Catechesi alla Gmg di Toronto

Lasciatevi riconciliare con Dio

Cari amici!

1. Credo anzitutto doveroso che riconosciamo (e ce lo diciamo), l’ambizione del Papa sui giovani. Due anni fa, alla GMG di Roma, disse: “Non abbiate paura di essere i santi del nuovo millennio!” L’invito resta attualissimo. Ieri, riprendendo l’immagine del lago di Galilea, ha ripetuto a tutti l’invito di Gesù ai discepoli di seguirlo. Sa bene che il mondo, se vuole guardare con speranza al futuro, ha bisogno di giovani santi. Ecco perché questa prima GMG del nuovo secolo, è come una chiamata a puntare in alto. “Duc in Altum!” ha detto all’intera Chiesa all’inizio di questo millennio. E lo ripete a noi. E noi abbiamo ascoltato questo invito e abbiamo preso il largo; siamo venuti, fin qui, in Canada, a Toronto. Chi ci guarda da fuori continua magari a chiederci: “Perché tanti giovani continuano a seguire questo vecchio Papa?”, “Perché si sobbarcano a non pochi sacrifici per ascoltarlo?”. Il perché noi lo sappiamo bene da anni. Noi continuiamo a seguire Giovanni Paolo II, perché ci fa sognare ancora. Guardatevi attorno e cercate tra i grandi della Terra, chi ha un sogno d’amore sul mondo intero! Chi è davvero un padre appassionato per tutti i popoli, a partire da quelli più poveri e disgraziati. Chi? Purtroppo i sogni, in genere, riguardano gli interessi nazionali o di un gruppo, interessi personali o comunque particolari. Giovanni Paolo II ha un sogno grande e largo sul mondo e sui popoli. Per questo siamo partiti da varie città del mondo, in un pellegrinaggio giovanile verso il futuro del mondo. Un “pellegrinaggio di fraternità” ha detto il Papa, perché accenda un fuoco di speranza per la Chiesa e l’umanità. E – debbo dirlo – ci sentiamo vicini anche ai tanti giovani a cui non è stato permesso di venire. Diciamo loro tutto il nostro affetto e la nostra fraternità. Perché non da soli, ma con loro costruiremo un futuro nuovo. Noi che siamo venuti dall’Italia ci sentiamo fratelli e sorelle, ma soprattutto ci sentiamo fratelli dei giovani del mondo intero. Sì, voi siete i giovani di Giovanni Paolo II, ossia i giovani dal cuore largo, come è largo il mondo. Solo se si è così, solo se si è fratelli universali: “”. Certo se comprendiamo solo un poco cosa vuol dire essere sale e luce, restiamo stupiti e anche un po’ timorosi. Qualcuno di voi potrebbe dire: “Ma come è possibile che noi siamo sale e luce per il mondo e anche per l’Italia? Noi che siamo qui, neppure moltissimi e per nulla potenti, noi che non abbiamo i cordoni della Borsa, né quelli della politica, noi che non possediamo le grandi reti di informazioni e tanto meno la struttura militare? Eppure il Vangelo lo ripete: “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”. Giovanni Paolo II, facendo eco a queste parole, vi dice dove salare e dove illuminare: “Sono tante le persone ferite dalla vita, escluse dallo sviluppo economico, senza un tetto, una famiglia o un lavoro; molte si perdono dietro false illusioni o hanno smarrito ogni speranza… Nel cuore di una città multiculturale e multiconfessionale diremo l’unicità di Cristo Salvatore e l’universalità del mistero di Salvezza di cui la Chiesa è sacramento. Pregheremo per la piena comunione fra i cristiani, nella verità e nella carità, rispondendo all’invito del Signore che desidera ardentemente che tutti siano una cosa sola” (Messaggio, n°4,5).
Il Papa sa che non è più possibile attendere oltre. È la fretta richiesta dal Vangelo e sollecitata dal grido di questo nostro mondo, dal grido dei poveri e dei deboli. Non possiamo più essere spettatori disfatti e pigri.


