«Anziani prime vittime della pandemia Serve una riforma per curarli meglio»

di PAOLO CONTI

Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Commissione per la riforma dell’assistenza agli anziani. Lei si vaccinerà?
«Sì certo. Vaccinarsi è una grande responsabilità per il bene collettivo e l’invito va rivolto a tutti. La vaccinazione protegge la propria salute e quella degli altri. Riduce la circolazione del virus e così protegge chi non può vaccinarsi per motivi di salute, come chi fa una terapia oncologica. E poi, facendo diminuire il sovraccarico dei servizi sanitari, si evita che molti malati, sia per Covid sia per altre patologie, rimangano esclusi dalle cure. Oggi molti temono di andare al Pronto soccorso o a fare gli esami medici per paura del contagio e così peggiorano, o muoiono».

Perché una Commissione per gli anziani, quando la pandemia pone tanti problemi al nostro Paese?
«Le prime vittime della pandemia sono proprio gli anziani. Il virus ha una letalità molto alta fra gli ultrasettantenni. Chi ha meno di 50 anni rappresenta solo l’1% di tutti i decessi Covid. La strage dei vecchi nelle residenze – Case di riposo o Rsa – è stata impressionante. In tutto il mondo circa la metà delle vittime era ospite di una qualche struttura di lungodegenza. La pandemia ha messo in discussione un intero sistema assistenziale e ha certificato la mancanza di una presenza sociale e sanitaria efficace sul territorio. In più la sospensione delle visite e dei contatti ha creato sofferenze e problemi agli ospiti delle strutture, ai familiari, agli amici, ai volontari. Il primo atto della Commissione è stato un documento, sfociato in una circolare ministeriale, che dispone la ripresa delle visite e dei contatti, in presenza e attraverso i media, pur con le dovute cautele. Non è solo generica solidarietà: la solitudine uccide, crea problemi di salute sia fisica che mentale, soprattutto fra gli over 65. È il diritto a non essere soli, separati dagli altri».

La «coperta» economica è sempre molto corta…
«Occorre costruire un continuum di servizi con ampio spazio all’ascolto e alla valutazione dei problemi sociali e sanitari, alla prevenzione, alla assistenza domiciliare: sono le scelte più economiche, più efficienti e più gradite. Servizi semiresidenziali – i centri diurni – e residenziali per la cura della condizioni acute, completeranno questo ampio spettro di possibilità. Noi da decenni abbiamo sviluppato solo Case di riposo ed Rsa, lasciando al palo l’assistenza domiciliare. Dobbiamo rinnovarci e comprendere che questo approccio richiede investimenti ma nel lungo termine è il solo sostenibile. Curare a casa, prevenire, includere gli anziani nell’ambito di servizi contro la solitudine e l’isolamento sociale, generare un’articolata offerta di servizi che vanno dalla valutazione e prevenzione sul territorio, fino alla promozione della coabitazione, al sostegno alle famiglie, alla formazione degli assistenti familiari (le cosiddette badanti), al potenziamento dei centri diurni, è la sola via sostenibile».

Intanto però si è posto in modo drammatico il problema delle Rsa…
«La Commissione ha individuato grandi priorità: lotta al sommerso, rivoluzione copernicana nel sistema di accreditamento sia per i servizi residenziali che per quelli domiciliari. Tutti dovranno essere riconosciuti in una anagrafe regionale secondo criteri nazionali, e si dovrà offrire l’intero spettro dei servizi, in un reale pluralismo di offerte e di enti che li erogano, accreditati dalle Asl e dagli enti locali, e giudicati anche dai clienti, con un sistema non dissimile da quello utilizzato per alberghi e ristoranti. Un approccio che bandirà le gare di appalto al ribasso e permetterà al cittadino di scegliere il servizio che preferisce».

(Corriere della sera)