Cristiani e musulmani

Intervista su Cristiani e musulmani


di Emanuele Lombardini

Oltre quattromila stranieri regolari a Terni, di cui la metà sono musulmani. Questo dato la preoccupa?


“Più che preoccuparmi mi sento coinvolto nella responsabilità dell’accoglienza e della testimonianza della nostra fede davanti a tanti cittadini che provengono da una fede e da culture diverse dalla nostra. Quanto ai numeri penso che nel prossimo decennio le persone immigrate provenienti da paesi a maggioranza musulmani potranno anche aumentare. Ci saranno delle conversioni all’Islam e, ovviamente, qualcuno sarà attratto dal cristianesimo. Ma il problema che vedo più urgente è conoscere chi è diverso da noi, per poter mettere le basi di una pacifica e cordiale convivenza. E’ ovvio che si richiede un rispetto reciproco all’interno del comune quadro legislativo.
Per quanto riguarda l’aspetto religioso, sono convinto che una fede cristiana salda non abbia niente da temere dall’incontro con chi professa un’altra fede”.


Dai colloqui che ho effettuato con esponenti della religione islamica qui a Terni emerge che la città ha paura ad affittare case e  garage ai musulmani, soprattutto quando si parla di utilizzarle come luoghi di culto. Perché, a suo parere?


“Innanzi tutto bisogna pensare che viviamo in un paese dove la grande maggioranza dei cittadini è cattolica, abbiamo sempre avuto abbondanza di luoghi di culto e certamente sentirsi domandare di poter compiere una preghiera in un garage può quanto meno disorientare: è comprensibile. Se si aggiunge l’odiosa semplificazione musulmano-terrorista, ancora piuttosto comune, si capisce che la diffidenza e la paura siano sentimenti prevalenti. Quello che mi sento di suggerire è di non fidarsi né di semplici preconcetti né di un facile  atteggiamento di superficiale disponibilità. La strada dell’incontro, dello scambio di opinioni e, soprattutto, dell’amicizia saranno senz’altro il cammino che permetterà di instaurare rapporti di reciproco rispetto e, magari, di praticare quell’accoglienza solidale che rimane comunque segno indiscutibile di testimonianza cristiana”.


La Diocesi organizza giornate ecumeniche di confronto con le altre confessioni cristiane. Ci sono in programma iniziative similari anche con la popolazione musulmana? Ci sono state occasioni di contatto in merito?


“Stiamo rafforzando la Commissione Diocesana per l’Ecumenismo e il Dialogo. Uno dei motivi che mi spinge a lavorare di più su questo fronte è proprio la novità della presenza musulmana a Terni e nella Provincia. Sarei contento se attraverso membri della Commissione si riuscisse ad individuare rappresentanti del mondo islamico ternano con i quali iniziare un rapporto di amicizia e di dialogo, su temi cari alle due tradizioni religiose. Ho detto amicizia perché credo più al dialogo e all’ecumenismo fatto di rapporti personali e amichevoli, più che a quello fatto di documenti e di riunioni”.


La Consulta degli immigrati, la Mensa dei Poveri, dove c’è un’alta frequentazione di extracomunitari, le strutture come “La casa dei colori”, che lavorano con i bambini immigrati e dove c’è stata una forte crescita della presenza di religione musulmana. Di fronte a questa crescita della presenza musulmana sul territorio, come si pone la Chiesa ternana, quale strada sceglie di percorrere?


“La Chiesa ternana sceglie l’unica strada possibile per i cristiani, per i discepoli del Cristo: la strada dell’amore e dell’accoglienza, la strada dell’incontro, della conoscenza e del rispetto. Questa è la strada attraverso cui testimoniare la nostra fede e annunciare il Vangelo. E’ chiaro che lungo questa strada ci troveremo e ci incontreremo soprattutto con coloro che, pur appartenendo ad un’altra fede, vorranno condividere lo stesso cammino di confronto e di ricerca di una possibile convivenza e di quella pace a cui ogni uomo aspira. Oggi i pericoli di guerra, anche in nome di principi religiosi, sono troppo evidenti: non possiamo lasciare di costruire insieme le basi di una  vita comune che conduca ad una pace mondiale duratura e stabile”.


Gli ebrei dicevano: Evenu Shalom, noi diciamo Sia pace a te, gli islamici Salaam Aleykum: tre modi diversi per dire lo stesso concetto. Allora perché si punta sempre l’indice sulle divisioni invece che sui punti di contatto?


“Le tre religioni monoteiste credono nello stesso  unico Dio di amore. Con ebrei e musulmani abbiamo radici comuni: gli stessi padri – Abramo, Mosé e i profeti – e Gesù Cristo riveste, anche se a titolo diverso, una grande importanza per tutte e tre le religioni. Poi, purtroppo, la storia è fatta dagli uomini, e gli uomini sono fatti di egoismo, intolleranza, paura, ignoranza. Ma se il valore della Pace può essere condiviso da qualsiasi uomo di buona volontà, sia esso religioso o ateo, tanto più appartiene alle religioni monoteiste. Non c’è niente di più facile che litigare con il proprio fratello o con chi ci è più vicino, quindi non devono stupirci secoli di lotte e intolleranze. Ma ora davvero è tempo di guardare a ciò che ci unisce”


Alcuni musulmani dicono: “Va bene l’integrazione, purché non sfoci in assimilazione”. E’ d’accordo con questo concetto? Dov’è  a suo giudizio il confine fra le due posizioni?


“In effetti assimilazione è una brutta parola: a nessuno, suppongo, piacerebbe finire assimilato. Il termine, poi, ricorda oltretutto tempi di tristi vicende coloniali… Una sana integrazione si realizza se, nel rispetto e nel riconoscimento anche giuridico delle differenze, le minoranze si sentono protette e garantite. Noi abbiamo il privilegio di vivere in una democrazia, in un paese cioè dove certe libertà e certi diritti sono riconosciuti e ben tutelati da una Carta Fondamentale rigidamente protetta. Qualsiasi minoranza è chiamata a godere, a usufruire di questo privilegio così come è chiamata a rispettarlo e a onorarlo come una conquista e un tesoro di cui essere orgogliosi”.

* realizzata per una tesi di laurea sulla presenza islamica a Terni