Commemorazione di Giunio Tinarelli

Commemorazione di Giunio Tinarelli

“Care sorelle e cari fratelli,


abbiamo voluto legare la memoria di Giunio Tinarelli al largo che portava all’oratorio della cattedrale, come per fissare non solo il giorno della traslazione del suo corpo in Duomo ma, ben di più, per inserire anche nella struttura urbana la memoria di uno dei credenti più significativi per la Chiesa e per la stesa città di Terni. Direi, inoltre, che la coincidenza tra la memoria di Giunio Tinarelli e la festa di Cristo re è non poco significativa. Come accennavo questa mattina, potremmo dire che Tinarelli è uno dei primi cittadini o, se volete, uno dei primi operai di questo nuovo regno che il Signore è venuto a instaurare sulla terra. Nella preghiera del Padre Nostro noi diciamo sempre: “Venga il tuo regno”. E’ la seconda richiesta. E Giunio non solo invocava con la preghiera il Regno, ha fatto della sua vita una azione di collaborazione con Gesù per realizzarlo. Il Vangelo ci presenta Gesù-re che sta sul suo trono: la croce. E da questo trono, dalla croce, egli esercita il suo ministero regale. E’ davvero re dell’universo; ha davvero il potere su tutto; e davvero il suo trono è la croce. L’apostolo Paolo raccolse questa convinzione, assolutamente estranea agli occhi del mondo, e la trasmise alle Chiese, ben sapendo dello scandalo che avrebbe provocato. Paolo scrisse ai cristiani di Corinto: “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani” (1Cor 1, 23). Gesù è re da crocifisso; in questo modo egli esercita il suo potere regale. Gesù, del resto, l’aveva detto più volte ai discepoli nei tre anni di vita pubblica. Poco prima di morire lo ripeté loro: “I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così” (Lc 22,24-26). Ebbene, per Tinarelli “non fu così”. Egli seguì il Signore sino a somigliare a Lui nella sua morte. Vedendo Gesù inchiodato sulla croce, come non pensare anche a Giunio disteso sul suo lettuccio inchiodato dalla malattia? E come non ripercorrere la azione pastorale che egli ha svolto per anni dal suo letto, mentre era immobile? La malattia lo teneva inchiodato sul letto, eppure egli divenne missionario fra i malati; lui amava dire con grande sapienza pastorale: “L’ammalato per mezzo dell’ammalato”. Si potrebbe dire che è esattamente quello che fece Gesù sulla croce: “il crocifisso per mezzo del crocifisso”. Abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca che Gesù, da crocifisso salva una altro crocifisso. Quando quel ladro, appeso anche lui sulla croce, disse a Gesù: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”, Gesù gli rispose: “oggi sarai con me in paradiso”. Mentre era lacerato nella sua stessa carne, Gesù non pensò ai suoi dolori e al dramma della sua fine. Si preoccupò, invece, di salvare quel ladro che aveva subito la sua stessa sorte; come del resto, poco prima, si era premurato di consegnare la madre al disceopolo e quest’ultimo alla madre. Sì, potremmo dire che Gesù è il primo Silenzioso Operaio della Croce. Silenzioso per se stesso, ma pronto per aiutare agli altri. Potremmo dire che Giunio seguì Gesù anche in questa opera. Sì, si specializzò – se così mi è consentito dire – nello sviluppo di questo momento particolare della vita di Gesù. Come portare a frutto pieno il tempo del dolore e della malattia per i malati e i sofferenti. Nel 1950 diceva: “Non dobbiamo perdere un solo istante per portare anime a Gesù sia con la preghiera, sia con l’offerta generosa delle nostre sofferenze, sia con l’apostolato”. Egli pregò per tutti, offrì la sua sofferenza per tutti, divenne un apostolo per tutti a partire dai più deboli. E fu per questa sua passione che fu scelto persino come responsabile di zona dell’Associazione “Volontari della Sofferenza” e dei “Silenziosi Operai della Croce”. Care sorelle, cari fratelli, quale lezione per noi così spesso ripiegati su noi stessi! Basta qualche disturbo per farci