Consegna della Lettera pastorale

Consegna della Lettera pastorale

Carissimi sacerdoti e diaconi,


care religiose,


care sorelle e cari fratelli tutti,


 


con questa santa liturgia portiamo come al culmine questi due giorni che sono tra i momenti qualificanti dell’intera vita della nostra Chiesa. Questa assemblea è un momento particolarmente importante per i prossimi anni. Ci è chiesto, pertanto, un’attenzione del tutto speciale. Questa assemblea, che già di per sé segna la vita della diocesi, per il tempo che stiamo vivendo, acquista un valore determinante. Su di noi, in certo modo, pesa l’ansia del mondo. Sarebbe davvero disastroso se ci chiudessimo nei nostri piccoli orizzonti ecclesiastici, diocesani, parrocchiali o di provincia. Davanti a noi, o meglio, dentro di noi, c’è il mondo intero segnato da un profondo senso di fragilità e di paura, di angoscia e di insicurezza. Se non contrastiamo questa attitudine lasceremo crescere la diffidenza e l’ostilità, la vendetta e l’inimicizia, l’odio e la guerra.


Potremmo dire che questa nostra assemblea cresce di responsabilità, a motivo del tempo che stiamo vivendo. Ieri abbiamo sentito le parole di Gesù a Pietro e ai discepoli: “Duc in altum! Prendete il largo!” Ebbene, sento queste parole risuonare qui, nella nostra cattedrale, in tutta la loro forza. Gesù le ripete ai piccoli e ai grandi, agli uomini e alle donne, ai giovani e agli adulti: “Prendete il largo!” Potremmo dire che questa Santa Liturgia mentre avvia il nuovo cammino diocesano, offre anche l’energia per affrontarlo. Abbiamo ripetuto che l’Eucarestia salva il mondo. Lo salva perché è l’opposto dell’egoismo e dell’odio, l’opposto del terrorismo e della guerra. L’Eucarestia, infatti, è amore, è gratuità, è fraternità, è riconciliazione, è pace, è felicità. Pensate, gli antichi padri dicevano: “passate la domenica nella gioia a causa di colui che è risuscitato”. E chiamavano questo giorno: “dies festivissimus”. Qualcuno giunse a dire: “commette peccato chi si rattrista nel giorno del Signore”. Come non dire, e con forza, oggi, che l’Eucarestia salva il mondo dalla tristezza e dall’odio?


L’Eucarestia diviene il nostro sogno, il sogno di Dio sul mondo. Ebbene questa Lettera Pastorale che oggi consegno personalmente ad ogni singola parrocchia vuole delineare questo sogno di Dio, vuole descriverne i tratti, perché ciascuna parrocchia, ciascuno di noi, abbia come tracciate le linee per realizzarlo. Tutti dobbiamo meditarla e applicarla. La Lettera è diretta a coloro che operano attivamente nella vita delle nostre comunità, penso ai membri dei consigli pastorali e dei vari gruppi, ai membri delle diverse associazioni e movimenti. Insomma, tutti coloro che prestano la loro opera e offrono un po’ del loro tempo per la vita della comunità cristiana sono invitati a usarla come prezioso strumento di lavoro. Nei mesi prossimi verrà presentata più dettagliatamente nei consigli pastorali delle parrocchie. E credo che nel tempo di Natale, un estratto di questa Lettera, potrà essere consegnato singolarmente a tutte le persone che partecipano alla Messa domenicale perché siano aiutate a comprendere il prezioso valore della Messa per la loro vita. Ma di questo avremo modo di parlarne.


Ma lasciate ora che vi apra un poco il mio cuore a proposito di questa Lettera che sto per affidare alle vostre mani. Mi sento un po’ come quella povera vedova del Vangelo. E’ forse una interpretazione inusitata, ma la sento vera. Sì, mi sento come quella donna che non cessa di insistere, di rincorrere quel giudice ovunque vada, di bussare a casa sua e in ufficio, per strada e in piazza, pur di esporgli il suo problema. Ecco, mi sento insistente presso di voi, magari anche ostinato, invadente o importuno, per proporre alla vostra attenzione, al vostro cuore queste parole che ho scritto sulla Messa domenicale. Il Vangelo nota che quella vedova non andò dal giudice solo una volta, ma più volte; e con tenacia gli si avvicinava pretendendo di essere ascoltata, finché quel giudice non si decise a prendere in esame il suo caso.


Ebbene, sento mia la pretesa di quella vedova. Questa Lettera chiede di essere letta e ascoltata perché l’ho scritta con amore. Non è stata una esercitazione letteraria, seppur bella. Perché, oggettivamente, la Lettera è bella. E’ una grande meditazione sulla Messa della Domenica, fatta assieme a voi e per voi. Tutti eravate presenti davanti agli occhi del mio cuore mentre la scrivevo. Direi, anzi, che non solo voi, e neppure quelli che normalmente vengono a Messa ogni domenica, erano davanti a me, ma anche coloro che non vengono mai, anche quell’ultima persona che a noi pare la più distante; anche lei, era presente. Se così posso dire, soprattutto lei; perché, se mai gli capitasse di entrare in qualche chiesa durante la Messa, magari per un funerale o per un’altra celebrazione, fosse come attratta, rapita dalla bellezza e dalla intensità della preghiera. Anche la liturgia può essere come quelle spalle del buon pastore che raccolgono la pecora smarrita e la portano verso la salvezza.


Ricevete dunque questa Lettera con amore, perché l’ho scritta con amore. E come ogni lettera d’amore, non esprime solo i sentimenti di chi la scrive, ma contiene anche la vita di colui al quale è diretta. Sì, posso dire che mentre la scrivevo ho avuto presenti le tante liturgie domenicali della Diocesi alle quali ho partecipato, come pure ho pensato a tutte le vostre osservazioni. Certo, le pagine evangeliche e bibliche sono come la trama che traversa l’intera Lettera. Ma ho voluto raccogliere anche i suggerimenti che vengono dalla grande tradizione spirituale della Chiesa, sia quella d’Oriente che quella d’Occidente. La sapienza della Chiesa ha esplicitato la ricchezza evangelica traducendola in parole e in riti che ancora oggi commuovono coloro che si lasciano coinvolgere con il cuore. Questo testo, perciò, chiede di essere meditato e messo in pratica. Non è un elenco freddo di rubriche, anche ci sono non poche indicazioni concrete che vanno osservate, è piuttosto una meditazione sulla Liturgia. Si tratta di aiutare le nostre Liturgie ad essere il momento dell’incontro con Gesù risorto. Come dire? Forse così: questa Lettera è il manuale per vivere Emmaus. Non dobbiamo dimenticare che la Liturgia Eucaristica domenicale è la prima opera della Chiesa, e non ho tema di affermare che è come un’opera d’arte che richiede studio, passione e applicazione. Le nostre liturgie non possono più essere come prima, perché noi non possiamo più vivere come prima. Il mondo ha bisogno di noi, ma non in qualsiasi modo. Ha bisogno di uomini e di donne che gioiscono al vedere il Signore che spezza il pane e che senza indugio tornino a Terni, Narni, Amelia, mostrando la gioia di aver trovato la salvezza.