Festa della Trinità
La festa della Trinità, che il calendario liturgico latino celebra dopo la domenica della Pentecoste, apre l’ultimo periodo dell’anno liturgico. E’ un tempo chiamato “ordinario” perché non ha nessuna memoria particolare della vita di Gesù asceso al cielo. Tuttavia, non è un tempo meno significativo del precedente. Potremmo anzi dire che la festa della SS.ma Trinità proietta la sua luce su tutti i giorni che verranno fino alla festa di Cristo re, come a proiettare nel tempo l’abitudine che abbiamo di iniziare ogni nostra azione – e ogni nostra giornata – nel “nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Purtroppo dobbiamo constatare che il mistero della Trinità in genere è ritenuto poco significativo per la nostra vita, per il nostro comportamento. Qualcuno diceva che “sembra che poco importi, sia nella dottrina della fede come nell’etica, che Dio sia Uno e Trino”. Ed è ritenuto un “mistero” semplicemente perché non riusciamo a comprenderlo.
La Santa Liturgia, riproponendo questo grande mistero alla nostra attenzione, viene incontro alla nostra pochezza e alla nostra inveterata distrazione. Ho detto “ri-proporre”, perché questo mistero, in realtà, è presente e accompagna tutta la vita di Gesù, fin dalla sua nascita. Anzi accompagna tutta la storia fin dalla creazione. La Parola di Dio che ci viene annunciata in questa domenica inizia con un passo di straordinaria bellezza, tratto dal libro della Sapienza. Il testo ci presenta Dio che dialoga con la Sapienza, personificata, durante la creazione. La Sapienza esclama: “Quando non esistevano gli abissi, io fui generata…;quando (Dio) ancora non aveva fatto la terra…io era là; quando (Dio) disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con Lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, mi rallegravo davanti a lui in ogni istante; mi ricreavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo” (Pv 8, 22-31).
La tradizione cristiana ha visto nella Sapienza quel “Verbo” che “era nel principio” e per mezzo del quale tutto è stato fatto. Questo sta a dire che già il momento della creazione è radicalmente segnato dal dialogo tra Dio e la Sapienza, tra il Padre e il Figlio. Il Vangelo di Giovanni scrive: “Egli (il Verbo) era in principio presso Dio; tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1,2-3). Le “fondamenta della terra”, ossia il cuore stesso di ogni realtà umana, ha l’impronta di questo singolarissimo rapporto che c’è tra il Padre e il Figlio. Potremmo dire che ogni cosa porta l’impronta della comunione tra il Padre e il Figlio, ossia l’impronta dello Spirito. Nulla è estraneo alla Trinità, perché tutto è stato fatto ad immagine di Dio, tutto è come segnato dallo Spirito Santo. La Lettera ai romani ci parla dell’amore di Dio effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Rm 5,1-5). Ebbene, lo Spirito Santo è l’energia che ci rende tempio di Dio, che ci rende sua casa, sua dimora, suoi familiari. Il Vangelo di Giovanni (16, 12-15) ci riporta alcune delle parole che Gesù disse ai discepoli la sera dell’ultima cena. Quante cose aveva ancora da dire loro, prima di lasciarli! Non solo non aveva più tempo a disposizione; soprattutto i discepoli non erano ancora capaci di comprendere tutto. E Gesù disse loro: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma vi dirà tutto ciò che ha udito e vi annunzierà le cose future”. Lo Spirito trascina i discepoli verso il cuore di Dio, verso il mondo di Dio, verso la vita di Dio, che è comunione di amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Sì, Dio, il Dio cristiano (e dobbiamo domandarci se tanti cristiani credono nel “Dio di Gesù”!), non è un’entità solitaria, magari potente e maestosa. Il Dio di Gesù è una “famiglia” di tre persone che si vogliono così bene da essere una cosa sola.
Ebbene, questa incredibile “famiglia” è entrata nella storia degli uomini per chiamare tutti a farne parte. Il senso della creazione, prima, e della redenzione poi è racchiuso tutto qui: chiamare l’intera creazione a far parte della Trinità, a vivere del suo amore. All’origine al termine di ogni cosa, di ogni uomo, di ogni donna, all’inizio della stessa storia umana c’è questa comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito. L’orizzonte trinitario ci avvolge tutti. La comunione è il nome stesso di Dio ed è all’origine e alla fine della creazione.
Questo orizzonte è la sfida più alta lanciata oggi alla Chiesa, anzi a tutte le Chiese cristiane; vorrei aggiungere a tutte le religioni, a tutti gli uomini. E’ la sfida a vivere nell’amore, a vivere per l’amore, a vivere di amore. Certi che là dove c’è amore, lì c’è Dio. Purtroppo oggi viviamo in un momento difficile per la storia dell’umanità. Quante guerre nel mondo! E quanto dolore! E qual è la causa? La mancanza di amore. Sono troppo pochi gli uomini e le donne che vivono di amore. E se non c’è l’amore c’è la guerra. Se non c’è l’amore gli anziani restano soli. Se non c’è amore tanti continuano a morire di fame. Se non c’è amore tante famiglie si distruggono. Ma il Signore non si è rassegnato ad un mondo senza amore, e ci ha donato il suo Spirito. Lo Spirito è sceso su di noi come quel vento che si abbatté gagliardo sul cenacolo, e ha spazzato via la rassegnazione e la pigrizia, l’amore solo per noi stessi e l’indifferenza, l’odio e la vendetta. E’ sceso il fuoco dell’amore nei nostri cuori. E siamo diventati uomini e donne spirituali. Siamo chiamati ad essere uomini e donne d’amore. E’ questa la nostra missione. E’ questa la vocazione a cui Dio vi ha chiamati.