Arte sacra contemporanea a Terni: sguardo al futuro.

Arte sacra contemporanea a Terni: sguardo al futuro

 


Non è più semplicemente l’arte che entra in città, ma è la città che entra nell’arte. Con questa espressione mi rivolsi agli artisti e a quanti erano convenuti l’anno scorso per inaugurare le due nuove opere di arte sacra commissionate dalla Diocesi di Terni-Narni-Amelia nella Cattedrale di Terni. Si trattava del dipinto murale raffigurante la Rete mistica di Ricardo Cinalli che copre la controfacciata della Cattedrale e la decorazione pittorica della cappella Maria, Madre della Chiesa, realizzata dai russi Valeriy Chernoritskiy e Anastasia Sokolova.


A queste due opere se ne sono aggiunte altrettante nel 2008: la nuova porta bronzea della basilica di San Valentino realizzata dal siciliano Dino Cunsolo e la decorazione pittorica della chiesa di Santa Maria della Misericordia (Borgo Bovio) affidata allo stesso Cinalli, il quale ha sapientemente impostato, nel registro inferiore le opere di misericordia e in quello superiore la Madre di Dio dal grande manto misericordioso che abbraccia la famiglia umana che a lei ricorre; l’impianto iconografico della cappella feriale, innovativo per impostazione e stile, costringe il fedele a incrociare il proprio sguardo con quello dei grandi testimoni della fede di varie confessioni cristiane, i cui ritratti si dispongono come foto magnetiche su una superficie metallica.


Quello che l’artista fa per queste nuove opere d’arte non è un lavoro isolato, ma un’operazione che ci vede insieme e coinvolge l’artista all’interno dello stesso tessuto sociale e culturale in cui l’opera verrà inserita. I due artisti russi che hanno dipinto la cappella, ad esempio, hanno passato una settimana ad Assisi, a studiare i dipinti di Giotto, mentre Cinalli ha trascorso molto tempo a Borgo Bovio, osservando i volti della gente per prepararsi alla realizzazione dei dipinti della nuova chiesa.


Mi si permetta a questo punto, ricordare don Fabio Leonardis, senza del quale sicuramente non avrei mai immaginato di raggiungere i risultati che sono davanti agli occhi di tutti e che hanno fatto parlare i network nazionali e internazionali, concordi nel porre la diocesi ternana a capofila esemplare del dialogo tra Chiesa e mondo dell’arte. Credo che il modo migliore per ricordare don Fabio sia quello lavorare alacremente perché le chiese, tutte, diventino ogni giorno di più luoghi d’incontro con la bellezza di Dio e che l’arte sacra continui a svolgere il suo ruolo teofanico, che a Terni torna ad essere di primo piano. La ricerca preventiva delle menti creative, il dialogo con gli artisti miste a scelte coraggiose ma guidate permetteranno in un breve futuro (che è già presente) di realizzare itinerari dell’arte sacra contemporanea anche nelle chiese di periferia. E’ per questo che la missione iniziata e portata avanti da don Fabio, vuole e deve proseguire con maggior lena. Ci attendono importanti progetti: l’arredamento della chiesa di Santa Maria della Misericordia affidato a Bruno Ceccobelli, la decorazione della chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria (quartiere Campomicciolo) per la quale si è contattato Oliviero Rainaldi, l’arredamento liturgico della nuova chiesa di San Giovanni Bosco di Alberto Mingotti, la decorazione della parete principale della chiesa delle Sante Rita e Lucia di Narni già progettato da Cinalli con una inedita Ultima cena, che ci si augura di vedere entro la prossima Pasqua 2009. Ma anche il nuovo monumento a San Francesco di Paolo Borghi da porre sul sagrato dell’omonimo santuario ternano. Al momento non ci rimane che attendere i nuovi liturgici della chiesa di Santa Maria del Rivo a Terni, realizzati da Tito Amodei, che avrò piacere di benedire e dedicare entro la fine dell’anno.


Concludo, annunciando che anche il Museo diocesano e capitolare di Terni sta ampliando i propri spazi e in una nuova sala, dedicata a don Fabio, esporremo gran parte delle opere d’arte da lui commissionate e altre che abbiamo recentemente acquisito. E’ un modo non solo per ricordarlo ma anche per far capire che un museo diocesano non può rimanere insensibile all’arte contemporanea e che il messaggio della fede non si è esaurito con la controriforma.


 
(dalla rivista LiberaMente)