Ebrei e cristiani, Decalogo patrimonio che ci unisce

Ebrei e cristiani, Decalogo patrimonio che ci unisce

Da alcuni anni il dialogo ebraico-cristiano in Italia corre sulla linea della comune riflessione del De­calogo. Lo indicò qualche anno fa lo stesso papa Benedetto XVI nel discorso tenuto nella sinagoga di Co­lonia. In quella occasione disse: «Incoraggio un dialogo sin­cero e fiducioso tra ebrei e cristiani: solo così sarà possi­bile giungere ad un’interpretazione condivisa di questio­ni storiche ancora discusse e, soprattutto, fare passi avanti nella valutazione, dal punto di vista teologico, del rap­porto tra ebraismo e cristianesimo». Benedetto XVI sottolineava che tale dialogo, ovviamente, non deve passare sotto silenzio le differenze esistenti e neppure minimizzarle: «Anche nelle cose che, a causa del­la nostra intima convinzione di fede, ci distinguono gli u­ni dagli altri, anzi proprio in esse, dobbiamo rispettarci e amarci a vicenda». Ma indicava poi una pista per il futu­ro del dialogo ebraico-cristiano proprio nel versante del­la riflessione teologico-spirituale: «Il nostro ricco patri­monio comune – continuava il Papa – e il nostro rappor­to fraterno ispirato a crescente fiducia ci obbligano a da­re insieme una testimonianza ancora più concorde, col­laborando sul piano pratico per la difesa e la promozione dei diritti dell’uomo e della sacralità della vita umana, per i valori della famiglia, per la giustizia sociale e per la pace nel mondo. Il Decalogo (cfr
 Es 20; Dt 5) è per noi patri­monio e impegno comune» (19 agosto 2005). Più tardi, durante l’incontro personale con il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, Benedet­to XVI precisava il suo pen­siero aggiungendo che: «In Cristo noi partecipiamo del­la vostra stessa eredità dei Pa­dri, per servire l’Onnipoten­te ‘sotto uno stesso giogo’ ( Sofonia 3, 9), innestati sul­l’unico
 tronco santo (cfr. Isaia
  6, 13; Romani 11, 16) del Po­polo di Dio. Ciò rende noi cri­stiani consapevoli che, insie­me con voi, abbiamo la re­sponsabilità di cooperare al bene di tutti i popoli, nella giustizia e nella pace, nella ve­rità e nella libertà, nella san­tità e nell’amore» (16 gennaio 2006).



  Un aspetto nel quale emerge la singolarità del rapporto I­sraele- Chiesa è quello del pe­culiare percorso salvifico ebraico, per cui «rispetto all’E­braismo non può esserci missione istituzionalizzata» da parte cristiana. Infatti il «no» ebraico a Gesù come Mes­sia- Cristo vuole essere un «sì» fedele a Dio, e assolve alla funzione di mantenere i cristiani tesi verso l’orizzonte e­scatologico. Le due comunità – quella del ‘Primo Testa­mento’ e quella dell’Alleanza ‘rinnovata’ – sono acco­munate da una tensione messianica. Il fine benedetto cui, come ebrei e come cristiani, possiamo collaborare, è «che Dio sia tutto in tutti» ( 1 Corinti 15, 28), una sola famiglia di cui Dio è «Padre nostro»- Avinu, per adempiere le pro­messe fatte ad Abramo: «Saranno benedette per la tua di­scendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai ob­bedito alla mia voce» ( G enesi 22, 18). Il fine misterioso e supremo, quando tutti i pagani saranno entrati nel po­polo di Dio, coinciderà con la salvezza di tutto Israele, se­condo la visione di Isaia accolta e commentata da San Paolo ( Romani 8-11).



  La ricca spiritualità ebraica e cristiana trova espressione nelle preghiere delle rispettive tradizioni, in particolare per quanto riguarda la tensione verso la pienezza della redenzione. Alcune preghiere sono comuni, come quelle fondamentali dei Salmi o il triplice santo ( Qadosh, Qado­sh, Qadosh Adonay Zevaoth… / Santo Santo Santo il Signore Dio dell’universo…), in quanto l’elezione amorosa di Dio verso Israele e quella del Padre in Cristo per la Chiesa mi­rano entrambe alla formazione di un popolo santo che è  Malkhut kohanim, am segullà, goy qadosh (Regno di sa­cerdoti, popolo peculiare, nazione santa). Altre preghie­re sono specifiche ma con profonde analogie, come il Ma­rana tha dell’Apocalisse o l’inno David melekh Israel e­braico, il Kaddish, le molte preghiere ebraiche per la li­turgia, specialmente a Shavuòt, e tutte potrebbero costi­tuire oggetto di dialogo spirituale intenso e continuo con reciproco arricchimento. Il prossimo 17 gennaio medite­remo assieme sul Sabato e sul Comandamento di santi­ficare le feste, un tema che tocca la vita dei credenti come quella dell’intera società umana perché riscopra nel pri­mato di Dio anche la salvezza dell’umanità.  


 


(da Avvenire del 23 settembre 2009)