Doha, Conferenza cure palliative. Mons.Paglia: reagire a cultura dello scarto
Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Con la firma di una Joint Declaration on End of Life and Palliative Care, da parte della World Innovation Summit for Health (WISH) in Qatar e dalla Pontificia Accademia per la Vita, e con il saluto di mons. Vincenzo Paglia, presidente dell’Accademia Vaticana, si è aperta a Doha la due giorni di lavori organizzata con la Georgetown University (Washington e Doha) e con il Programma Wish della Qatar Foundation. Al centro: le cure palliative e il fine vita nella prospettiva islamo – cristiana.
Cure palliative come diritto
Le cure palliative “rappresentano un diritto umano”; reagiscono alla “cultura dello scarto” che vuole rendere normale l’eutanasia e il disinteresse verso gli altri. Così nel suo saluto mons. Paglia che ha ripercorso storicamente l’iter del movimento delle cure palliative dalla metà del secolo scorso e ne ha ribadito l’importanza come tema “dentro e fuori dalla medicina”, specie nel tempo di oggi “in cui si tocca con mano l’emarginazione, la discriminazione, l’eliminazione degli esseri umani più fragili come coloro che soffrono di una malattia grave, invalidante o inguaribile”. Reagire dunque alla “cultura dello scarto” promuovendo una “cultura delle cure palliative”. Nel realizzare ciò – ha detto mons. Paglia – “ritengo urgente intensificare la riflessione per affrontare in maniera più robusta le grandi questioni antropologiche e le enormi sfide etiche che abbiamo di fronte rispetto alle questioni che riguardano la fine della vita. Per questa ragione, i lavori in questi due giorni saranno indirizzati ad esplorare il contributo offerto dalle cure palliative in relazione ai bisogni della persona che scaturiscono dalle dinamiche dello spirito umano.”
Il contributo unico delle religioni
Affrontando poi il tema del contributo delle religioni “nel dare impulso concreto a questa forma di accompagnamento della persona malata o morente”, mons. Paglia ha evidenziato “la capacità delle religioni stesse di raggiungere le periferie dell’umanità”, ma anche l’essenza stessa delle religioni definite tra le “forze vere delle cure palliative”. “Il riconoscimento della costitutiva apertura alla trascendenza della persona”, ha spiegato, “consente di affermare che nella vita umana, anche quando è fragile e apparentemente sconfitta dalla malattia, vi è una preziosità intangibile.” “Le cure palliative – ha detto ancora mons. Paglia – incarnano una visione dell’uomo di cui le grandi tradizioni religiose sono custodi e promotrici: è questo il contributo più profondo e incisivo che ne possono ricevere, in termini di motivazione e di ispirazione” e “rappresentano oggi per tutti noi una proposta concreta che si inserisce in un contesto di povertà di amore per l’essere umano e di crisi dei legami sociali che da un generico disimpegno sta giungendo a una vera e propria disintegrazione sociale che coinvolge tutte le forme comunitarie a partire dalla famiglia”.
Una nuova fraternità ai tempi di oggi
“Reinventare una nuova fraternità è la sfida antropologica e sociale dei nostri giorni e il mandato specifico che Papa Francesco ha consegnato alla Pontificia Accademia per la Vita in occasione del venticinquesimo anniversario della sua istituzione. Anche su questo – ha detto mons. Paglia nel suo intervento a Doha – le religioni hanno una parola specialissima da dire. Il compito di ‘custodire’ l’altro e il creato è ben diverso dall’atteggiamento prevaricatore, predatorio, distruttivo così spesso attuati dall’uomo (non solo verso la natura e la terra, ma anche verso il fratello, specie quando è percepito come un intralcio o non più utile per i propri scopi). La comunità delle cure palliative testimonia un nuovo modo di convivere che mette al centro la persona e il suo bene a cui non solo l’individuo, ma l’intera comunità, nella reciprocità, tende. In questa comunità il bene di ciascuno è perseguito come bene per tutti. Le cure palliative rappresentano un diritto umano e vari programmi internazionali si stanno adoperando per attuare ciò; ma il vero diritto umano è continuare ad essere riconosciuti e accolti come membra della società, come parte di una comunità”.