Introduzione al congresso internazionale della Federazione Biblica Cattolica

La Parola di Dio nella vita della Chiesa

Eminenza Card. Re, mons. Panciroli, mons. Sorrentino, cari amici


 


è con grande gioia ed emozione che prendo la parola per dare inizio a questo Congresso in occasione del 40 anniversario della Dei Verbum. Molti di voi lo ricordano, nell’Assemblea Generale della Federazione Biblica Cattolica tenutasi a Beiruth nel 2002decidemmo di ricordare questi avvenimenti. E debbo confessare che l’entusiasmo dell’assemblea ha sostenuto me e l’intera Segreteria Generale per superare le non poche difficoltà che abbiamo dovuto affrontare per realizzarla. Eminenze, Eccellenze, Ambasciatori, carissimi membri della Federazione Biblica, amici tutti, eccoci assieme a Roma: benvenuti a questo atteso Congresso! Forse nessuno di noi era presente nell’aula conciliare in quel lontano 18 novembre del 1965, quando i padri conciliari firmarono quasi unanimemente (su 2350 votanti, 2344 placet e 6 non placet) il testo della Dei Verbum. L’elaborazione era stata faticosa, anche perché affrontava un nodo non facile della teologia che avrebbe avuto notevoli conseguenze anche sul piano pastorale. La positiva ricezione del documento ha mostrato l’opportunità, anzi la provvidenzialità della scelta. E, per quel che riguarda l’aspetto pastorale, il Congresso di questi giorni ne è una autorevole testimonianza. Davvero dobbiamo dire che la preoccupazione del cardinale Bea, ossia che non si dimenticasse il capitolo VI della Dei Verbum, è stata abbondantemente accolta anche per il lavoro della nostra Federazione Biblica.


In ogni caso, la Costituzione Dei Verbum, il più piccolo tra i testi conciliari, sia stato quello che, unitamente alla Costituzione sulla Santa Liturgia, ha portato cambiamenti più profondi nella vita della Chiesa. E la presenza a questo nostro Congresso di tanti fratelli e sorelle delle altre Chiese e Confessioni cristiane – che saluto di vero cuore: benvenuti tra noi! – sta a significare il valore anche ecumenico della Dei Verbum. Senza alcun dubbio ha aiutato a superare molti contrasti. Non solo. Le Sante Scritture, da tutti venerate come tesoro prezioso, sono divenute il luogo privilegiato per l’incontro tra i cristiani e una delle sorgenti più ricche per dare un respiro nuovo all’ecumenismo. L’ascolto comune della Parola di Dio non solo ci premette di vedere l’unità visibile tra tutti i cristiani ma può condurci più speditamente verso la comunione eucaristica. Del resto non fu questo il cammino dei due di Emmaus? Se lasciamo che la parola di Dio compia la sua corsa, come scrive Paolo ai Tessalonicesi (Ts 3,1), anche noi saremo condotti alla comunione piena.


La Dei Verbum raccoglieva un lungo itinerario di dibattiti, di riflessioni e di sofferenze. Non è questa la sede per discuterne; ma è utile fare almeno un cenno alla vicenda dell’ascolto della Bibbia nei duemila anni di cristianesimo. Voi tutti sapete quanto, nel primo millennio, la Sacra Scrittura abbia egemonizzato la vita della Chiesa: vescovi e preti, monaci e teologi, si confrontavano regolarmente e con passione con la Bibbia. Le loro parole, le loro predicazioni, i loro studi erano per lo più dei commentari alle Sacre Scritture. E anche i fedeli comuni erano esortati ad un rapporto quotidiano con esse. Basti pensare al rigore di san Giovanni Crisostomo che rimproverava un cristiano perché non sapeva quante fossero le lettere di san Paolo. In verità, tutta la letteratura teologica e spirituale del primo millennio testimonia la centralità della Bibbia nella riflessione e nella vita della Chiesa. 


La lettura delle Scritture era raccomandata a tutti. Non vi è traccia alcuna di proibizione in quei secoli, che pure hanno registrato interventi forti da parte di vescovi contro l’eresia. Cesario di Arles era talmente convinto della importanza per la vita spirituale della lettura quotidiana della Bibbia da esortare gli analfabeti ricchi a pagare qualcuno perché leggesse loro le Scritture: “Se coloro che non conoscono la scrittura assoldano delle persone che scrivono a pagamento per procurarsi terreni, tu, chiunque tu sia, che non sai leggere e scrivere, perché non cerchi a pagamento e dietro un compenso uno che ti legga le Scritture divine, per poter ottenere le ricompense eterne?”


