Processione del Corpus Domini

Messa e processione del Corpus Domini

Care sorelle e cari fratelli,


 


la festa del Corpus Domini fu istituita nella seconda metà del secolo XIII anche a seguito del miracolo di Bolsena, la cittadina sul lago non distante di qui. Si racconta di quel sacerdote tedesco che dubitava della presenza reale di Gesù nell’Eucarestia. In effetti, in quell’epoca si era diffuso un clima di diffidenza sul mistero eucaristico alimentato da varie eresie.

Ebbene, mentre questo sacerdote celebrava la Santa Messa, al momento dello spezzare il pane consacrato, vide che dall’ostia usciva del sangue che si spandeva sul corporale. Possiamo immaginare lo stupore di questo sacerdote di fronte a quel che stava accadendo! In effetti, fu un prodigio che impressionò tutti moltissimo, lo stesso Papa ne rimase toccato e fu spinto anche da questo evento miracoloso a istituire una festa particolare, il Corpus Domini, per onorare la presenza reale di Gesù nell’Eucarestia. Il corporale sul quale si sparse il sangue è venerato, come voi sapete, nella vicina cattedrale di Orvieto, meta ancora oggi di molti pellegrini. Se questo miracolo è uno dei motivi storici per la festa, le sue vere radici però affondano nell’ultima cena che anche questa sera il Vangelo ci ha annunciato.

Non è solo la narrazione di una santa cena, è Vangelo, ossia una buona notizia di cui tutti abbiamo bisogno. Per questo facciamo bene a riascoltarla, soprattutto oggi.

Del resto tutte le generazioni cristiane l’hanno vissuta e trasmessa alla successiva, a partire dall’apostolo Paolo il quale, scrivendo ai Corinzi, dice: io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi trasmetto, e ripete la narrazione della santa cena celebrata dal Signore prima della sua passione.


Possiamo immaginare Gesù in quella vigilia della sua passione. Sapeva che stava per morire e che avrebbe quindi lasciato soli i suoi discepoli nel mondo. E sapeva bene quanto fossero deboli, poveri, inesperti; eppure scelse proprio loro per continuare la sua opera di salvezza del mondo. Sì, quel gruppo di discepoli radunati attorno a quella tavola avrebbero dovuto rappresentarlo nei tempi successivi alla sua morte e risurrezione; dovevano essere il Corpo di Cristo che continuava la sua presenza sulla terra.

Com’era possibile questo? Come, quel piccolo gruppo di discepoli, poteva essere Cristo stesso nel mondo? Ed ecco l’incredibile mistero di quella sera. Il Signore Gesù prese il pane e disse: “Prendete, questo è il mio corpo”; poi prese il calice del vino e disse: “Questo è il mio sangue versato per molti”. In quel pane e in quel vino Gesù stesso si faceva realmente presente. Perché questo mistero? Gesù lo disse perché chiunque mangiasse quel pane e bevesse quel vino diventasse Cristo stesso. Gesù non consacrò il pane e il vino perché restassero da parte, perché fossero messi per sempre in un tabernacolo. Non è per questo che Gesù celebrò l’ultima cena.

Gesù istituì l’Eucarestia perché doveva esser cibo che nutriva, perché chiunque ne mangiasse venisse trasformato in maniera così profonda da divenire il corpo di Gesù.

Ebbene, quel gruppo di discepoli, dopo essersi nutrito del pane e del vino consacrati divennero il Corpo di Gesù, il Corpus Domini. Iniziava la Chiesa. E si potrebbe dire che proprio per questo Gesù stesso si inchinò sino a lavare i loro piedi, uno per uno. Il Maestro si chinava di fronte al mistero del suo stesso corpo che era quella piccola comunità di discepoli. Care sorelle e cari fratelli, l’Eucarestia, ossia il pane e il vino che vengono mangiati, fanno la Chiesa; l’Eucarestia infatti trasforma le singole persone in un corpo unico, quello di Cristo. Non sono tanto le nostre attività che fanno la parrocchia o che costruiscono la comunità cristiana:  la Messa con la comunione che la edificano.

