Festa di San Valentino 2002
“Signor Sindaco, autorità di governo, della regione e della provincia, autorità militari, care sorelle e cari fratelli,
ci siamo raccolti attorno a San Valentino, come accadde 17 secoli fa quando i cristiani di Terni seppellirono il corpo martirizzato del loro vescovo proprio su questa collina. Sono tanti i secoli che ci separano da lui, eppure la sua memoria continua a radunarci. Assieme a noi c’è l’intera città. Terni sa bene che la testimonianza di Valentino segna in profondità le sue radici, al punto da poter dire che non c’è la città – la Terni vera, intendo – senza queste radici. Esse non solo non vanno dimenticate; vanno riscoperte nella loro forza e in tutta la loro ricchezza. Ritengo perciò decisivo irrobustire il rapporto tra Terni e San Valentino. E’ per me la seconda festa a cui partecipo e la sento tornare con una forza tutta particolare. Sì, è vero, Terni è la città di San Valentino. Lo leggiamo appena si entra in città, ma soprattutto lo sentiamo scritto nella sua storia, direi nei suoi stessi cromosomi.
Valentino fu vescovo a Terni dal 199 sino al 273, quasi per l’intero III secolo. Erano anni difficili per i cristiani, che in quel tempo subirono più volte la persecuzione. Valentino diede la prima struttura organica a questa Chiesa solidificando altresì la stessa città, che iniziava a risentire delle prime crisi dell’Impero. Egli fu un uomo del Vangelo. Lo predicava ovunque, a Terni e fuori, sino a Roma dove, a causa del Vangelo dell’amore fu martirizzato. Grande fu il suo amore per i poveri, e larga la sua tenerezza per i malati. Seguendo il comando di Gesù ne guarì molti. E fu l’amore che lo spinse ad aiutare anche i giovani a sposarsi, superando le difficoltà che trovavano sulla loro strada. L’amore di Valentino non conosceva ostacoli, perché era un amore evangelico: non era venuto per essere servito ma per servire, e nessuno per lui era un estraneo.
Terni, città di San Valentino, vive davvero questo amore? Dalla risposta dipende l’identità stessa di questa nostra città e del suo futuro. La vicenda di Babele, che abbiamo ascoltato dal libro della Genesi, è un monito per tutte le città, anche per la nostra che per di più si richiama all’amore. L’incapacità a capirsi e a comprendersi, l’assenza dell’amore e del senso del bene comune, portarono alla distruzione della città stessa e alla dispersione degli uomini. La Scrittura la pone come una vicenda paradigmatica per le città di tutti i tempi. Anche per quelle di oggi. Questo sta a dire che continueranno a cadere le torri se non si rafforzerà una cultura dell’amore e del bene comune. E continueranno altresì le guerre se i popoli non si riscopriranno la fondamentale fraternità tra tutti. Come continuerà imperterrita la terribile catena dei milioni di morti per fame se manca una cultura della solidarietà. Il cibo c’è per tutti, ma non viene distribuito.
Il secolo appena iniziato, se vorrà evitare tragedie come quelle dell’11 settembre, deve pertanto ripartire dall’amore. Potremo infatti debellare il terrorismo, e speriamo che questo avvenga presto; potremo anche prevenire i kamikaze, anche se questo appare impossibile; ma se non c’è una cultura dell’amore non ci sarà la pace. Ce lo ricordavano nei giorni scorsi – anche se non pochi di noi erano distratti – i due amici venuti da Gerusalemme, l’uno israeliano e l’altro palestinese. Essi ci hanno parlato di Gerusalemme e della sua tragedia che nasce, appunto, dall’assenza di una cultura dell’incontro e del bene comune. Nelle Sante Scritture Gerusalemme è simbolo di tutte le città, intese come il luogo della convivenza armoniosa tra gli uomini. Noi oggi siamo qui per riaffermare che la Chiesa di Terni non può vivere senza la sua città, si pone anzi al suo servizio, e per questo sentiamo la responsabilità di dire che la città di Terni non può sopravvivere senza una robusta cultura dell’amore. La Lettera Pastorale, L’Eucarestia salva il mondo, è pervasa dalla convinzione che l’amore, quello appassionato e forte di Gesù che Valentino ha fatto suo, libera Terni da una vita fiacca e banale e la costruisce come “una città salda e compatta”. Abbiamo cantato con il salmo: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” (Sl 127).