2. Davanti ai nostri occhi c’è il mondo del dopo 11 settembre, frantumato e fragile. L’attentato alle due torri di New York resta tragicamente emblematico della fragilità della convivenza tra gli uomini. Con quel crollo si sono sbriciolate speranze e sicurezze. La storia del mondo, da quel giorno è cambiata. C’è chi fa iniziare il millennio proprio da quel giorno. Ed è iniziato davvero male! Si continua a dire che il mondo si trova in guerra, anche se si tratta di una guerra molto diversa da quelle passate. Tutti sono più incerti, insicuri sulla propria vita, preoccupati della propria sicurezza, ansiosi sui pericoli che il domani potrà riservare. Si parla di nuovi attacchi, mentre finita una guerra se ne sta preparando un’altra. Il mondo di oggi appare davvero più insicuro di ieri; ci sono disegni di violenza e terrorismo. C’è tanta gente che può sfruttare il dolore e la rabbia di tanti.
E’ senza dubbio urgente combattere e sradicare il terrorismo, perché non colpisca più.
C’è un ulteriore rischi da evitare: il pericolo di pensare solo al presente, al proprio presente e a poco altro. Eravamo già entrati nel nuovo millennio, senza grandi sogni e grandi utopie. La caduta delle ideologie ed una omologazione generale, avevano come abbassato e ridotto gli orizzonti della vita. Dopo l’11 settembre, l’emergenza terrorismo ha spinto a chinare la testa ancor più in basso. Si sono moltiplicati individualismi irresponsabili, trialismi difensivi e fondamentalismi pericolosi. La stessa globalizzazione, assieme al progresso, ha portato anche paure e divisioni. C’è gente che si sente aggredita di fronte a nuovi vicini (pensate alla legge sugli stranieri approvata in Italia). Ecco perché è urgente alzare lo sguardo sul mondo e sul suo futuro. Ma chi pensa al futuro del Pianeta? Con quali sogni pensiamo al nostro domani? Con quali speranza i poveri pensano al loro futuro? E quali immagini si disegnano davanti ai vari popoli? La paura, l’egoismo, l’insicurezza, ci stanno rubando il futuro, schiacciandoci tutti verso un ansioso presente: guardandoci a fondo c’è come un grande silenzio sul futuro del mondo; salvo il Papa, che continua a farci sognare e a sognare. Senza questo sogno ci si accontenta di difendere il proprio oggi e poco altro. Dal Canada dopo il G8 cosa è successo per i popoli poveri? Chi oggi sente la necessaria responsabilità , i gravissimi squilibri sociali, economici, culturali e politici che lacerano la vita del Pianeta? Pensate solo al conflitto israelo – palestinese. Impotenti, tutti continuiamo a vedere morire bambini israeliani e palestinesi, uccisi dai kamikaze o dai missili. Ma Gesù è assieme bambino ebreo e bambino palestinese; così pure Maria. Ambedue hanno conosciuto i campi profughi e ambedue hanno pregato i sinagoga. Per il Signore Iddio ambedue sono suoi. Ma per il mondo? Cari amici, in quel conflitto, sono nascosti tutti i conflitti. Le tante divisioni e le tante tragedie del Pianeta, sono segno di un mondo non riconciliato, che non vuole liberarsi dal circolo infernale della vendetta. Se vogliamo un mondo di pace, non possiamo tacere di fronte a questo conflitto e ai tanti altri conflitti che lacerano la Terra. Come, noi cristiani, possiamo dimenticare il dramma dei milioni di persone che continuano a morire di fame nei tanti paesi poveri? Ogni giorno muoiono 40 mila persone, come le vittime della bomba di Hiroshima. Come possiamo assistere, senza insorgere, di fronte alla crescita della disparità tra il Nord ricco e il Sud povero? Come possiamo restarcene tranquilli di fronte alle masse di profughi che continuano a lasciare le loro terre, a motivo della guerra e della fame? Potremmo continuare a lungo con tali interrogativi: da quello sulla piaga dell’Aids a quello sull’emarginazione di milioni di poveri nei Paesi occidentali. Quel che non può continuare è la nostra indifferenza e quella del mondo. C è bisogno di una rivolta spirituale per far scendere la pace nelle pieghe della società, per far crescere il rispetto dell’altro, per sradicare le radici dell’ira e sanare le personali tentazioni della violenza.
Questa lunga frontiera della riconciliazione, deve vederci tutti impegnati in prima persona.