Più tormentata è stata la vicenda nel secondo millennio che, tuttavia, fin dall’inizio vide il diffondersi nelle chiese della cosiddetta Biblia pauperum perché anche l’illetterato potesse “leggere” la Bibbia attraverso le immagini. Era chiara la coscienza che senza conoscere la Sacra Scrittura non si poteva essere cristiani. E l’impegno per una Chiesa più evangelica passò attraverso un rinnovato rapporto del credente con la Scrittura. Basti pensare a Francesco d’Assisi e alla sua radicalità nel seguire il Vangelo sine glossa. Purtroppo, il clima polemico che coinvolse successivamente la cristianità occidentale rallentò nel campo cattolico la frequentazione diretta della Bibbia da parte dei fedeli. Il Concilio di Trento, che pure aveva richiamato i vescovi a rafforzare gli studi biblici, non trovò una adeguato ascolto.


Certo è che, nella vita della Chiesa nell’età moderna, il clima polemico compromise non poco il rapporto tra la Bibbia e i fedeli. E’ dall’inizio del secolo scorso che si è sviluppato tra i cattolici il movimento biblico, sancito dalla enciclica Provvidentissimus Deus. E via via è maturata una comprensione più ricca dei testi attraverso gli studi storico-critici, e soprattutto la Bibbia venne riscoperta come fonte della vita spirituale e pastorale.



 


Il libro e il calice


 


Cari amici, tra pochi giorni inizia il Sinodo sull’Eucarestia. Un evento straordinario per l’intera Chiesa. Come non vedere una provvidenziale accostamento con il nostro Congresso? Il nesso tra la Parola di Dio e l’Eucarestia è una tradizione salda nella Chiesa. Il beato Giovanni XXIII, nella lettera pastorale del 1952 sulla Parola di Dio rivolta da patriarca ai fedeli di Venezia per la quaresima, scriveva: “Insegnare la Sacra Scrittura, particolarmente il Vangelo, al popolo… e renderli familiari al libro sacro, è come l’alfa delle attività di un vescovo e dei suoi sacerdoti. L’omega – vogliate concedermi questa immagine dell’Apocalisse – è rappresentato dal calice benedetto del nostro altare quotidiano… Le due realtà vanno assieme: la Parola di Gesù e il Sangue di Gesù. Fra l’una e l’altro seguono tutte le lettere dell’alfabeto: tutti gli affari della vita individuale, domestica, sociale; tutto ciò che è importante pure, ma è secondario in ordine al destino eterno dei figli di Dio, e che non vale se non in quanto è sostenuto dalle due lettere terminali: cioè la Parola di Gesù sempre risonante in tutti i toni nella Santa Chiesa dal libro sacro: ed il sangue di Gesù nel divino sacrificio, sorgente perenne di grazie e di benedizioni”. Queste parole esprimono con una forza spirituale non comune quanto la Parola e il Calice, la Bibbia e l’Eucarestia, siano l’alfa e l’omega della vita della Chiesa e di ciascuno credente.


