«Così il Pontefice propone ai giovani un ideale alto»

«Il Papa usa l’inno alla carità di San Paolo che tutto spera ma anche tutto sopporta: non parla più dell’amore romantico ma dell’amore che costruisce». Così mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, commenta l’esortazione «Amoris laetitia».

 Eccellenza, il Papa invita a una «certa autocritica».

«Credo che il Papa colga in modo acuto la responsabilità anche della pastorale ecclesiale nel fatto della poca attrazione con cui viene proposto il matrimonio ai giovani. Dobbiamo fare un esame di coscienza: se i giovani spesso preferiscono la convivenza, è anche perché offriamo una presentazione indebolita della vocazione al matrimonio e alla famiglia. Il Papa chiede di alzare l’asticella. Chiede audacia. Serve un ideale alto. La famiglia non è nata per se stessi, per abbellire in modo cattolico il detto due cuori e una capanna, ma per una vocazione di trasformazione del mondo in prospettiva non egocentrica».

Francesco dice che «più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni».

«La tentazione, nell’interpretare il testo pontificio, è di fermarsi a situazioni particolari, mentre il Papa vuol far comprendere che le famiglie nella stragrande maggioranza dei casi sono quelle che tengono letteralmente in vita la Chiesa e la società. Spesso però sono dimenticate, abbandonate, talvolta bastonate. Dobbiamo rimboccarci tutti le maniche per sostenere le famiglie, rimettendole al centro dell’attenzione pastorale ma anche politica ed economica. Si è speso tanto tempo a dibattere delle unioni tra persone dello stesso sesso ma non si affronta allo stesso modo la questione degli anziani o il dramma dei giovani senza lavoro».

 Il tema divorziati è comunque tra i più dibattuti.

«Non stiamo parlando di una categoria di persone ma di milioni di situazioni ognuna con le sue sofferenze e speranze. Il Papa sa bene che non basta una norma canonica per risolvere problemi di relazioni tra persone, che hanno bisogno di una tessitura attenta, lunga e delicata. Non servirebbe a nulla permettere un accesso all’Eucarestia senza una reale partecipazione al risanamento di ciò che va ricostruito. Il Papa non dà regole ma chiede la responsabilità di accompagnare, discernere e integrare. La Chiesa non è un notaio, è Madre che cura le ferite. C’è bisogno di ascoltare, di parlare, di far capire gli errori, di indicare prospettive».

 Ma non c’è il rischio di un «fai da te»?

«Il Papa dice chiaramente no al fai da te indiscriminato, come pure alla logica del “tutto è bloccato”. È indispensabile formare le coscienze alla luce della dottrina con l’aiuto di un padre spirituale: non può esserci un fast food eucaristico né un fai da te sul perdono».

An. Ac.

(da Il Tempo)