Assemblea ecclesiale 2010

Assemblea Diocesana

I nostri ragazzi

Questa assemblea è particolarmente importante per la nostra Chiesa Diocesana. Da più di un anno ormai stiamo riflettendo sul tema cruciale della “Iniziazione cristiana”. Un tema che da molti anni in verità è oggetto di attenta riflessione da parte della intera Chiesa italiana. Era uno dei frutti dell’applicazione del Concilio nelle Chiese locali. Oggi torna con ancora maggiore urgenza vista la difficile situazione nella quale i nostri ragazzi si trovano a vivere. Non a caso si parla di “emergenza educativa”. La Chiesa italiana ha appena emanato un documento “Educare alla vita buona del Vangelo” che accompagnerà tutte le diocesi per il prossimo decennio. Tutti siamo chiamati a raccogliere la “sfida educativa”. Da come sapremo affrontarla dipenderà il futuro non solo della Chiesa ma anche della nostra società. Potremmo dire che noi raccogliamo la sfida immediatamente. Certamente torneremo a riflettere sul testo dei vescovi italiani. Ma da ora affrontiamo il difficile e affascinante compito di come trasmettere la fede ai nostri ragazzi. E’ stato da sempre il compito delle chiese, anche della nostra. Ma oggi c’è una emergenza che taluni chiamano appunto educativa che ci rende più pensosi.
Tutti siamo preoccupati per l’oggi e per il domani dei nostri ragazzi. Quale futuro li aspetta? Con quale bagaglio affronteranno i prossimo anni? Sono sufficientemente equipaggiati per affrontare le difficoltà di oggi e le responsabilità di domani? Non corriamo il rischio di abbandonarli a loro stessi o, peggio, di inquinare già da ora il loro futuro anche attraverso le nostre inadempienze e le nostre irresponsabilità? Non stiamo rinunciando – anche per pigrizia – alla indispensabile responsabilità educativa nei loro confronti? Sono interrogativi ineludibili. Non dimentichiamo che il futuro dei nostri ragazzi dipende dall’oggi di noi adulti. Certo, loro dovranno essere gli artefici del domani, ma non possono farlo senza il nostro oggi.
Ho voluto iniziare la Lettera pastorale con tre pagine scritte direttamente ai ragazzi. Sono loro che stanno al centro della nostra attenzione. Ho ricevuto già alcune risposte. Mi hanno commosso e convinto della necessità di continuare a rivolgermi a loro in maniera diretta. Matteo, un ragazzo di seconda media, mi scrive: “Caro vescovo, mi ha fatto piacere leggere la tua lettera, finalmente “qualcosa di bello” tutto dedicato a noi ragazzi. Mi colpisce molto quando qualcuno, che non è né un genitore né un parente, si preoccupa così tanto di noi, del nostro futuro, dei nostri problemi, dei nostri sogni…Lo sai cosa penso? Che questa lettera te l’ha fatta scrivere proprio Gesù!!!”. Caro Matteo è proprio così: mi ha spinto Gesù, mi hanno spinto tutti i fratelli e le sorelle della nostra Chiesa mi hanno spinto a farlo. A farlo per amore tuo e di tutti i ragazzi come te.
Nella lettera vi scrivo che per essere grandi non bisogna aspettare la maggiore età. Si è grandi quando si sta con Gesù. E che perciò potete scegliere subito le cose grandi. E voi, carissimi Raul e Riccardo, me lo sottolineate quando mi scrivete: “La parola che più ci ha colpiti è ‘non bisogna essere adulti per scegliere di stare con Gesù”. E mi ha toccato il cuore Yasmina, una ragazza non cristiana, che chiude la sua lettera di risposta: “Chi sta con Gesù è grande nel cuore? Io il cuore lo sento frammentato in piccole parti:::Esiste un mondo più bello? Spero di si…Ma chi me ne da conferma? Prima di mandare amore ad altri, dovrei trovare il mio. Mi servirebbe proprio un suo abbraccio, ora”.
Con questa lettera pastorale, ma soprattutto con questo nuovo impegno per la catechesi ai ragazzi la nostra Chiesa diocesana vuole abbracciare tutti i ragazzi. Vuole far sentire loro il calore dell’amore, la forza della protezione, la gioia di stare assieme.

