Epifania del Signore ad Amelia

Epifania del Signore ad Amelia

EPIFANIA DEL SIGNORE

 


“Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio”(Is 60,4). Queste parole del profeta, che aprono questa prima Epifania del 2001, potremmo applicarle a tutti coloro che nell’anno giubilare si sono fatti pellegrini non solo a Roma, ma ovunque nel mondo. Sì, in tanti ci siamo fatti pellegrini verso il Signore. Epifania, come voi sapete, vuol dire manifestazione: ebbene il Signore si è manifestato a noi e a tanti altri. E si è manifestato al mondo all’inizio di questo secolo perché possa camminare alla sua luce.


Oggi, questa liturgia ad Amelia inizia la chiusura del Giubileo; oggi pomeriggio ci troveremo a Narni e domani, con tutta la diocesi, ci diamo appuntamento nel duomo di Terni. Questa triplice tappa, se per un verso dice la chiusura dell’anno cronologico del Giubileo, per l’altro sta a dire che non si chiude però l’ “anno di grazia” che Gesù ha inaugurato con la sua nascita. Da quell’anno, infatti, sino ad oggi, la predicazione del Vangelo ha continuato a raccogliere uomini e donne attorno al Signore. I pastori furono i primi a parlare di Gesù, a parlare di quel bambino, a coloro che incontravano. E poi vennero i magi. Anch’essi parlarono di quel bambino, persino ad Erode e a tutta Gerusalemme. Ebbene, gli anni sono santi ogni volta che risuona il Vangelo. Sono passati duemila anni da quella nascita. Certo, noi dobbiamo chiederci: cosa ne abbiamo fatto del Vangelo? Come lo abbiamo annunciato? E quanto è stato vissuto?


Il Vangelo è la vera stella che guida il cammino degli uomini. E ogni volta che l’abbiamo dimenticato siamo rimasti al buio. Questa santa liturgia dell’Epifania viene a mostrarci, ancora una volta, la stella del nostro cammino. Una stella che vuole essere luce per tutti. Non è la piccola luce di una stanza: è una stella che sta in cielo. C’è come un’ansia di universalità e assieme di urgenza che percorre questa festa. E’ l’ansia che i popoli e le nazioni della terra non debbano aspettare ancora troppo tempo per incontrare Gesù. Potremmo dire che Egli è appena nato, non sa ancora parlare, eppure tutti i popoli possono già incontrarlo, vederlo e accoglierlo, come fecero i magi. Vorrei dire, che il Signore ci dona i prossimi anni, il prossimo secolo perché possiamo annunciare il Vangelo a tutti, anche a coloro che ancora non lo conoscono, perché sia la luce che illumina il cammino. Care sorelle e cari fratelli, quel piccolo libro che vi è stato consegnato è davvero la stella, una delle quattro stelle che compongono il Vangelo. Oggi possiamo dire, assieme ai magi: “Abbiamo visto sorgere la sua stella”. Abbiamo cioè aperto il Vangelo.


L’abbiamo vista sorgere, ma non dobbiamo perderla di vista. E se ci sono difficoltà è necessario chiedere. Lo fecero anche i magi. Ad un certo punto essi persero la stella, ma subito chiesero spiegazioni, andando persino da Erode. E lì trovarono alcuni saggi che lessero loro le Scritture. Le ascoltarono, rividero la stella, “e provarono una grandissima gioia”, nota l’evangelista. Sì, leggiamo il Vangelo e troveremo sollievo nel sentirci guidati e non abbandonati a noi stessi e al nostro destino. I magi oggi ci esortano a riscoprire la gioia di dipendere dalla stella, di dipendere dal Vangelo, come sta scritto: “La Tua parola è luce sul mio cammino” (Sl 119).


Il Vangelo ci conduce verso Gesù. Senza leggere, senza seguire questa stella non è possibile incontrare quel bambino. I magi la seguirono e “videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”. Noi oggi, assieme ai magi, ci prostriamo davanti a quel bambino per dirgli tutto il nostro amore. E di qui vogliamo ripartire per questo nuovo anno. Al termine della liturgia sarà letta la mia lettera sugli impegni che tutti assieme prendiamo a partire da questo momento. Il Giubileo ci consegna al prossimo secolo facendoci passare per la porta santa. Scrive Matteo che, per un’altra strada, i magi fecero ritorno al loro paese. Non possiamo percorrere la stessa strada di sempre. C’è bisogno di maggior amore, di maggiore amicizia, di maggiore impegno per portare Gesù nel nuovo secolo. I magi sono accanto a noi, forse un poco più avanti, per aiutarci ad alzare lo sguardo da noi stessi e a dirigerlo verso il Vangelo, verso la stella che ci porta a scoprire quel bambino. Essi sono accanto a noi per guidarci verso le tante mangiatoie di questo mondo ove giacciono i piccoli e i deboli. Essi sono accanto a noi per farci gustare la gioia di coloro che difendono e amano i poveri. Beati noi, se con i pastori e con i magi, ci facciamo pellegrini verso quel bambino e con affetto ci prendiamo cura di lui. In verità, sarà lui a prendersi cura di noi.