3. Il primo a percorrere questa frontiera della riconciliazione, è Dio stesso. È Lui che supera la distanza, che scavalca il muro di separazione per donare agli uomini la riconciliazione.
Quest’ultima è iniziata dalla parte di Dio. Ecco perché Paolo non dice: “Riconciliatevi con Dio”, ma “lasciatevi riconciliare con Dio!”. Vuol dire lasciatevi amare, lasciatevi abbracciare, lasciatevi irrobustire, lasciatevi cambiare. È il Signore che prende l’iniziativa, “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio Unigenito”. E Gesù, obbedendo a questo intento del Padre: “Non considerò un tesoro la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini…
Umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8). Gesù, venendo sulla Terra, ha riconciliato gli uomini – anzi l’intera creazione – con Dio. Egli ha vinto quell’estraneità che rendeva gli uomini lontani da Dio e lontani gli uni dagli altri. Paolo scrive agli Efesini: “Ora, invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo: Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro che era frammezzo, cioè l’inimicizia… per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare la pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini… così dunque non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2, 13-19).
Cari amici, noi eravamo lontani da Dio. Sono stato amato, cercato, trovato, e abbracciato. È la storia di Dio con me, con te, con noi. È una storia tutta in discesa. Sì la vicenda di Dio, è tutta in discesa verso di noi, fino a lavarci i piedi. L’unica volta che sale, è quando sale sulla croce. Noi siamo invece, gli arrampicatori, di gloria, di dignità, di stima, di considerazione. Ma la dignità, cari amici, sta nel chinarsi, non nell’arrampicarsi.
Pensate alla parabola del Figlio Prodigo. Quel Padre, continua ancora oggi ad uscire; forse sta stabilmente fuori casa, tanto è il lavoro di riconciliazione. A noi chiede di uscire con Lui; ha bisogno delle nostre parole per parlare, delle nostre braccia per abbracciare, del nostro cuore per amare.


