morte di Voltaire a quella di Pascal e dopo averne dettagliato le differenze spiego perché tra quelle due morti io, nonostante il mio pensiero illuminista, preferisca la morte di Pascal a quella di Voltaire.

A quel punto Paglia compie una svolta fondamentale che in realtà è il centro di tutta l’opera: il rapporto di vita e morte nella predicazione di Gesù nella sua settimana di passione e poi nella crocifissione e nella resurrezione che ne segue; il suo rapporto con gli apostoli e la funzione di Paolo nella fondazione dottrinaria del cristianesimo. Sono a mio avviso le pagine più belle e drammatiche perché fortemente drammatico è il tema. A me piace soprattutto il racconto di quanto avviene nel Giardino di Getsemani, quando Gesù accompagnato da alcuni degli apostoli, a un certo punto si apparta e prega in ginocchio e tra le lacrime Dio Padre. “Se vuoi, Padre mio, allontana da me l’amaro calice che dovrò tra poco bere, ma se non vuoi lo berrò fino in fondo”. Tre volte pone la domanda, che resta tuttavia priva di risposta.

Il tema tuttavia si ripropone quando Gesù, ormai sulla croce, interroga a sua volta il Padre: “Perché, Padre, mi hai abbandonato? “. Non c’è nulla di nuovo in questo racconto di Paglia, ma il tocco con cui lo ripropone sottolinea con molta efficacia letteraria un punto di fondo del cristianesimo: Gesù è figlio di Dio ed è Dio anche lui, un’articolazione del Dio trinitario, ma è anche figlio dell’uomo come raccontano i Vangeli, sente tutte le umane passioni e le varie tentazioni che vince con la sua natura umana e non con quella divina. Sotto la croce – ricorda l’autore – gli apostoli non ci sono, salvo il giovane Giovanni e le donne che seguono Maria. E poi la resurrezione, con un Gesù trasformato in Cristo che risale al cielo lasciando sulla terra come eredità ai suoi apostoli l’amore verso Dio e verso gli altri, i poveri, i deboli, gli esclusi.

Il libro però non finisce qui. Esamina congiuntamente i due temi dell’amore e della morte, che ovviamente riguarda tutti i viventi di varie o di nessuna religione. E quindi i sentimenti di amicizia, di odio, di accoglienza, di guerra. Quali che siano le persone viventi e quali che siano i sentimenti che tutti animano, la morte verrà per tutti e tutti lo sanno. Lo sanno, ma mi sembra che quando quell’evento capita agli altri, non siano particolarmente scossi, spesso anzi se ne tengono lontani e si autodifendono con l’indifferenza. Questo è il finale del libro che qui voglio citare. “Il rarefarsi della compagnia ai morenti è uno dei motivi del decadimento della dimensione umana del vivere. Tornare a riflettere su questa dimensione

dell’esistenza significa iniziare a ritessere quel nuovo umanesimo di cui tutti abbiamo bisogno per vivere meglio e per morire degnamente “.

IL LIBRO. Sorella morte. La dignità del vivere e del morire di Vincenzo Paglia (Piemme, pagg. 275, euro 17,50)