Questa convinzione, che spesso purtroppo noi dimentichiamo, faceva chiamare Corpo di Cristo sia il pane e il vino consacrati che la comunità cristiana raccolta attorno all’altare.



Capite, care sorelle e cari fratelli, perché insistiamo tanto sulla Messa della domenica? La Messa, l’Eucarestia, è Gesù, e se noi ci nutriamo di essa diventiamo noi stessi Gesù. Il legame tra l’Eucarestia e la Comunità cristiana è indissolubile; se non c’è l’una non c’è l’altra. Se non partecipiamo alla Messa, se non ci nutriamo del Corpo e del sangue di Cristo rimaniamo soli e quindi tristi, indifesi e deboli. Se invece ci raccogliamo attorno all’altare e ci nutriamo del Signore, veniamo liberati dalla solitudine e dal peccato per essere trasformati in unico corpo, quello di Cristo. Ecco perché gli antichi Padri, che avevano una grande coscienza di questo mistero,  parlavano del sacramento dell’altare e del sacramento del fratello per sottolineare che è come un unico sacramento. Essi volevano dire che tra il pane dell’altare e la comunità che si raduna attorno ad esso non c’è separazione: è l’unico “corpo di Cristo”. Questo è il mistero insondabile che dovrebbe toccarci il cuore e farci tutti commuovere! E noi ogni domenica riviviamo questo mistero: veniamo trasformati nel Corpo di Gesù, nel Corpus Domini. Oggi vogliamo vivere questo mistero in maniera particolare, come a volerne prendere maggiore coscienza. Spesso, infatti, non ci rendiamo conto di quel che accade la domenica. Non dico nulla, ovviamente, sull’assenza alla Messa. E’ talmente grave che avrei bisogno di molto più tempo per parlarne. Ma vorrei anche solo accennare alla disattenzione che ci prende a Messa.
E’ ovviamente lodevole parteciparvi. Ma non di rado la distrazione della vita ci accompagna anche quando entriamo a Messa. Ed ecco allora che le nostre Messe domenicali sono un poi tirate via, senza quella cura che il Corpo di Cristo richiede. Quanti esempi potremmo fare! Ma non è questo il momento per esaminare come sono le nostre messe domenicali.

Ma una cosa vorrei sottolineare. L’indispoensabilità della Messa per essere felici, per essere forti, per poter vivere una vita degna. Noi viviamo in un mondo in cui è difficile essere vicini gli uni agli altri; ci capita spesso infatti che pur essendo vicini di fatto, spesso stiamo lontani mille miglia. Ebbene in un mondo come questo l’Eucarestia ci spinge, ci educa, ci aiuta ad avvicinarci, ad essere presenti realmente gli uni accanto agli altri, come Gesù lo è. Egli è talmente presente da farsi cibo per noi. E chiunque si nutre di Gesù diviene capace di stare accanto agli altri, di aiutare gli altri, di sostenere gli altri.

L’Eucarestia ci unisce tutti e ci fa diventare il Corpo di Cristo tra gli uomini nella nostra città. Ed ecco perché questa sera faremo la processione per le vie della città. Vorremmo essere un cuor solo e un’anima sola con Gesù per dire a Terni e al mondo che il Signore è venuto per amare tutti, per salvare dalla tristezza e dal male la nostra vita.


 


Secondo intervento al passaggio della Processione davanti al Comune


 