Fortunati siamo noi che possiamo con facilità scoprire la dimensione liberante dell’amore! Non tutte le città hanno un tesoro come noi lo abbiamo. E’ il tesoro di un amore robusto, forte, che non conosce limiti, che non conosce la cultura del nemico, che non vuole vincere a tutti i costi sugli altri. Questo amore sta a fondamento di Terni. Deve diventarne cultura. Allora sarà forte ed efficace. Del resto non c’è alternativa all’amore, se non egoismo e violenza. Questo noi dovremmo vivere e dire a tutte le città che conoscono San Valentino – o che lo conoscono male o per niente. Non possiamo svilire l’amore di Valentino in un sentimentalismo scialbo e vacuo. Dicevo ai fidanzati domenica scorsa che l’amore di San Valentino somiglia più al sale che dà sapore all’intera vita, che al cioccolatino che soddisfa per un momento e poi scompare. E’ doveroso confrontarsi con l’affascinante e assieme grave impegno che la testimonianza di Valentino ci consegna. Se Terni è la città dell’amore, come spiegare che, in appena quattro anni, dal 1968 al 2001, solo le separazioni consensuali sono passate da 162 a 244? E in che senso questa nostra città vive il primato dell’amore se cresce il numero dei giovani che muoiono sulle strade il sabato sera? se aumentano gli anziani che si tolgono la vita? se il numero di aborti cresce indisturbato? Non richiedono questi fatti un profondo esame sui nostri comportamenti? Non dobbiamo operare perché si affermi una cultura dell’amore? Non parlo neppure della moderna tratta delle schiave che vengono scaraventate nelle nostre strade, e dei persistenti pregiudizi verso gli stranieri che coprono di fatto un sostanziale egocentrismo. Non è questa la sede per dilungarmi su tali temi. Ma certo tali atteggiamenti prosperano in un terreno che fa della superficialità la normale condotta di vita e della soddisfazione di sé a qualsiasi costo la legge a cui obbedire. L vocazione che Terni ha scritta nel suo profondo è un’altra, quella dell’amore. Facciamo bene, perciò, a tornare a San Valentino, perché la sua testimonianza può ridare slancio alla città. E abbiamo visto che ogni volta che questo accade Terni riemerge con forza. San Valentino continua a parlarci di un amore alto e forte, come quello di cui abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. E Valentino ha dato la vita per tutti i ternani del suo tempo; non si è risparmiato in nulla, la sua lunga esistenza l’ha spesa per il Signore e per i poveri, per i deboli e per coloro che avevano bisogno, da qui sino a Roma. Egli si rivestì di sentimenti di misericordia, di bontà, di mansuetudine, di umiltà, di pazienza. Valentino, al di sopra di tutto – come scrive l’apostolo – ha messo la carità. Non distingueva tra giudeo o greco, tra circonciso o non circonciso, tra schiavo o libero, tra barbaro o sciita, perché per lui ogni persona era da amare, da aiutare, da abbracciare. Questo tipo di amore lo fece intenerire per quei due giovani, uno pagano e l’altra cristiana, aiutandoli a superare le difficoltà perché potessero sposarsi. Oggi, volgendo il nostro sguardo verso Valentino, scendiamo nel fondo delle nostre radici, ossia in quella parte della pianta che ci accomuna tutti. In queste radici c’è quella unità di fondo che fa di noi, pur nella evidente diversità, un’unica città. Lo scorso anno dicevo che abbiamo una energia comune da vivere con maggiore coscienza. Solo questa energia rende fruttuosa quella indispensabile dialettica che sostanzia la vita sociale, politica e civile della città. Essa ci impedirà di cadere nella frantumazione dei disegni e dei desideri che renderebbe la nostra città luogo di comignoli senza né torri né campanili. Per questo è indispensabile una crescita sia spirituale che culturale da parte di tutti noi. Un nemico insidioso è la superficialità che fa contentare di “panem et circenses”, come dire si diceva ai tempi di Valentino, ossia di odierni “bruscolini e varietà”. Tutti dobbiamo spendere più energie e più fantasia perché si affermi sempre più un cultura dell’amore, della solidarietà, una cultura del bene comune. E’ su questa cultura che potremo edificare il futuro della città. Il Vangelo dell’amore lasciatoci da Valentino è come la linfa che deve scorrere nelle vene di Terni per debellare egoismi, bruciare grettezze e farci sognare una città rinnovata. Cari amici, San Valentino oggi ci fa innamorare ancora una volta di Terni, ci scuote dal sonno dell’egocentrismo, ci libera dal torpore della superficialità e ci fa sognare una Terni nuova e bella, generosa e senza confini, una Terni, assieme umbra e universale. Lasciamoci guidare dal Vangelo, come fece San Valentino, e Terni splenderà come città dell’amore”.