Da una società matrigna ad una Chiesa madre

C’è un grande smarrimento. La società non sa più dire parole buone per i nostri ragazzi. Anzi, sembra aver smarrito ogni orientamento. La famiglia, la scuola, gli amici appaiono deboli e senza parole di fronte ad una solitudine che cresce sempre più e ad una violenza che coinvolge anche i piccoli. La società appare più matrigna che madre: lascia spesso i piccoli soli e senza risposte; e quelle che offre non di rado sono dannose. Può sembrare una visione troppo pessimista. Ma come non preoccuparsi di fronte a tante tragedie che coinvolgono i minori? Ci sono sempre più spiriti maligni che rubano, indisturbati e talora persino aiutati, il cuore e l’anima dei nostri figli.
Di fronte a questa triste condizione, dobbiamo sentire prepotente nei nostri cuori – e nella nostra azione pastorale – la spinta a portarli da Gesù e ad educarli alla sua scuola. Sappiamo bene che oggi la loro vita è molto più difficile e complicata di quella di qualche decina di anni fa. Non c’è bisogno neppure di scorrere i dati statistici per renderci conto degli atteggiamenti deviati che gli adolescenti prendono, delle esperienze tristi che vivono, dei pensieri bui che li angustiano e dei luoghi avvelenati nei quali si aggregano. Anche le cronache delle piccole città di provincia sono piene di riferimenti a bande di adolescenti che praticano il “bullismo”, l’alcoolismo, la tossicodipendenza, le esperienze sessuali più diverse, la violenza gratuita magari per gioco o comunque per sentirsi vivi. Purtroppo, la soglia della devianza si è abbassata sino a coinvolgere gli adolescenti. Il rischio è la cancellazione degli anni della crescita e dello sviluppo sereno ai nostri figli. Come non chiederci il perché di tutto questo? Una constatazione è evidente: i nostri ragazzi si sentono poco amati e poco considerati. E la solitudine spinge sempre verso il basso.
E’ urgente perciò dare un nuovo impulso al nostro impegno educativo verso i ragazzi. Vediamo peraltro che è alta la domanda di amicizia e di compagnia da parte dei ragazzi. Vorrei perciò che sentissimo risuonare ancor più forte le parole di Gesù ai discepoli: “lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite”. Gesù sa bene che l’incontro con lui libera i bambini e i ragazzi dalla schiavitù della solitudine e della violenza. Per quanto dobbiamo fare ogni sforzo perché si avvicinino a Lui! Tutti noi, tutte le nostre comunità sono chiamate a sentire con più urgenza il compito di essere “madri” dei nostri ragazzi visto che la società spesso è solo “matrigna”. Non dimentichiamo che se i ragazzi lasciano la comunità ecclesiale anche dopo un lungo itinerario di catechesi – lo ripeto – è perché non sentono la maternità della comunità, perché non sentono il calore dell’amicizia e dell’attenzione nella “famiglia ecclesiale”. E’ qui il nodo cruciale della catechesi: ed è su questo orizzonte che dobbiamo ricostruire il rinnovamento della Catechesi o meglio riproporre, sulla scia della grande tradizione della Chiesa, l’Iniziazione Cristiana per i nostri ragazzi. Cosa vuol dire?

