Famiglia e adolescenti

Convegno ad Assisi su famglia e adolescenti

Questa domenica è chiamata “laetare”, domenica della letizia. La liturgia sembra non resistere alla gioia della Pasqua e vuole farcela già pregustare. E a noi ci offre un dono in più, se così posso dire. Mentre state riflettendo su come la famiglia annuncia la fede ai propri figli adolescenti ci dona la domenica della letizia. Vorrei dire che questa è la domenica dei nostri ragazzi, i quali sono chiamati tutti alla “letizia”, alla gioia, alla felicità. E l’ annuncio delle fede ai figli è tra le gioie più alte che potete e dovete vivere, cari genitori, perché vuol dire offrire loro appunto la via della felicità.
Il Vangelo del “figliol prodigo” ci parla della via della felicità. In verità, questa pagina evangelica, andrebbe chiamata la parabola del “padre misericordioso”. Il suo centro infatti è lo straordinario amore del Padre. Ripercorriamo brevemente il racconto di Luca. Il figlio più giovane un giorno chiede al Padre la sua eredità: “Dammi la parte di eredità che mi spetta”. Il Padre gliela dà e il giovane va via di casa. La sua vita inizialmente è brillante e piena di soddisfazioni; ma poi, come sempre capita, viene colpito dalla violenza della carestia. E quel figlio, che a casa aveva tutto, resta solo. Non sa neppure come vivere. Ed è costretto a fare il guardiano di maiali! La sua vita è spezzata, anzi sprofondata. E non può non ricordare con nostalgia i giorni in cui stava a casa. Questo ricordo ricorrente lo spinge a ritornare a casa. Non è una decisione facile, ma la prende. Lui immagina che il Padre sia arrabbiatissimo e che magari neppure vuole vederlo. Povero figlio, non conosce affatto il cuore del Padre, anche se aveva vissuto con lui tanto tempo. Non basta stare fisicamente accanto, non basta frequentare riti, magari religiosi, quel che conta è il cuore. Ed in effetti, il padre, che ha un cuore grande, lo attende e da sempre. Sì, possiamo immaginarcelo, quel padre anziano, sul terrazzo di casa che guarda lontano, verso l’orizzonte, nella speranza di vedere il figlio tornare. L’evangelista scrive che appena lo vede, quando il figlio “è ancora lontano”, “commosso gli corre incontro, gli si getta al collo e lo bacia”. Non sa ancora perché il figlio stia tornando, né conosce cosa gli dirà, ma non importa. Quel che conta è che sta tornando. Corre, magari a costo anche di cadere, e comunque rischiano anche un po’ di essere ridicolo. Raggiunto il figlio, non gli permette di dire neppure una parola e gli getta le braccia al collo. Il cuore del figlio si scioglie e così pure la sua lingua. Pronuncia poche parole. Ma il padre sembra neppure stia a sentirle e, dopo averlo rivestito con abiti nuovi, con i calzari e con l’anello al dito, ordina di fare immediatamente una grande festa. Ecco la felicità! E’ bella e piena. E’ talmente bella che è persino difficile capirla e quindi gustarla. Quanti di noi, magari, la pensano come il figlio maggiore! Costui, infatti, non la capisce, anzi si inquieta con il Padre e si rifiuta di entrare. Il figlio più giovane volle andar via, questo non vuole entrare. Perché? Perché non ha capito l’amore del Padre, perché anche lui è senza cuore e quindi infelice anche se ha tutto.
Cari genitori la fede che dovete trasmettere ai vostri figli è questa: che c’è un padre con un amore senza limiti, che riabbraccia il figlio che pure lo aveva lasciato ma che pentito è tornato. E’ questa la buona notizia, è questo il Vangelo di cui il mondo ha bisogno: un amore che non bada a se stesso e che gioisce per la salvezza degli altri. Questo Vangelo è salvezza per noi e per il mondo. Sì, in questo tempo in cui prevale sempre più l’amore per se stessi, in cui la legge è pensare a sé, in cui l’attenzione per le proprie cose è persino ossessiva, in cui la cura per i propri interessi è assolutamente prevalente, in questo tempo deve risuonare con forza il Vangelo di un Padre pazzo di amore per i suoi figli a partire da quelli che più hanno bisogno.