ritirare nel nostro guscio e dare sfogo ai nostri lamenti. Per Giunio l’apostolato – oggi diremmo l’evangelizzazione – non era una pratica eroica, uno sforzo sovrumano da compiere, ma conseguenza naturale della sua scelta di amore. Certo non è naturale fare apostolato nelle sue condizioni! Figuriamoci, non lo è nelle nostre condizioni di persone bene in salute? Tante spesso, anzi, più stiamo bene più pensiamo solo a noi stessi! No, per Giunio l’apostolato fu una conseguenza logica del suo amore per Gesù. Potremmo dire che era talmente innamorato di Gesù da non poteva resistere senza annunciarlo a chiunque si avvicinasse o a chiunque entrasse in corrispondenza con lui. Intessé una fitta corrispondenza con malati lontani conosciuti nei vari pellegrinaggi a Loreto, a Lourdes, a Oropa. Sì, è l’amore il segreto della vita di Giunio. Scrive ancora: “Il pensiero che mi sostiene nella mia malattia è il grande amore che ho per Gesù e per Maria Santissima”. Della malattia non fece una sconfitta, ma una vittoria. Questo è il miracolo del Vangelo, questa è la forza dei discepoli. E così sono0 i cittadini del regno di Gesù. Nel momento di maggiore debolezza, Giunio divenne forte, fortissimo nell’amore. Da quel letto, egli si unì alla regalità di Gesù. E partecipò alla realizzazione del regno di Dio, un regno ove l’amore per il Signore e per gli altri supera di gran lunga l’amore per sé. Potremmo dire che capitò anche a Giunio quel che successe a Gesù in quel venerdì santo. Abbiamo ascoltato dal Vangelo che tutti coloro che stavano sotto la croce si rivolgevano a Gesù dicendogli: “Salva te stesso e ti crederemo!” Ebbene a Giunio capitò una cosa analoga. Lui stesso racconta a un suo amico che mentre si trovava a Loreto gli si avvicinò un medico che gli disse: “se la vedessi camminare io crederei”. Giunio gli rispose: “preghiamo insieme non per la mia guarigione, ma per la sua conversione”…E accadde che quel medico si convertì. Giunio, quel giorno, a quel medico che con le lacrime agli occhi gli disse della sua conversione, avrebbe potuto ripetergli: “oggi anche tu sei entrato in paradiso”. Care sorelle e cari fratelli, dal suo letto Giunio, partecipando alla forza di Gesù crocifisso, ha sconfitto tante sicurezze illusorie che rendono triste e amara la vita degli uomini. Giunio, con le parole e con l’esempio, viene a ricordarci ancora che la felicità non sta nell’amare se stessi; non sta nella salute; non sta nel benessere; non sta nella propria tranquillità. La felicità sta tutta nell’essere partecipi dell’amore del Signore. Sì, è questa la via della felicità e della pace. Mentre in questo mondo tutti cercano di salvare se stessi, Gesù ci insegna che la felicità e la pace è nell’amare gli altri. Chi cerca solo se stesso, si perde. Chi ama gli altri, non solo salva se stesso, salva anche il mondo. Unendoci all’amore del Signore, regniamo assieme a lui. Oggi, mentre attorno a noi si susseguono i rumori della guerra e della violenza, la testimonianza di Giunio è ancor più preziosa. Egli ci lascia in eredità la forza della preghiera. Noi, di fronte a quel che sta accadendo, ci sentiamo impauriti e insicuri. Il rischio è di ripiegarci in noi stessi, di non avere più speranza. Giunio ci ricorda la forza della preghiera e la forza anche della sofferenza. Dobbiamo pregare per la pace, digiunare per la pace, offrire ogni sofferenza per la pace. Vogliamo unirci così all’esortazione del Papa per la pace tra i popoli. E permettetemi di ricordare oggi un altro credente della nostra Umbria, Francesco d’Assisi. Anche lui ricevette le stigmate di Cristo sul suo corpo. Anche lui partecipò con la sofferenza alla croce di Cristo e fu uomo di pace e di amore. Tinarelli, in modo diverso, eppure simile a Gesù nella croce, è oggi davanti a noi un testimone della forza della preghiera e dell’amore. Così lo ricordiamo, così lo contempliamo, affidando anche alla sua intercessione la pace tra i popoli”.