Unità dei tre sacramenti della iniziazione cristiana

Sino ad ora abbiamo per più pensato alla catechesi come preparazione ai sacramenti. Non che questo sia sbagliato. Ma è molto parziale. Per di più si era spinti a pensare che una volta celebrati i sacramenti tutto finiva, un po’ come a scuola: una volta superati gli esami tutto finiva. Quasi tutti i catechisti sanno bene i limiti della impostazione “scolastica” della catechesi. E’ una delle ragioni per cui la stragrande maggioranza dei cresimati va via dopo la Cresima. Viene presentata come il sacramento della maturità e della testimonianza cristiana, ma di fatto la chiamiamo spesso il “sacramento dell’addio”. Tanto che il cosiddetto “dopo-cresima” è divenuto una specie di incubo pastorale per tutti. Se ne parla da decenni e si fa fatica a trovano soluzioni.
E’ necessario intraprendere una nuova prospettiva, che è quella della Iniziazione Cristiana. Come vi accennavo è la via tradizionale della Chiesa. E risponde alla domanda su come si diventa cristiani. E’ questa la questione centrale che percorre l’intera nuova prospettiva che stiamo per intraprendere: come diventare cristiani? Non tanto perciò come prepararsi ai Sacramenti, ma come i nostri ragazzi diventano cristiani. E si diventa cristiani attraverso la celebrazione dei tre sacramenti della Iniziazione Cristiana. C’è quindi un legame che lega inscindibilmente il Battesimo con la Cresima e con l’Eucarestia. Ne siamo consapevoli? Benedetto XVI si chiede “se nelle nostre comunità cristiane sia sufficientemente percepito lo stretto legame tra Battesimo, Confermazione ed Eucarestia. Non bisogna infatti dimenticare mai che siamo battezzati e confermati in ordine all’Eucarestia. Tale dato implica l’impegno di favorire nella prassi pastorale una comprensione più unitaria del percorso di iniziazione cristiana… Pertanto la santissima Eucarestia porta a pienezza l’iniziazione cristiana e si pone come centro e fine di tutta la vita sacramentale”(n. 17).
Il Papa riprende e conferma la tradizione della Chiesa che risponde ad una pedagogia spirituale che ha il suo fondamento nella stessa teologia. Se la Chiesa genera i suoi figli attraverso la triplice azione santificatrice del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucarestia noi tutti siamo chiamati a indagarne i motivi, a coglierne la forza, a comprenderne l’ispirazione. Anche i vescovi italiani ci invitano a “salvaguardare l’unitarietà dell’iniziazione cristiana. Non tre sacramenti senza collegamento, ma un’unica azione di grazia: parte dal Battesimo e si compie, attraverso la Confermazione, nell’Eucarestia. E’ l’Eucarestia il sacramento che, continuamente offerto, non chiude un’esperienza, ma la rinnova ogni settimana, nel Giorno del Signore”(Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia, 7).
E’ importante cogliere il senso dell’unità dei tre sacramenti della iniziazione cristiana. Il Battesimo ci fa entrare nella Chiesa. Una accolto nella Chiesa, il neo-battezzato ha bisogno di essere aiutato a vivere nella molteplicità e nella varietà dei carismi della comunità nella quale è inserito, ed è il sacramento della Confermazione che, attraverso i doni dello Spirito Santo, aiuta il battezzato a cogliere tale ricchezza. Lo Spirito Santo rende il credente pronto all’Eucarestia culmine della incorporazione a Cristo. Sono belle queste parole di un cristiano laico del medioevo, Nicola Cabasilas: “Gesù conduce l’iniziato alla mensa e gli dà in cibo il proprio corpo lo trasforma interamente e lo muta nella propria sostanza. Il fango non è più fango: avendo ricevuto la forma regale diventa il corpo stesso del re; e di questo nulla si può penare di più grande”. L’Eucarestia porta quindi a compimento l’Iniziazione Cristiana perché il battezzato divenga membra del Corpo stesso di Cristo, raggiungendo così il culmine della salvezza. L’Eucarestia, sottolinea Cabasilas: “è l’ultimo dei misteri: non è possibile infatti andare oltre, né aggiungere nulla. E’ evidente che il primo termine (il Battesimo) esige il medio (la Confermazione) e questo l’ultimo, ma oltre l’Eucarestia non c’è più nulla a cui tendere”.
L’Eucarestia risalta come il sacramento della maturità cristiana: ci fa “perfetti cristiani” e ci rende testimoni di Cristo nel mondo. Da allora in poi il credente parteciperà ogni domenica all’assemblea eucaristica sino al termine della sua vita quando verrà accolto nella Liturgia del Cielo. E nutrito della Eucarestia è capace di testimoniare la propria fede tra i fratelli e nel mondo come Cristo stesso. Tale itinerario è stabile sia nella Chiesa latina che nella Chiesa ortodossa. In quest’ultima, i tre sacramenti si amministrano assieme fin da piccoli, mentre nella Chiesa latina si segue un itinerario in parte diverso, sebbene non sia stato cambiato l’ordine. Solo motivi di ordine pratico, in Occidente, e da non molto tempo, hanno fatto posticipare in alcuni paesi la Cresima alla Eucarestia. Nella Chiesa italiana è solo dal 1983 che i vescovi hanno stabilito che la Cresima venga celebrata dopo la prima comunione.

Ripartiamo dalla Comunità della Domenica

Si badi bene comunque che i tre sacramenti non si celebrano nel vuoto o nell’intimità di una famiglia. Essi si celebrano nella Comunità dei credenti. La Comunità cristiana è il luogo, o meglio la nuova Famiglia, nella quale si viene generati nella fede. Iniziazione cristiana significa pertanto farli entrare nella vita della Comunità, ove si celebrano i sacramenti. E la Comunità appare nella sua evidenza soprattutto nella Domenica. Per questo, la Domenica resta lo snodo essenziale anche della Iniziazione Cristiana nella Diocesi. Nella Domenica dovrebbe apparire la bellezza di una “Famiglia” che si riunisce per pregare, per vivere nella gioia e per aiutare chi è nel bisogno. Ed è in questa Famiglia che i nostri ragazzi nascono e crescono.
Questo mi porta a dire che, al limite, si può mancare all’incontro settimanale della catechesi, ma non a quello della Domenica. Questo è vero per i ragazzi ma anche per i catechisti: come può un catechista iniziare alla vita della Comunità se manca al momento centrale della vita della Comunità? Come un bambino appena nato viene portato sul grembo della madre, così i nostri piccoli dobbiamo portarli nel grembo della Comunità della Domenica. Sì, la prima esperienza che i nostri ragazzi debbono avere è quella della Comunità che si raduna la Domenica. Tra l’altro è forse l’unico momento, anche per la società civile, ove si vedono con continuità radunarsi assieme giovani ed anziani, adulti e bambini, sani e malati, gente del luogo e stranieri… E’ il segno della società nuova che nasce dal Vangelo e che ha i segni della società umana.
Ebbene, i piccoli, “vedendo” i credenti che si radunano attorno al Signore, apprendono che la fede non è astrazione ma un polo che si raduna. Certo, non possono capire tutto, ma intuiscono immediatamente che c’è una Comunità e che il suo centro è Gesù; è Lui infatti che raduna, non altri. Ripeto, all’inizio forse comprendono poco, ma è già evidente ai loro occhi – e poi lo sarà, attraverso l’educazione, anche alla loro mente – che i cristiani sono quelli che ritrovano assieme, piccoli e grandi, sani e malati, ricchi e meno ricchi, parenti di sangue e non parenti, nella Chiesa, per stare con il Signore e vivere assieme nell’amore. E’ l’incontro con la novità evangelica.
Nella Domenica i nostri ragazzi, come dalle mammelle di una madre, bevono il latte buono e capiscono che la fede è raccogliersi attorno a Gesù, è nutrirsi dell’unico pane e dell’unico calice, è amarsi gli uni gli altri, è preoccuparsi dei più poveri, è impegnarsi per una città più umana per tutti, per la pace tra i popoli …. Sarà compito della catechesi spiegare e far comprendere il mistero che tutti vivono nella Domenica. Benedetto XVI invita “tutti a curare meglio, anche attraverso appositi gruppi liturgici, la preparazione e la celebrazione dell’Eucarestia, perché quanti vi partecipano possano incontrare il Signore”(Convegno ecclesiale della diocesi di Roma, 2009).