Anche la Dei Verbum afferma: “La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo”(21). E Giovanni Paolo II, aprendo la sua lettera per l’indizione dell’anno dell’Eucarestia con l’icona di Emmaus, ne scandisce il legame: dall’ascolto della Parola si giunge alla fractio panis. Ci sentiamo per questo profondamente legati al prossimo Sinodo dei vescovi. Da parte nostra desideriamo sin da ora portare un contributo per una prima verifica della ricezione della Dei Verbum con l’augurio che possa essere utile per una riflessione a livello più ampio, e perché no, anche a livello nazionale, come qualcuno di voi mi ha già suggerito di proporre. La presenza così numerosa di vescovi provenienti da più di 100 paesi potrebbe spingere a suggerire alle rispettive conferenze episcopali (se già non lo avessero fatto com’è stato, ad esempio, in Italia) di riflettere sulla ricezione della Dei Verbum nei rispettivi paesi. Con soddisfazione verificheranno quel che i padri conciliari si auguravano, ossia un nuovo slancio spirituale nei credenti a seguito di una nuova comprensione delle Scritture, ma sentiranno altresì l’urgenza a rendere ancora più forte e viva la presenza della Bibbia nella vita dei fedeli. Scrive la Dei Verbum: “Come dall’assidua frequenza al mistero eucaristico prende vigore la vita della chiesa, così è lecito sperare nuovo impulso di vita spirituale dall’accresciuta venerazione della parola di Dio che ‘rimane in eterno’ (Is 40, 8; cf. 1Pt 1, 23-25” (DV 26). E stato così. La Bibbia oggi è studiata con maggiore competenza e, soprattutto, è un nutrimento distribuito con maggiore abbondanza e gustato con più consapevolezza. È quel che a noi interessa in maniera specifica. Il tema del nostro Congresso, infatti, riprende alla lettera il titolo del capitolo VI della Costituzione: La Parola di Dio nella vita della Chiesa. Del resto la Federazione Biblica Cattolica, nata nel 1969 su iniziativa del cardinale Bea, ha l’intento di aiutare i credenti ad abbeverarsi largamente e continuativamente all’inesauribile fonte di vita contenuta nella Bibbia. I padri conciliari invitano i fedeli ad “accostarsi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l’approvazione e a cura dei pastori della chiesa lodevolmente oggi si diffondono ovunque”. Essi sapevano bene, infatti, che “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”.


La Federazione Biblica Cattolica, che conta oggi più 93 membri a pieno titolo e 227 membri associati in rappresentanza di 127 paesi, ha accolto l’invito del Concilio, ha cercato di attuarlo e vuole continuare a farlo.  La numerosa e qualificata partecipazione a questo Congresso sta a dire la vitalità del lavoro svolto. È la prima volta che un numero così alto di vescovi, assieme a tanti fedeli, provenienti da più di cento paesi del mondo, e con la presenza di non pochi rappresentanti delle altre Chiese, si radunino per riflettere sulla centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa. E permettete che ringrazi la Conferenza Episcopale Italiana per il contributo dato per la realizzazione di questo nostro Congresso, unitamente alla Siemens Italia che, con lungimiranza e generosità, ha compreso che l’aiuto per un incontro come questo non è lontano dalle finalità di una impresa che guarda al mondo intero. Nel ringraziarli mi auguro che tale rapporto possa irrobustirsi.


Il Congresso – come si può vedere dal programma – si articolerà attorno a tre relazioni principali: quella del cardinale Kasper che sottolineerà maggiormente l’aspetto teologico della Dei Verbum, quindi quella dell’arcivescovo Onaiyekan che traccerà l’itinerario degli ultimi quaranta anni, e la terza del cardinale Martini che rifletterà soprattutto sull’aspetto pastorale della Costituzione. Ci saranno inoltre una serie nutrita di tavole rotonde nelle quali si mostrerà lo straordinario cammino avvenuto nella Chiesa circa il rapporto dei fedeli con le Sacre Scritture, si sottolineeranno le problematiche ancora oggi aperte, e si individueranno le prospettive più efficaci perché la Bibbia diventi il libro di ogni credente e di tutte le comunità cristiane.



 


All’inizio del terzo millennio


 


Certamente dobbiamo fin da ora ringraziare il Signore per il cammino compiuto. I cristiani sono entrati nel terzo millennio con un notevole bagaglio di conoscenza e di amore per le Sante Scritture. Tuttavia non dobbiamo nasconderci che il cammino da compiere perché la Bibbia abbia la sua centralità nella vita pastorale delle nostre comunità, è ancora lungo. Non che possa aversi un tempo in cui il cammino sia compiuto; ogni generazione cristiana infatti deve lasciarsi plasmare dalla Parola di Dio, ascoltarla e comunicarla. Ed è un impegno indilazionabile. Vorrei, come in sintesi, raccogliere l’esortazione di Giovanni Paolo II ai cristiani dell’Europa e riproporla a tutte le Chiese: “Chiesa in Europa, entra nel nuovo millennio con il libro del Vangelo!… nello studio attento della Parola troveremo alimento e forza per svolgere ogni giorno la nostra missione”. Non si tratta di una semplice esortazione, quanto della missione stessa della Chiesa all’inizio del terzo millennio. E aggiungeva il Papa: “Prendiamo nelle nostre mani questo Libro! Accettiamolo dal Signore che continuamente ce lo offre tramite la sua Chiesa (cfr Ap 10,8). Divoriamolo (cfr Ap 10,9), perché diventi vita della nostra vita. Gustiamolo fino in fondo: ci riserverà fatiche, ma ci darà gioia perché è dolce come il miele (cfr Ap 10. 9-10). Saremo ricolmi di speranza e capaci di comunicarla a ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino”(Ecclesia in Europa, 65).