4. Noi, uomini e donne riconciliati, abbiamo un compito grande nel mondo, quello della riconciliazione. In un mondo diviso e lacerato, in un mondo ove è raro il perdono, in un mondo che rischia di non sapere più cosa significa fare festa, le comunità cristiane devono porsi come quella casa del Padre, ove tutti sono accolti e apprendono l’arte della riconciliazione e quindi della festa. Questo nostro mondo ha bisogno più che mai del Vangelo, della riconciliazione. Quel che Paolo scriveva: “Non c’è più né Giudeo, né Greco, né schiavo, né libero, né uomo, né donna, perché tutti voi siete uno in Gesù Cristo” è di estrema attualità. Sì, per noi cristiani, non ci sono più né Hutu, né Tutsi, né Israeliani, né Palestinesi, né del Nord, né del Meridione, né giovani, né anziani, né ricchi, né poveri, né zingari, né cittadini, né uomini, né donne, perché tutti siamo uno in Cristo. Certo, senza il cuore di Cristo, senza essere riconciliati con il Vangelo, ci sembra impossibile abbattere le innumerevoli mura di divisione, ma il loro abbattimento è l’unica via della pace. State certi che senza vivere la riconciliazione con Dio, finite inesorabilmente di adeguarvi alle divisioni, di essere complici dei tanti muri che si stanno costruendo nel mondo. Non importa se ti accucci alla sua ombra o se fai il guardiano per sentirti uomo: in ogni caso sei, assieme, complice e vittima. Quale allora la nostra forza? Quella di Gesù: la croce. Noi abbiamo la forza della croce. Quella croce che dall’inizio della GMG continuiamo ad accogliere. Ma perché quel legno è la nostra forza? Perché lì è stato sconfitto l’amore per se stessi, l’egocentrismo. Quella croce vuol dire amore, riconciliazione, dialogo, preghiera, fraternità universale. È questa la nostra forza. Ed con questa forza di riconciliazione che noi cristiani possiamo e dobbiamo aiutare il mondo di oggi: venire incontro ai più deboli come ai superbi, ai miti e ai vinti come ai violenti. Insomma, la riconciliazione deve diventare lo stile di vita di un cristiano. Un discepolo che rinuncia ad essere forza di riconciliazione nella vita degli uomini e nella storia dei popoli, perde il suo sapore e spegne la sua luce. Paolo nella seconda lettera ai cristiani di Corinto, scrive: “Tutto viene da Dio che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio, infatti, a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori di Cristo, come se Dio “esortasse per mezzo nostro”. La riconciliazione non è solo una dimensione da vivere personalmente; non è neppure una dimensione da vivere solo tra noi; è anche un ministero da compiere: dire agli uomini e alle donne di questo mondo che non sono condannati a restare schiacciati sotto il peso delle loro colpe e che a loro volta non devono schiacciare gli altri con il peso della loro cattiveria.
Sì, la parola da dire al mondo, è quella della riconciliazione. A volte le nostre abitudini pigre, la nostra incredulità, la nostra poca audacia, la nostra fiacca passione, la nostra avarizia, possono bloccare il processo di riconciliazione. Siamo venuti a Toronto perché tutti, anche coloro che non sono potuti venire, vogliono liberare l’enorme potenza d’amore che Dio ha effuso nei nostri cuori. C’è bisogno di maggiore generosità e di più chiara audacia. Le comunità cristiane non devono vivere per se stesse, non devono essere ripiegate sui loro problemi interni, ma devono essere case di misericordia e scuole di riconciliazione, luoghi dove tutti i popoli sono accolti e amati. Il sale è forse per se stesso? E la luce è forse per illuminare se stessa? Non deve il sale rendere saporito altro e la luce illuminare gli altri?


5. Ecco perché la fede deve diventare cultura di riconciliazione, ossia un modo di vedere largo, un modo di amare senza confini, un modo di vivere che non riduce le cose ai nostri schemi, che non restringe il mondo alle nostre abitudini mentali. Ognuno ha bisogno di aprire le finestre della propria mente e allargare le pareti del proprio cuore. È facile, molto facile, essere sensibili solo a quello che ci sta vicino, quello che ci tocca, che ci commuove e ignorare ciò che sta lontano da noi. L’amore è anche un cuore ospitale a ciò che non ci tocca direttamente. Parafrasando una frase di Gesù, potremmo dire: “Che merito avete se conoscete solo quello che vi tocca?”
Cari amici, l’ignoranza è spesso funzionale al proprio egoismo. Nell’ignoranza appassiscono l’amore, la generosità, l’audacia, la passione. La forza dell’amore spinge ad uscire da sé per entrare nei cuori degli altri, al fine di creare una cultura d’amore, una civiltà dell’amore. La forza della riconciliazione è un’energia concreta che fa superare ogni ripiegamento su di sé e aiuta ad alzare il proprio sguardo e la propria azione, verso l’universalità della famiglia umana. Questo è il sogno che noi, in ogni Gmg, vediamo realizzarsi davanti ai nostri occhi. Cari amici, beati i nostri occhi che vedono quel che vediamo. Operiamo perché tanti altri vi possano partecipare. E “non abbiate paura di essere i santi del nuovo millennio!”. Non abbiate paura a sognare riconciliato e pacifico.