La Comunità, responsabile dell’ iniziazione cristiana

Ovviamente tutto questo i ragazzi dovrebbero vederlo testimoniato nella Comunità ove sono “iniziati”: battezzati, Confermati e partecipi della Eucarestia. E’ in questa prospettiva che una Comunità può essere “attrattiva”. Ovviamente deve attrarre non a sé ma a Cristo, il vero ideale della vita. Se poi la Comunità è appiattita sulle mode del mondo, se ognuno sta per proprio conto, non potrà certo “attrarre” né i piccoli né i grandi. Eppure negli Atti degli Apostoli si scrive: i cristiani “godevano di grande favore”(4,33) presso il popolo. Ogni generazione cristiana, anche la nostra, è chiamata a comunicare il Vangelo alla generazione che sale perché continui la comunità di fratelli e di sorelle che ascoltano il Signore, che si ritrovano attorno all’altare e che si incamminano nel mondo sulla via dell’amore per rendere le città degli uomini più belle. E’ questa la vita della Chiesa. E’ questa la sfida che la nostra generazione trova davanti a se stessa: come rendere i nostri ragazzi partecipi della comunità cristiana? Come trasmettere loro non solo le “verità della fede” ma anche la “vita della fede”?
In tale prospettiva è chiaro che tutta la comunità ecclesiale è responsabile della Iniziazione Cristiana dei ragazzi. Il “grembo” che genera alla fede i nostri ragazzi è la comunità cristiana, in particolare la comunità che si raduna nel Giorno del Signore per vivere la vittoria della vita sulla morte, come ho già sottolineato. Tutti i membri di questa comunità, non solo il parroco o i catechisti; non solo la famiglia o gli adulti; tutti, sebbene in maniera diversa, debbono preoccuparsi della nascita alla fede dei fanciulli, della loro crescita, magari anche solo pregando e dando l’esempio di una vita buona. In effetti, si prega troppo poco per i nostri ragazzi e ancor meno ci si comporta cercando di dare loro un buon esempio. Quante volte dobbiamo ripeterci che il problema giovanile in realtà è il problema di noi adulti?
E’ bene sottolineare l’importanza della parrocchia per la piena comprensione di questo nostro sforzo di rinnovamento della catechesi a partire dal ruolo della comunità. Proprio perché l’Eucaristia e la Comunità che da essa scaturisce costituiscono il cuore e il motore dell’azione di catechesi, la parrocchia ne è per così dire il contenitore pastorale privilegiato. La parrocchia, legata di regola ad un territorio, è chiamata a garantire a tutti la possibilità di fare – nella fede – l’esperienza della comunità. La parrocchia, potremmo dire, è una garanzia pastorale concreta del carattere aperto e inclusivo dello sforzo di rinnovamento della catechesi che vogliamo avviare. Una parrocchia che sappia crescere come una famiglia nell’orizzonte di una Chiesa più ampia che è quella diocesana anzitutto e poi universale.
La parrocchia, e comunque ogni comunità cristiana, è chiamata a riscoprire il suo compito di madre come è già stato affermato nel Documento Base ed anche dai successivi testi della CEI, purtroppo spesso disattesi. Anche nella nostra Diocesi talora la catechesi è semplicemente appaltata ai catechisti, magari a quelli che generosamente si dichiarano disponibili. E’ necessario tornare ad apprendere dalla tradizione catechistica della Chiesa italiana degli ultimi decenni la sapienza che ha maturato. Nella Nota per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, si individuano:
“i criteri per un’efficace azione di annuncio e catechesi, per una pertinente educazione di testimonianza e per una corretta celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione, chiedendo il coinvolgimento delle famiglie e della comunità parrocchiale nelle scelte dei fanciulli e dei ragazzi, riservando un’attenzione particolare alle situazioni dei più deboli”.
E possiamo ricordare queste parole del cardinale Bagnasco: “Proprio la tradizione italiana si caratterizza – e deve continuare a caratterizzarsi – per la sua capacità di proporre alle giovani generazioni la Chiesa come compagna affidabile, come ambiente in cui maturare la fiducia e l’amore”(Gesù educatore della fede, n.7). Se fino ad ora affidavamo al catechista e al catechismo l’educazione alla fede, ora è indispensabile che l’intera comunità diventi catechista dei ragazzi… tutte le dimensioni della vita parrocchiale o comunitaria dovranno prendersi cura dei ragazzi, come dovrebbe avvenire in ogni famiglia: l’educazione non è affidata solo ad uno ma a tutti. E’ indispensabile pertanto creare una sorta di “struttura educativa” della parrocchia. In tale prospettiva c’è da riflettere anche sull’esperienza degli “oratori”, come anche dei campi estivi, e comunque delle altre forme educative che continuano ad essere presenti nel tessuto ecclesiale, vista anche l’assenza di luoghi educativi nelle nostre città.