Ma guardando oggi le nostre comunità ecclesiali constatiamo che c’è ancora poca Bibbia nella vita dei credenti. Le situazioni dei paesi sono ovviamente molto diverse. Ma tutti si sente l’urgenza di una maggiore presenza della Parola di Dio nella vita delle nostre comunità. Una recente inchiesta condotta tra i cattolici praticanti in Spagna, Francia e Italia, riporta che l’80% ascolta la Bibbia solo durante la Messa della domenica, e appena il 3%, sempre dei praticanti, la legge ogni giorno. Ovviamente questo comporta non solo un’ignoranza materiale sulla Bibbia (ad esempio, il 40% crede che san Paolo abbia scritto un Vangelo e il 26% anche san Pietro), ma soprattutto non la sente come il proprio libro, come il libro della propria vita. Sembrerebbe, insomma, che per i cattolici praticanti europei la Bibbia sia ancora un libro per lo più “riservato al clero”. C’è però un dato che ci interroga perché mostra il desiderio che i fedeli hanno della parola di Dio. Il 41% dei praticanti ritiene che l’omelia sia il momento più utile per la crescita della fede. Questo sta a dire che questo momento della Liturgia Eucaristica ha una potenzialità assolutamente straordinaria per la crescita della fede nei fedeli. E qui la domanda si fa incalzante: come sono le omelie delle nostre celebrazioni? Credo che nessuno di noi abbia dubbi sulla urgenza di una approfondita riflessione su questo aspetto della vita pastorale. Uno scrittore italiano, scrisse un picco libro, intitolato: L’omelia, tormento dei fedeli.  Ma, oltre a questo, numerosi sono gli altri problemi aperti. Basti pensare al rischio della interpretazione fondamentalista della Bibbia o, al suo contrario, alla sua relativizzazione persino nelle celebrazioni liturgiche (talora capita che si preferiscano testi letterari alla Sacra Scrittura anche nelle celebrazioni liturgiche!). In questi giorni emergeranno non poche questioni legate al nostro tema, dalle traduzioni nella varie lingue alla questione dei libri liturgici, dalla distribuzione a tutti della Bibbia all’impegno perché sia il libro della vita di ogni credente. E così oltre. In tale contesto è auspicabile un dialogo ancor più stretto con le Società Bibliche dei diversi paesi, sia per i problemi relativi alla traduzione che sui commenti. Molte sono comunque le tavole rotonde per poter affrontare con ampiezza il nostro tema.


 


La centralità della Parola di Dio


 