Care sorelle e cari fratelli,


abbiamo ascoltato l’ultima parte del brano evangelico dei due discepoli di Emmaus. Anche noi ci siamo messi in cammino e abbiamo attraversato le vie di questa città. Ci fermiamo ora in questa piazza, accanto al Comune, come a voler entrare nel profondo della vita di questa città. Noi non abbiamo ricette da proporre, non abbiamo piani da presentare. Noi questa sera dobbiamo e possiamo anzitutto pregare. Sì, sale sulle nostre labbra la stessa preghiera di quei due viandanti che si erano sentiti scaldare il cuore nel petto come noi ce lo siamo sentiti scaldare nella celebrazione eucaristica che abbiamo appena terminato. Avendo davanti ai nostri occhi Terni, Narni, Amelia e tutti gli altri paesi della diocesi diciamo al Signore Gesù che è presente in mezzo a noi: “Resta con noi Signore, perché si fa sera”. Sì, resta con noi Signore, resta con i più piccoli perché non crescano alla scuola della violenza ma a quella del Vangelo e siano così protetti da te; resta o Signore con i ragazzi delle nostre scuole perché la loro adolescenza non sia scandalizzata dalla cattiveria che vedono attorno a loro e siano liberati da ogni male; resta tra i giovani che spesso vedono con preoccupazione il loro futuro e che rischiano di essere lasciati a loro stessi senza un orientamento per la vita, perché possano trovare compagnia e aiuto e sappiano costruire fin da ora un futuro nuovo per loro e per tutti; resta nelle nostre famiglie, e sii vicino alle mamme e ai papà la cui vita spesso è difficile e pesante, prepara nelle nostre case come facesti a Emmaus la mensa ove spezzare il pane dell’amore e del sostegno reciproco e sia la famiglia il luogo ove sperimentare l’amore tra i figli e i genitori, tra il marito e la moglie, tra i figli e i nonni; resta o Signore con i nostri anziani perché non siano lasciati soli nell’ultimo tratto della loro vita; resta tra coloro che sono venuti da altre terre, lasciando le loro case e i loro familiari, perché non si sentano estranei e soli, ma siano accolti con amore da tutti; resta, o Signore, in questa città con coloro che hanno problemi nel lavoro e nell’impiego perché possano guardare il loro futuro con maggiore serenità; resta con i nostri malati perché la loro sofferenza sia sollevata dalla nostra cura e possano vedere presto la guarigione.


Care sorelle e cari fratelli, durante la celebrazione abbiamo parlato del rapporto tra l’Eucarestia e la comunità cristiana, sottolineando il legame che c’è tra le due realtà sino a farne un solo Corpo di Cristo, un solo Corpus Domini. Vorrei ora aggiungere una brevissima riflessione che riguarda il rapporto tra questo Corpus Domini, che siamo noi e l’Eucarestia, e la città, le nostre città. Sì, noi cristiani abbiamo un compito verso le nostre città: il compito di far crescere l’amore. Se non ci fosse l’Eucarestia, se non ci fosse l’amore dei cristiani quanta tristezza in più ci sarebbe nel mondo e nelle nostre città. E se c’è solitudine, se c’è violenza, se c’è tristezza, se c’è disperazione, se ci sono anziani abbandonati, ma se ci sono giovani disperati e tristi, se ci sono le guerre è perché c’è poca Eucaristia, è perché i cristiani sono poco sale e poca luce.

L’Eucarestia ci è data per aprire gli occhi e il cuore al mondo e per darci la forza di trasformarlo a immagine stessa di Gesù. Tutto il creato deve diventare Corpo di Cristo, come quel pane e quel vino che vengono trasformati. E’ un impegno grave e affascinate. Ma non dobbiamo spaventarci. L’Eucarestia è la nostra forza interiore. Essa  –  diceva papa Benedetto XVI – è come l’atomo nucleare: se lo lasciamo esplodere procurerà una infinita catena di esplosioni di amore che trasformerà il mondo intero. E’ questa la nostra missione, il nostro compito. E per esprimere con una piccolo segno questa esplosione di amore che parte dall’Eucarestia, vorrei che domenica prossimo ci ricordassimo del terremoto avvenuto in Indonesia a Jojagarta, una città ove lo scorso anno sono stato per predicare gli esercizi spirituali ad un gruppo di vescovi e di sacerdoti.

Ho sentito qualcuno di loro e gli assicurato il nostro aiuto per una Chiesa e una scuola da riparare. Le offerte di domenica prossimo possiamo raccoglierle per questa intenzione. E’ un gesto che mostra la forza dell’amore che non solo supera le distanze ma che restaura anche le cose distrutte.