Catechisti, famiglia e realtà ecclesiali

Se è vero che tutta la comunità è responsabile della iniziazione cristiana dei ragazzi, ad alcuni viene affidato in modo peculiare il compito di aiutare i ragazzi a nascere e a crescere nella fede. E’ anzitutto ai sacerdoti che viene chiesto di riscoprire il loro compito di essere “pastori” della Comunità e quindi impegnarsi ogni giorno a farla crescere nell’ascolto della Parola di Dio, nella partecipazione alla Eucarestia, nella comunione fraterna e nella carità verso i poveri. Per questo sono “padri”, dei piccoli e dei grandi. Con i sacerdoti della Diocesi abbiamo a lungo discusso su questa nuova impostazione della catechesi. Sono stati incontri appassionanti proprio perché tutti abbiamo toccato con mano quanto da questo dipenda il futuro della nostra Chiesa diocesana. Abbiamo compreso che stiamo mettendo mano non ad un aspetto della vita delle parrocchie ma alla stessa impostazione dell’azione pastorale generale. Non c’è dubbio che noi sacerdoti dobbiamo rafforzare la dimensione “catechistica” insita nel sacerdozio ministeriale per poterla trasmettere e vivere assieme all’intera comunità a partire dai catechisti.
Ai catechisti ovviamente spetta un compito particolare. Essi, come membri della Comunità cristiana, sono chiamati a comunicare il Vangelo a tutti. Ma come catechisti svolgono un ministero di fatto, che li impegna ad aiutare i nostri piccoli a crescere nella fede e nell’amore con gli altri membri della comunità. Tale “ministero” non nasce da una scelta personale e autonoma, e neppure può essere affidato per caso (i sacerdoti sono chiamati a discernere colui o colei a cui affidare questo compito). Ed è la Comunità stessa che invia a svolgere tale compito. Il mandato del vescovo, che si riceve ogni anno, indica tale prospettiva ecclesiale. Per questo, non solo si richiede che partecipino alla Eucarestia assieme ai ragazzi affidati alle loro cure, ma spingano l’intera comunità parrocchiale a “guardare” i ragazzi e ad amarli – spetta anche a loro risvegliare l’attenzione della comunità verso i piccoli che sono nel suo grembo.
Ringrazio il Signore per l’impegno di tanti catechisti (e soprattutto catechiste) che in questi anni hanno svolto con passione il loro compito. E con soddisfazione ho potuto constatare l’entusiasmo per il cammino che stiamo intraprendendo. Comprendiamo tutti meglio quando il Documento Base diceva: “prima sono i catechisti, poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali”. Sì, voi catechiste e voi catechisti venite prima: primi nell’entusiasmo, primi nella testimonianza, a condizione che il vostro servizio non sostituisca, ma sia radicato e sostenuto dalla vostra ininterrotta partecipazione alla mensa della Eucarestia e delle Scritture ed al discernimento degli eventi della storia che nelle nostre Comunità ecclesiali si prepara per i laici cristiani adulti, dai quali voi, di norma, siete tratti. Primi nel mostrare l’amore per il Signore e il legame con la Comunità ecclesiale. E’ la Comunità stessa che vi affida i suoi figli. Si tratta di una responsabilità grande. Voi infatti siete per i ragazzi il volto più immediato della Comunità ecclesiale, quello con cui stanno più frequentemente in contatto. La vostra prima parola sia l’esempio: testimoniate la bellezza della vita cristiana! E’ decisiva. E’ ovvio che si richiede, anche per la complessità delle situazioni che i ragazzi oggi vivono, una formazione adeguata sia dal punto di vista dottrinale che psicologico. Ma il modo di stare con i ragazzi è quello di fratelli e sorelle maggiori chiamati ad essere “madri” e “padri” dei ragazzi perché vivano in un clima di comunione fraterna. Il compito del catechista si deve quindi qualificare certo come colui che comunica le “verità della fede”, ma soprattutto come edificatore di “comunità di fede”.
In tale orizzonte è decisiva l’azione delle diverse realtà associative presenti nelle parrocchie e nella diocesi perché riscoprano la loro dimensione di “maternità” e “paternità” nei confronti dei nostri ragazzi. Tutte quelle più tradizionali e quelle più nuove, quelle legate alla parrocchia e quelle segnate da carismi particolari, sono chiamate alla responsabilità educativa nei confronti dei ragazzi. Penso in particolare a voi laici di Azione Cattolica che avete accolto l’invito dei pastori a partecipare al fine generale apostolico della Chiesa, penso alla vostra esperienza formativa ed alla scoperta che voi continuamente sperimentate e proponete che tale apostolato può essere partecipato dai ragazzi stessi. Penso a voi dello scoutismo cattolico, di Comunione e Liberazione, dei Neo-catecumeni, della Comunità Sant’Egidio, del Meg, della Gifra… i cui carismi spirituali sono una straordinaria ricchezza per tutta la Chiesa. Voi tutti, proprio a motivo della vostra vita “associata” potete mostrare ai ragazzi quanto è bello vivere alla scuola del Vangelo, quanto è bello essere oggi cristiani non da soli ma assieme. Nella vostra vita c’è una dimensione “catechistica” che va riscoperta e riproposta con particolare forza. Vorrei chiedervi di crescere ancor più nella generosità per rispondere alla domanda di amore che sale dai nostri ragazzi. Molti di loro sono coetanei o poco più grandi di quelli che fanno parte delle vostre associazioni, ma con una differenza, i vostri hanno trovato una “madre”, gli altri sono “orfani”. Apritevi ancor più all’amore!
E’ ovvio che anche ai genitori spetta una speciale responsabilità e non solo al momento della celebrazione dei sacramenti, ma nell’intero processo formativo, a partire da quello del Battesimo. Sarà necessario che i genitori, sin dal momento della richiesta del Battesimo per i loro figli, siano aiutati a comprendere la responsabilità di trasmettere loro anche la fede oltre la vita. Viene chiamata in causa qui l’intera pastorale della famiglia, come quella che riguarda i corsi di preparazione al Matrimonio. So bene che i problemi sono molteplici. Ma l’amore per i più piccoli può essere una opportunità straordinaria per ripensare in maniera più esistenziale e diretta l’intera pastorale familiare.
E’ necessario che emerga la responsabilità “catechetica” dei diversi gruppi della parrocchia, come il gruppo liturgico, i ministranti, il coro, i responsabili della Caritas e altri, perché portino il loro contributo alla formazione dei ragazzi coinvolti nella iniziazione cristiana. Anche in questo campo deve crescere la creatività e la generosità. Ancora una volta comprendiamo che il Vangelo ci chiede a tutti di non vivere solo per se stessi ma anche per gli altri, anche per i ragazzi che hanno bisogno di incontrare Gesù.

