Paglia e il nodo dei sacramenti: «Dobbiamo curare le ferite, non agire come un tribunale»

«Tempo fa parlavo al Santo Padre della necessità di andare oltre il recinto, in cerca della pecorella smarrita, con l’atteggiamento di Gesù che va a recuperare tutti, anche i divorziati risposati. Francesco mi ha corretto dicendomi: l’esempio non va bene, può essere equivocato, si potrebbe pensare che queste persone stiano fuori dal recinto. E invece no, sono nella Chiesa: non sono scomunicati». L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del pontificio Consiglio per la Famiglia, sorride: «A coloro che criticano in nome dell’intangibilità delle dottrina, rispondo con le parole di Giovanni XXIII: non è il Vangelo che cambia, siamo noi che lo comprendiamo meglio».

Qual è il cuore del testo?

 «L’Esortazione apre profeticamente una prospettiva: la famiglia non riguarda semplicemente la storia degli individui e dei loro desideri di amore, che pure ci sono, ma la storia stessa del mondo. Si potrebbe dire che è la madre di tutti i rapporti. Il testo parla della dimensione di familiarità nel creato, nella storia, nella società. La Chiesa è famiglia, i popoli devono essere famiglia. Un cambio di passo e di stile».

In che senso, eccellenza?

«La vita delle famiglie, per la Chiesa, non deve essere prima di tutto un insieme di questioni morali da risolvere, ma piuttosto la sorgente della vitalità della fede. La Chiesa è madre, non osserva e giudica dal di fuori. Le famiglie non sono i suoi sudditi, sono i figli tra i quali vive, con i quali affronta gli ostacoli e le contraddizioni inevitabili della vita. La concretezza: anche dell’amore, descritto seguendo l’inno alla carità di San Paolo, si parla in chiave tutt’altro che mistica o romantica».

Francesco premette un «cosiddette» quando parla delle coppie che finora si definivano «irregolari»…

«Appunto. Può darsi che sia così in astratto, ma non nella singola situazione concreta. Per dire: una donna è stata abbandonata dal marito, ha dei figli, incontra un uomo con il quale li cresce, magari ne nascono altri, l’unione è stabile da anni… Ma come si fa a chiamare questo solo un adulterio? Stiamo lì a fare il tribunale? La Chiesa non è un pm né un notaio, ma è stata impegnata dal Signore nella protezione dei deboli, nel riscatto dei debiti, nella cura delle ferite di padri, madri, figli…»

Che succederà, ora?

«Io mi auguro che tutti, sacerdoti e semplici fedeli, sappiano accompagnare, aiutare a discernere e integrare: un itinerario di amore che diventa la prima regola. Ogni famiglia ferita ha dietro a sé drammi, dolori, afflizioni. Non è la regola che salva o accompagna, ma l’amore. Un amore che chiama malattia la malattia ma è proteso a guarire».

E l’indissolubilità?

«Il matrimonio è indissolubile, ma il legame della Chiesa con i figli e le figlie di Dio lo è ancora di più: perché è come quello che Cristo ha stabilito con la Chiesa, piena di peccatori che sono stati amati quando ancora lo erano. E non sono abbandonati, neppure quando ci ricascano».

In concreto, che si fa?

«Non c’è la regola che i divorziati possano fare la comunione. Oggettivamente non possono. Però non è detto che soggettivamente sia lo stesso. Non esiste la situazione in astratto, ne esistono milioni. Il vescovo dovrà aiutare i padri spirituali, i confessori, perché esercitino la misericordia del Signore coniugando l’ideale con la gradualità della pedagogia di Dio. Il testo parla di esami di coscienza, itinerari di penitenza, amore per i poveri: il discernimento. In questo itinerario la partecipazione cresce e può diventare piena».

Compresi i sacramenti?

«Sì, la via sacramentale è in questo itinerario perché la legge suprema della Chiesa è condurre tutti alla salvezza».

E chi decide?

«Il confessore in dialogo col fedele… La salvezza non è mai individuale, “un fai da te”, si tratta di ritessere un tessuto comunitario del quale i sacramenti sono insieme segno e strumento. Il vescovo garantisce questo itinerario: è importante che in ogni chiesa locale si affinino i criteri di discernimento già indicati nel testo».

(dal Corriere della sera)