Epifania 2002

Epifania 2002

Care sorelle cari fratelli,


con la memoria dell’epifania del Signore che, in certo modo, apre l’anno 2002 iniziamo le celebrazioni domenicali di “preghiera per la nostra città” e per l’intera nostra diocesi. Nel Te Deum del 31 dicembre, sottolineando il bisogno di preghiera per la nostra città, ho proposto che la Messa delle ore 12 della domenica fosse celebrata, appunto, per Terni e per tutti coloro che la abitano, analogamente a quanto ogni parroco deve fare celebrando ogni domenica la “messa per il popolo”. Noi vogliamo essere una comunità che prega il Signore per la propria città, perché essa sia liberata da ogni angoscia e da ogni tristezza e perché tutti, anziani, giovani, bambini, poveri, stranieri, malati, uomini, donne, tutti possano guardare il futuro con maggiore speranza. La celebrazione per la città non poteva forse trovare festa più opportuna per muovere il suo primo passo dell’Epifania. Questa memoria significa la manifestazione di Dio al mondo, e quindi anche “la manifestazione di Dio a Terni”. Se a Natale sono stati i pastori ad accorrere attorno a Gesù, oggi il Vangelo ci presenta l’incontro di Gesù con i “Magi”. Questi erano uomini sapienti, intellettuali, forse anche religiosi, i quali scrutavano il cielo della vicina Mesopotamia per scorgervi i segni di un tempo nuovo. Non facevano parte del popolo eletto; erano estranei al mondo ebraico. E per questo la tradizione della Chiesa vede simboleggiati in essi tutti i popoli della terra. L’Epifania è quindi la prima manifestazione dell’amore di Dio a tutti i popoli. C’è un senso forte di universalità in questa festa; c’è come una tensione spirituale a non lasciar fuori nessuno dall’abbraccio del Signore. Il profeta Isaia lo aveva intuito quando scriveva: “Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano…”, appunto, proprio come quei magi che venivano dalla lontana Mesopotamia. Come, da parte nostra, non sognare che tutta Terni accorra al Signore? Come non pregare perché tutti si lascino abbracciare da Dio? Cosa ha mosso questi tre personaggi verso Gesù? Certo, essi vedono una stella. Ma non la vedono per caso. Essi scrutavano il cielo: erano cioè uomini non ripiegati su loro stessi, non appagati della piccola vita che conducevano, e neppure ritenevano che la salvezza e la felicità potessero venire dal regno assiro-babilonese. Essi guardavano oltre l’immediato, non si contentavano di soddisfare le loro voglie e i loro capricci. Sentivano prepotente il bisogno di andare oltre, di guardare oltre, di desiderare qualcosa di più grande per tutti. Per questo alzarono gli occhi verso il cielo. E sembrano suggerire anche a noi: “Alzate lo sguardo da voi stessi e cercate di vedere oltre; riconoscete che la salvezza e la felicità non vengono da voi stessi e dai vostri sforzi”. Essi alzarono gli occhi e videro spuntare una stella. La seguirono anche se non sempre era tutto chiaro. Avevano intuito però che era l’unica luce davvero amica. Non smisero di cercare. Dovunque andavano, chiedevano: “Dove è il re dei giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”. Quando si cerca il Signore non ci si ferma: la ricerca di Dio muove il cuore, muove i pensieri, muove i passi. Se constatiamo di essere sempre allo stesso punto è perché la ricerca del Signore resta sepolta dalle tante, troppe, preoccupazioni egocentriche. E il mondo che ci circonda non ci aiuta a ricercare Dio, semmai cerca di affossare l’urgenza della domanda: “Dov’é il re dei giudei che è nato?” Se solo un poco avvertissimo l’urgenza di questa domanda non resteremmo tranquilli. Se solo un poco Terni avvertisse il bisogno di Dio, se solo un poco le donne e gli uomini di Terni cercassero davvero un nuovo futuro, la città non sarebbe così com’è oggi. E’, infatti, quest’ansia di Dio che distingue i Magi da Erode e Gerusalemme. Scrive Matteo che quando i Magi posero la domanda su Gesù: “Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme”. L’uno, Erode, aveva paura di perdere la poltrona, gli altri, gli abitanti di Gerusalemme, temevano di perdere la tranquillità del proprio vivere, che peraltro era piuttosto triste. Ma lo sappiamo bene anche noi: non di rado preferiamo rassegnarci ad una vita scialba piuttosto che rompere la tranquillità. Tutta la città si rattristò. I Magi, invece, gioirono nel rivedere la stella. Sì, il Signore viene incontro a chi lo cerca. E c’é un sollievo, c’è una pace nel vedere la luce, c’è una pace nel sentirsi guidati. Mentre tutto attorno ci spinge a fare da noi stessi, a pensare a noi stessi e ad essere indipendenti, il Vangelo ci dice che c’è una grande felicità nel dipendere dalla stella. E la stella, sì, è la Parola di Dio. Scrive il Salmo 119: “La tua Parola è luce sul mio cammino”. Il Vangelo, come la stella per i magi, ci conduce verso l’incontro con quel bambino. Non è possibile incontrare il Signore senza questa stella, senza vederla, senza leggerla, senza seguirla. A volte è faticoso starle dietro, talora magari non la vediamo con chiarezza, ma appena la si scorge di nuovo procura una grande gioia. La Parola di Dio è una parola vicina che accompagna; è una parola vera che conforta; è una parola amica che sostiene e che conduce a scoprire quel bambino, Parola fattasi carne. Questa Parola ci tocca il cuore e ci fa partire verso una terra buona, verso il luogo ove troveremo e riconosceremo l’amico della nostra vita, il salvatore delle anime nostre. I tre magi, appena giunti davanti al bambino, si inginocchiarono. Era forse la prima volta che lo facevano, e resta un gesto che può apparire strano: dei sapienti che si inginocchiano davanti a un bambino! Ma, forse, strano è il nostro mondo che non capisce; mentre quei tre avevano capito che erano più piccoli di quel bambino, o meglio, che quel bambino era Dio che si era fatto piccolo per star loro vicino. Lo accolsero nel cuore, gli donarono ciò che avevano di più prezioso. E poi vollero ad ogni costo difenderlo. Saputo delle intenzioni cattive di Erode, fecero ritorno per un’altra strada. Ancora oggi, care sorelle e cari fratelli, c’è bisogno di difendere il bambino Gesù, c’è bisogno di difendere i piccoli e i deboli, i poveri e i malati, dai tanti Erode che non amano la vita. Sì, dobbiamo cambiare strada, prendere cioè non la strada dell’egoismo di sempre, ma quella del Vangelo che continua ad indicare ai magi la via dell’amicizia, la via della vita. E’ questo il primo grande servizio che noi possiamo rendere anche alla nostra città: mostrare ad essa quel bambino che ci è stato donato.