Prima tappa: i primi sei anni di vita

Partiamo dalla prima tappa che coinvolge i ragazzi da zero a sei anni. Ovviamente li consideriamo a partire dal Battesimo. L’ingresso nella comunità dei credenti non può restare congelato sino al momento della iscrizione a quella che sino ad ora abbiamo “catechesi per la prima Comunione”. Non è possibile che ci sia il “vuoto” tra il Battesimo e l’inizio della catechesi per la Comunione. Tanto più che la mancanza di un vissuto cristiano nell’ambito familiare e la scristianizzazione della società non aiutano i fanciulli a crescere in un clima cristiano. Di qui una rinnovata attenzione agli anni iniziali della vita. La Comunità ecclesiale ha la responsabilità di aiutare i battezzati a crescere nella fede già nei primi anni della fanciullezza.
Per questo, la pastorale battesimale (prima e dopo il Battesimo) diviene l’occasione opportuna sia per i genitori come per le stesse assemblee parrocchiali per comprendere, anzi per vivere, da vicino l’iniziazione cristiana dei piccoli. E’ indispensabile ovviamente prevedere iniziative adeguate dirette sia verso i genitori che verso i bambini da zero a sei anni. Anche la pastorale dei fidanzati va ricompresa in questo nuovo orizzonte. E da quest’anno, approntando sussidi appropriati. Il 2011 può essere considerato l’anno d’inizio di questo nuovo itinerario della Iniziazione Cristiana nella Diocesi. E’ bene perciò intervenire immediatamente anche con i genitori che vengono a chiedere il Battesimo per i loro figli. Già da ora – nella preparazione al Battesimo – bisogna coinvolgere i genitori presentando il Battesimo come l’inizio di un itinerario che avrà il suo culmine, senza interruzione, nella partecipazione alla Eucarestia che avverrà attorno al decimo anno.
Fortunatamente qualche iniziativa in tal senso è stata avviata e ha portato non pochi frutti. La sapienza della Chiesa, oltre che le scienze umane sia pedagogiche che psicologiche, ci ricorda del resto che la prima fanciullezza è decisiva per il futuro della vita: è un tempo di semina unico; trascurarlo provocherebbe danni irreparabili.
Anche in questa prima età della vita, il momento più importante per “introdurre” alla Comunità è la partecipazione alla Domenica. I genitori e i figli piccoli vanno pertanto esortati a partecipare alla Messa della Domenica, con tutti i necessari accorgimenti. Quel che importa è che i piccoli vengano in contatto con la Comunità mentre prega e vive il suo più alto momento di esperienza religiosa ed umana. I piccoli debbono “sentire” con i cinque sensi, il calore, l’odore, la gioia, il gusto di un popolo che ritrova assieme, così come “sentono” l’ambiente della famiglia. Ovviamente vanno accompagnati anche in questo. Non bisogna, ad esempio, lasciare che i bambini scorazzino in Chiesa durante la Messa pensando che non si debbono coartare. Essi vanno invece educati all’ascolto, al silenzio, al corretto comportamento. Se non lo apprendono da piccoli è poi molto più difficile educarli all’attenzione agli altri con il crescere dell’età.
Possiamo mettere in atto gli strumenti che già abbiamo. Penso a incontri annuali per le coppie con bambini piccoli: si possono realizzare a Natale, oppure nell’anniversario del battesimo assieme agli altri battezzati dell’anno, si può pensare alla “benedizione dei bambini”. E’ pochissimo usato purtroppo il Catechismo per i primi anni: aiuta i genitori a rispondere a tante domande che spesso i figli rivolgono loro. Sono disponibili già da ora molti sussidi biblici per permettere ai bambini di entrare in contatto con la Sacra Scrittura. Tanti di noi hanno avuto la fortuna di essere stati aiutati in questo, anche avendo molto meno sussidi a disposizione. Dopo il Battesimo, insomma, è indispensabile porre una particolare attenzione pastorale ai giovani genitori perché si preoccupino del piccolo battezzato. Come poi non pensare alle scuole materne, di cui alcune sono legate direttamente alla Diocesi? Come si può immaginare, il campo di azione è vasto, ma è anche utile e assieme affascinante.

