Commemorazione dei defunti
“Non vogliamo, fratelli, che ignoriate la condizione di quelli che dormono nel Signore, affinché non siate tristi come quelli che non hanno speranza”(I Tes. 4,12). Queste parole che Paolo scriveva alla comunità cristiana di Tessalonica, tanti secoli fa, oggi sono rivolte a noi mentre ricordiamo tutti i nostri defunti. Non è un caso che la memoria dei defunti sia legata alla festa dei santi. Potremmo anzi dire che è una stessa festa. E questa sera, questa nostra celebrazione, vuole in certo modo unificare le due memorie, i santi e i morti. Essi stanno assieme, vivono nella stessa pace e godono la stessa pienezza di vita.
La santa liturgia che stiamo celebrando vuole aprirci come uno spiraglio sulla loro vita. Tante volte ci chiediamo dove sono i nostri cari, dove sono i nostri parenti defunti, dove sono i nostri amici che ci hanno lasciato. Vogliamo saperlo perché il distacco ci pesa, è davvero doloroso. E non ci rassegniamo alla loro perdita. E, per certi versi, abbiamo ragione. Come accettare la separazione da chi abbiamo amato? Non vogliamo che il legame profondo con i nostri cari sia distrutto. Per questo veniamo qui al cimitero, come a voler cancellare la distanza che ci separa da loro, o comunque per conservare oltre che memoria anche un legame fisico, concreto. Ed è un patrimonio di sapienza che ci viene dal Vangelo. Sì, care sorelle e cari fratelli, la fede nella risurrezione della carne nasce direttamente dalla risurrezione di Gesù. Ecco perché facciamo bene a venire qui e conservare questa tradizione. L’apostolo Paolo ci invita a guardare il futuro riservato ai figli di Dio: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli…E se siamo figli siamo anche eredi”, scrive ai romani.
Noi tutti siamo gli eredi di Dio, quindi gli eredi del Paradiso. Oggi, questa Santa Liturgia, apre ai nostri occhi uno spiraglio sulla nostra eredità. Per noi dovrà venire ancora nella sua pienezza; per i nostri defunti è pienamente svelata. Essi sono su quel monte alto ove il Signore ha preparato un banchetto per tutti i popoli. Non hanno più il velo “che copre la faccia” e i loro occhi contemplano il volto di Dio. Nessuno di loro versa più lacrime di tristezza. E, semmai ci sono lacrime nel cielo, sono lacrime di commozione senza fine. La Liturgia di oggi ci svela il luogo dove i nostri cari sono e dove noi andremo. E c’è un rapporto saldo tra noi e loro. E’ vero, non è visibile, ma non per questo meno reale. Anzi, è più profondo perché non fondato sulle apparenze esteriori, spesso ingannatrici. Quante volte anche gli amici più cari ci lasciano soli con i nostri problemi? La comunione con i nostri defunti è fondata sul mistero dell’amore di Dio che tutti raccoglie e tutti sostiene. L’amore è la sostanza e la verità della vita e della morte. Tutto passa, solo l’amore resta.
E’ quanto il Signore Gesù ci dice nel brano evangelico che abbiamo ascoltato. L’unica cosa che conta nella vita è l’amore; l’unica cosa che resta di tutto quel che abbiamo detto e fatto, pensato e programmato, è l’amore. E l’amore è sempre grande; anche quando si manifesta in gesti piccoli come dare un bicchiere d’acqua o un pezzo di pane, fare una visita a un malato, dire una parola di conforto, dare una mano a chi ha bisogno. L’amore è grande, è forte, è irresistibile perché è sempre una scintilla di Dio che infuoca e salva la terra. Se seguiremo questa parola evangelica, anche noi, al termine dei nostri giorni, ci sentiremo dire: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”, e la nostra gioia sarà piena.
Con grande sapienza i nostri antichi hanno costruito questo luogo, segno di un legame che resta con i nostri defunti. E ci ricorda che l’amore è più forte della morte. Essa, infatti, è certo una separazione, ma non riesce ad annullare i nostri vincoli di amore, non distrugge i nostri legami, non annulla quei gesti di benevolenza, di affetto, di aiuto, di bontà che ci siamo scambiati lungo la vita. Tutto questo è salvato. E oggi, potremmo dire, che con questa celebrazione ricordiamo la nostra città in Paradiso; quella che varie volte ho chiamato “Terni del cielo”. Oggi è la festa di tutti i cittadini Terni che si ritrovano assieme in Paradiso. Essi, sono davanti al Signore, e pregano per noi, pregano per questa nostra città. Ne abbiamo bisogno. Mentre noi preghiamo per loro, essi, davanti a Dio pregano per noi, chiedono a Dio che continui a proteggerci. Se potessero parlarci quante cose ci direbbero! Vorrei prendere in prestito le parole che sant’Agostino immaginò che un defunto potrebbe dire ai suoi cari sulla terra: “Se mi ami non piangere! Se conoscessi il mistero immenso del cielo dove vivo ora; se potessi vedere e sentire quello che io sento e vedo in questi orizzonti senza fine e in questa luce che tutto investe e penetra, non piangeresti se mi ami! Sono ormai assorbito dall’incanto di Dio, dalle espressioni della sua sconfinata bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole e meschine al confronto! Mi è rimasto l’affetto per te, una tenerezza che non hai mai conosciuto! Ci siamo amati e conosciuti nel tempo: ma tutto era allora così fugace e limitato! Io vivo nella serena e gioiosa attesa del tuo arrivo fra noi: tu pensaci così; nella tua battaglia pensa a questa meravigliosa casa, dove non esiste la morte, e dove ci disseteremo insieme nel trasporto più puro e più intenso, alla fonte inestinguibile della gioia e dell’amore. Non piangere più se veramente mi ami!” Così le parole di Sant’Agostino.
Care sorelle e cari fratelli, oggi si apre davanti ai nostri occhi uno spiraglio del Paradiso, ove sono i nostri morti. Sia per noi una visione di consolazione e di speranza. Sì, la vera Terni non finisce qui. Questa nostra città, continua in Paradiso. Certo, iniziamo a costruirla già da questa terra. E i mattoni di questa nuova città sono i gesti di amore e di misericordia: è quel bicchiere d’acqua, quel pezzo di pane, quella visita, quella parola buona, quella mano tesa, quel sorriso. Ai nostri occhi questi gesti sembrano insignificanti, ma agli occhi di Dio sono eterni. Sì, l’amore è sempre più forte della morte. Amiamoci gli uni gli altri e il Paradiso inizia già da questa terra.