Gerusalemme

Tante volte sentiamo parlare di Gerusalemme. Spesso accade per i motivi politici legati alla questione ancora oggi drammatica del conflitto tra israeliani e palestinesi. Altre volte per il racconto sempre stupito di chi si è recato in pellegrinaggio alle memorie di Gesù. Certo è che Gerusalemme non è una città come tutte. A partire già dal nome: significa “città della pace”. Ma ecco la contraddizione tra il nome e la realtà conflittuale che vive ancora oggi. E’ comunque la città santa per i fedeli delle tre grandi religioni monoteistiche: ebrei, cristiani e musulmani. Si tratta di un numero considerevole di credenti: quasi due miliardi e mezzo di persone.

Gli ebrei, durante il Rosh Hashanah e lo Yom Kippur – sono le feste più importanti – pregano con queste parole: “Che il tuo nome o Signore sia santificato su Israele tuo popolo e su Gerusalemme la tua città e su Sion la sede della tua gloria”. Il pio ebreo quando prega, per sé e per la propria famiglia, dovunque egli si trovi, sa che la sua salvezza personale è intimamente legata alla salvezza e alla ricostruzione di Gerusalemme. Nel Vecchio Testamento è nominata 640 volte (Sion 150 volte). Con tutti gli altri nomi di Gerusalemme si arriva ad un totale di 850 volte. Oggi è rimasto solo il muro dell’antico tempio distrutto dai romani. Ed è davanti a questo muro che si raccolgono per la preghiera e affidano a Dio il loro futuro. Un sapiente ebreo diceva: “Il muro del Pianto – il kotel – ha anche orecchie, per sentire le nostre preghiere, i mormorii delle nostre anime e le pulsazioni dei nostri cuori”. Con torna quell’immagine straordinaria di Giovanni Paolo II che con mano tremante si avvicina al muro del pianto e pone in una delle fessure la preghiera di perdono.

Anche per i cristiani Gerusalemme è santa. Qui Gesù è stato crocifisso. E qui è risorto. Il Santo Sepolcro, che raccoglie il calvario e il sepolcro, resta uno dei luoghi più santi per i cristiani. Ed è tale l’attaccamento a questo luogo che custodisce la memoria del mistero della salvezza, che talora si arriva persino a contendersi con la forza uno spazio da conservare per sé. Di qui, da Gerusalemme la Chiesa ha iniziato a muovere i suoi primi passi nel giorno della Pentecoste. Su quella piazza antistante il cenacolo vi erano i rappresentanti di tutti i popoli della terra. Potremmo die che già in quel giorno anche noi eravamo lì rappresentati. Gli autori del Nuovo Testamento la nominano ben 139 volte in un crescendo di senso spirituale sino a porla come la città che sta al termine della storia della salvezza. E’ la “Gerusalemme celeste” di cui parla l’Apocalisse. Al termine della storia, tutti i popoli della terra sono alle sue porte per il giudizio finale. Coloro che hanno testimoniato la carità donando anche un solo bicchiere d’acqua a chi aveva sete, verranno chiamati ad entrare nella Gerusalemme e divenire così cittadini del cielo.

Ma anche per i musulmani Gerusalemme è santa. Anzi, è l’unica città che chiamano con questo aggettivo. Ed è la terza città più venerata dai musulmani, dopo la Mecca e Medina. A Gerusalemme è stata costruita una moschea sulla roccia – come afferma il Corano – da dove Maometto avrebbe fatto la sua ascensione attraverso i sette cieli fino a Dio. Tutti – ebrei, cristiani, musulmani – guardiamo verso questa città: la sentiamo nostra, senza che nessuno però possa dirla tutta sua. Certo è che ogni volta che si va in pellegrinaggio in quel luogo santo le emozioni sono profonde. E standone lontani non deve mai mancare il ricordo e la preghiera: lì, in fondo, tutti siamo nati e nella Gerusalemme celeste tutti siamo diretti.