Seconda tappa : i seguenti quattro anni di vita

La seconda tappa della iniziazione cristiana è caratterizzata dal cammino che parte dai sei anni e si completerà con la celebrazione degli altri due sacramenti: la Confermazione e l’Eucarestia che avverrà nel corso dei quattro anni. In questo tempo i ragazzi sono chiamati in maniera più diretta a prendere parte alla vita della Comunità. Il loro primo passo deve essere un rapporto più immediato con la Domenica e l’Eucarestia. Purtroppo, questa prospettiva sino ad ora non è stata affrontata con adeguata attenzione. In genere si è teso privilegiare il giorno della “lezione di catechismo” durante la settimana, mentre la Domenica e la Messa sono di fatto passate in secondo piano, nonostante i ripetuti appelli. Da quest’anno, va detto con chiarezza che la catechesi richiede la partecipazione alla Domenica, oltre l’incontro settimanale. La partecipazione alla assemblea della Domenica è la condizione senza la quale non è possibile alcun coinvolgimento nel cammino di Iniziazione Cristiana. E’ ovvio che sarà cura del parroco far comprendere ai genitori che vengono a iscrivere i propri figli l’importanza di questa scelta. Ed è possibile spiegarla con efficacia se si mostrano i pericoli e le difficoltà che i ragazzi stanno vivendo in questo tempo. Guai a non aiutare i genitori a comprendere l’importanza della partecipazione alla Domenica per la “salvezza” dei loro figli dalla cultura egocentrica e consumista che i ragazzi sono spinti a vivere fin dai primi anni di vita.
Questa scelta la facciamo tutti assieme, sia per evitare differenze e scorciatoie, sia perché è la più chiara, la più ricca e la più promettente per la crescita nella fede dei nostri ragazzi. So che ci sono difficoltà – penso alle urgenze sportive, al week-end, alle uscite per andare a trovare i parenti – ma il principio deve restare saldo. La partecipazione alla Domenica e alla Eucarestia è il punto cardine di questo nuovo itinerario che stiamo per intraprendere. Del resto, non può essere altrimenti. La prima cosa richiesta è stare “in famiglia” la Domenica.
Questo ciclo quadriennale – durante il quale si dovrà amministrare anche il sacramento della Penitenza – terminerà con l’amministrazione sia della Cresima che della Eucarestia. Per sottolineare la peculiarità della Cresima che, mentre conferma il Battesimo, ci rende partecipi della ricchezza della vita spirituale della Carità cristiana, sarà celebrata nella Cattedrale di Terni e nelle due concattedrali. La Comunione, che sarà celebrata nelle ricettive parrocchie, deve restare con chiarezza il centro del cammino della Iniziazione Cristiana: il ragazzo, partecipando alla Mensa eucaristica, giunge al culmine della iniziazione divenendo membro del Corpo di Cristo. Tale celebrazione avviene nella comunità parrocchiale: e ogni Domenica è invitato a partecipare alla “cena del Signore” e alla vita della Comunità.