Cari genitori, i nostri adolescenti respirano quest’aria triste ed egocentrica che spadroneggia. Il vangelo del mondo è chiaro e universale: “pensa a te”, “bada anzitutto a te stesso e alle tue cose!” Tutto concorre a questo insegnamento. E si afferma che la felicità è appunto preoccuparsi del proprio benessere. Pensava così il figlio minore che disse al Padre: “dammi quel che mi spetta”; ma anche la stessa cosa pensava anche il figlio maggiore che obiettò al Padre: “non mi dai quel che voglio”. Il mondo insegna a noi anzitutto e poi ai nostri ragazzi a comportarsi come il figlio minore prima e il figlio maggiore poi. Ma pensare solo a se stessi, non è che conduce alla felicità. No, porta ad una vita che è spesso triste, perché amare solo se stessi non costruisce, distrugge. E’ l’esperienza del primo figlio. Nella sostanza l’amore solo per noi stessi ci priva della felicità piena; ci porta a contentarci di una vita banale, fredda e senza sogni. Ma i nostri ragazzi hanno bisogno di un mondo diverso da quello in cui siamo immersi. Essi hanno certamente bisogno delle nostre cure, hanno senza dubbio bisogno di tante attenzioni, ma hanno bisogno soprattutto del cuore, di essere amati e di poter amare. Non basta che stiano vicini; anche il figlio maggiore stava in casa, ma era senza cuore, e quindi ugualmente triste. I nostri figli hanno bisogno di quel cuore che il mondo non sa dare, hanno bisogno di quel sogno che gli permette di guardare con speranza il futuro, hanno bisogno di vedere un mondo meno cattivo e meno violento. Ebbene, è il Vangelo che dona il cuore e che fa sognare un mondo nuovo. E’ il Vangelo che rende i nostri ragazzi pieni di gioia e di speranza per il futuro. La buona notizia di cui hanno bisogno è quella dell’amore, di un Padre che ama loro e gli altri fino all’impossibile, che non abbandona mai nessuno, che anzi aspetta tutti anche quando si sono allontanati. Il Vangelo fa capire che la via della felicità non è quella del “dammi quel che mi spetta” – una via che noi genitori percorriamo ben prima e forse anche più frequentemente dei nostri figli – ma quella del ritorno, del ritorno a Dio per essere da lui abbracciati e stretti al suo cuore. Questa è la via della felicità.
Voi, cari genitori, che venerate San Francesco avete un motivo in più per sapere dov’è la perfetta letizia. Da queste mura della Porziuncola San Francesco ancora oggi ci dice che la via della felicità è vivere il Vangelo senza aggiunte. Francesco lo fece egli per primo ed è divenuto uno dei testimoni più chiari del Vangelo. Certo, dovette lasciare tutto, compreso i vestiti che ridiede al padre Bernardone, ma abbracciando il Vangelo trovò la felicità. Vorrei dirvi che tutto è importante nell’educazione dei figli e che a tutto dovete stare attenti; in questi giorni – ne sono certo – avete riflettuto su molte cose. Ma non servirebbe a nulla tutto ciò se anzitutto e soprattutto non deste ai vostri figli il Vangelo. A che serve averli messi al mondo se non conoscono e non amano Gesù? E come conosceranno Gesù se non gli fate leggere il Vangelo, se non glielo fate conoscere, se non glielo fate amare, se non glielo fate gustare? Sì, è nel Vangelo la perfetta letizia! So che i problemi sono tanti e che è forse essere genitori oggi è più difficile di ieri. Non dimenticate peraltro che il padre della parabola vide il figlio allontanarsi, ma non per questo cessò di amarlo; anzi, esagerò nell’amore sino a rischiare una sorta di ingiustizia. Ma l’amore non è mai equilibrato.
Oggi, al termine di questa Santa Liturgia della domenica della “letizia”, vorrei consegnare a ciascuno di voi il Vangelo. Questo piccolo libro aiuti anzitutto voi a ritrovare il cuore, perché se non lo ritrovate rischiate di essere come quel figlio maggiore. Dovete gustare anzitutto voi la gioia dell’abbraccio del Padre per poterla comunicare anche ai vostri figli. Date loro il Vangelo, consegnateglielo con il cuore, ossia con la vostra testimonianza, e apprenderanno la via dell’amore. E’ una via che il mondo non  conosce e che purtroppo ostacola in ogni modo. Se viene seguita toglie terreno alla freddezza, all’odio, alla violenza e anche alle guerre. Solo la via di un amore  come quello del Vangelo porta alla felicità e alla pace.