Terza tappa: dalla Eucarestia … all’intera esistenza

Chiuso il cammino della “iniziazione cristiana” i ragazzi sono chiamati a crescere nella fede e nell’amore con gli altri fratelli e sorelle più grandi di età, partecipando alla vita della Comunità nella sue varie espressioni e manifestazioni. Non si tratta di continuare il catechismo, ma appunto di prendere parte alla vita della Comunità. Si potrebbe dire che da questo momento, coloro che sono stati “iniziati”, debbono lasciare operare nella loro vita la forza spirituale che si sprigiona dai Sacramenti ricevuti. E’ quel che si intende quando si descrive l’ideale cristiano come una “vivere eucaristico”. La grazia dei tre Sacramenti della iniziazione cristiana è il motore che spinge il credente a condurre una vita degna del vangelo.
Questo comporta una sorta di “rottura” rispetto agli anni precedenti. E’ terminata l’iniziazione cristiana ed è giunto il momento di partecipare alla vita della Comunità attraverso un’esperienza diretta in un gruppo, in una associazione, in un movimento, nell’oratorio. Ritengo per questo particolarmente importante la partecipazione ad un gruppo che ha già un suo schema di vita e di esperienza cristiana. E i catechisti debbono essere veri e propri educatori che aiutano i ragazzi a vivere da cristiani.
L’avvio di questa “terza tappa”, che dura per l’intera vita, è quella che forse ci preoccupa di più. Ma è una straordinaria sfida che dobbiamo affrontare. Una considerazione – tra molte altre – mi ha spinto a ripensare l’itinerario sacramentale e a celebrare un pò in anticipo sia l’Eucarestia che la Cresima. Avere oggi undici anni è più difficile che in passato. Certamente i ragazzi hanno molte più sollecitazioni e molti più problemi che in passato. L’incontro con la “vita” è come più ravvicinato. Hanno bisogno di un maggiore aiuto, di una maggiore forza per affrontare le innumerevoli sfide. Come ho accennato all’inizio, il rischio è che brucino troppo in fretta la loro vita. Ritardare la celebrazione della Cresima è un rischio che non è sapiente correre. E’ forse più che opportuno irrobustirli proprio mentre si affacciano a quell’età che chiamiamo adolescenza ma che rischia di diventare un’età adulta già “bruciata” prima del tempo. La vita cristiana, irrobustita dalla grazia sacramentale, li riveste di Cristo e della sua armatura rendendoli più forti per affrontarla con forza e con sapienza.
E’ una occasione propizia per le nostre comunità parrocchiali continuare a raccogliere i ragazzi all’inizio della loro adolescenza e accompagnarli negli anni successivi facendoli partecipare ad una vita cristiana vissuta all’interno di una associazione, di un gruppo, dell’oratorio. Dopo aver compiuto l’itinerario della iniziazione i ragazzi sono chiamati a sperimentare la bellezza di una vita di fraternità, a spendere la vita non solo per loro stessi ma anche per gli altri partendo dai più deboli. Li immettiamo così nella vita, certi che il Signore li accompagnerà e loro porteranno nel proprio cuore un’esperienza che li ha segnati per la vita.

Conclusione

Al termine di questa Lettera volgiamo lo sguardo a Giuseppe e a Maria, ma anche ai profeti Simeone ed Anna, ai pastori di Betlemme, ai Sapienti e Magi, a Giovanni Battista, che hanno avuto il compito di educare Gesù nella fede dei Padri. Chiediamo al Signore di avere un cuore simile a loro per poter ascoltare l’angelo, il Vangelo, che guida anche noi nell’impegno educativo per i nostri ragazzi. I Vangeli dell’infanzia non ci dicono molto su quegli anni di Gesù. Ci suggeriscono però i pensieri e le preoccupazioni di Maria e Giuseppe, attenti al loro bambino. Pensiamo al loro impegno per insegnargli le preghiere, per accompagnarlo nel pellegrinaggio a Gerusalemme, per apprendere anche da quel singolare “bambino” l’attenzione anzitutto alle cose di Dio, per aiutarlo a crescere “in sapienza, età e grazia”. Riflettiamo quanto anche noi dobbiamo sforzarci per capire il disegno che Dio ha sui nostri ragazzi. E dimentichiamo il Vangelo che osserva: Maria “conservava nel suo cuore” tutte le cose che vedeva accadere attorno a Gesù. E, quando dodicenne Gesù restò nel tempio, Maria e Giuseppe compresero che quel Figlio doveva compiere la volontà del Padre. Anche noi siamo invitati a aiutare i nostri ragazzi a comprendere cosa il Signore vuole da loro e a renderli partecipi della missione stessa di Gesù. Maria e Giuseppe non compresero sempre tutto, ma sempre obbedirono all’angelo e si resero conto che affidare quel bambino al Padre dei cieli era il primo grande atto d’amore verso di lui.
Questo nostro impegno nel rinnovare la catechesi è un grande atto di amore per i nostri ragazzi. Hanno urgente bisogno che noi cogliamo la loro domanda di amore e che rispondiamo in maniera pronta e autorevole. Il cuore della risposta l’abbiamo già: è il Signore Gesù. Non attardiamoci in dibattiti sterili, non cerchiamo chissà dove altre risposte. Lasciamo che incontrino Gesù!
Tale rinnovamento è anche un grande atto di amore per le nostre città. Educando i nostri ragazzi alla fede, immergendoli nella vita della Chiesa, li immettiamo anche in quella della Città. Così rinnovati, anche da ragazzi, saranno lievito e sale per tutti. Non dobbiamo sottovalutarli. Essi, rivestiti della forza di Cristo, possono essere a loro volta “educatori” dei loro stessi compagni. Con la parola e l’esempio possono cambiare il volto delle nostre città e prepararne il futuro.
Il Signore ci aiuti e benedica questo nostro impegno.