Ma una parola vorrei spenderla per sottolineare il cuore della preoccupazione del nostro congresso, ossia l’incontro dei credenti con la Parola di Dio. Non mi dilungo sulla necessità della diffusione della Bibbia. È necessario ogni sforzo perché giunga nelle mani di tutti i credenti. Direi che è un diritto fondamentale di ogni cristiano avere la Bibbia, la sua Bibbia. Giovanni Paolo II, intervenendo all’assemblea della Conferenza Episcopale Italiana sulla Parola di Dio, disse: “L’impegnativo compito della nuova evangelizzazione passa attraverso la riconsegna della Bibbia all’intero popolo di Dio”(1997). Talora capita che persino in qualche parrocchia si fatichi per trovare una Bibbia; se è doveroso che ci siano i libri liturgici, in particolare i Lezionari, è ancor più evidente che deve esserci la Bibbia. Essa è, in certo modo, come il tabernacolo della Parola di Dio: va onorata e aperta perché tutti possano nutrirsene, appunto, come con l’Eucarestia. Ed è importante sottolineare l’impegno da assumere perché ogni cristiano abbia la sua propria Bibbia, quella che legge ogni giorno, quella che si porta anche in vacanza. Posso testimoniare l’efficacia che vedo nella diocesi di Terni, ove sono vescovo, con la consegna ogni anno a ciascun fedele di un libro della Bibbia da me brevemente commentato. Il testo diviene così fruibile immediatamente in una sorta di lectio divina popolare. Ma il cuore della questione è il rapporto tra la Bibbia, la comunità e il credente. E lo esprimo con un interrogativo semplice e tuttavia decisivo: la Bibbia è la vera ispiratrice della vita dei credenti in tutti i suoi aspetti? La Bibbia è la sorgente della pastorale nelle nostre diocesi, nelle nostre parrocchie? Se Gregorio Magno diceva: “la Sacra Scrittura cresce con chi la legge”; cresciamo noi e le nostre comunità sotto la guida della Parola di Dio? Un amico esegeta mi raccontò che un vescovo gli diede la bozza della sua lettera pastorale e gli disse: “aggiungi al testo qualche frase biblica efficace”. In passato, la Bibbia per lo meno serviva a dimostrare la verità dei dogmi e non le nostre affermazioni! In questo piccolo episodio si vede, in  modo emblematico, l’equivoco di pensare la Bibbia al nostro servizio, di crederla un bagaglio di frasi da usare a nostro piacimento. C’è invece l’urgenza di ritrovare il primato della Parola di Dio sia nella nostra vita spirituale che in quella pastorale. Qualcuno giunge a parlare di “egemonia” della Scrittura sulla nostra vita. Egemonia non vuol dire esclusivismo ma lasciare che la Bibbia ispiri l’intera vita del credente e della comunità.E’ un imperativo per noi! Sappiamo bene che la Bibbia va letta nella Chiesa, Sant’Agostino amava dire che va letta sulle ginocchia della Santa Madre Chiesa. Non mi dilungo su questo. Mi permetto solo d’introdurlo con alcune suggestive affermazioni del cardinale Ratzinger: “La chiesa non è la parola, ma il luogo in cui abita e vive la parola. Ciò significa che essa è obbligata ad essere veramente spazio di vita e non spazio di morte per la parola. La chiesa non può permettere che la parola si perda nella chiacchiera di una persona qualunque, nelle parole dei tempi che cambiano, ma la deve conservare nella sua immutabile identità. Ma perché la parola sia conservata, la chiesa deve viverla, deve soffrirla. Deve sottoporre le forze vitali di un’epoca al giudizio di questa parola, ma deve anche mettere a disposizione della parola una nuova vita, carne e sangue umani. Limitarsi puramente a conservare sarebbe scansare la sofferenza e non sarebbe certo un portare la parola nel tempo presente” (Dogma e predicazione, p. 20). Considerata in questa prospettiva vitale la Bibbia diviene luce che illumina la vita spirituale, la vita pastorale, la cultura, le scienze, la psicologia, la sociologia, la stessa politica e gli altri campi della vita. Del resto il vescovo, il teologo, il sacerdote, il seminarista, il religioso, anzi ogni cristiano, in quanto tale, non deve forse nascere e formarsi con il seme incorruttibile della Parola di Dio? E desidero ricordare ora che doveva venire al nostro Congresso ma è stato incarcerato la settimana scorsa in Ruanda. Preghiamo per lui, siamo vicini e auspichiamo che si liberato al più presto.


La Parola di Dio ci tocca tutti; anche in questo Congresso non possiamo esimerci neanche noi dal chiederci: “Quanto tempo dedico alla lettura e all’ascolto della Bibbia? E quanti libri della Bibbia ho letto?” In interrogativi come questi – che coinvolgono tutti i credenti, noi compresi – si manifesta l’intensità dell’amore per la parola di Dio e l’intensità del desiderio di ascoltare il Signore. Questo porta a dire che è indispensabile trovare il tempo per leggere la Bibbia, sino ad apprenderla a memoria; e se accade che si ha poco tempo perché c’è tanto da fare, è il “da fare” che deve essere sacrificato, piuttosto che l’ascolto della Parola di Dio. Sappiamo bene che tutto ciò richiede una lotta contro la mentalità e la stessa cultura nella quale siamo immersi, una cultura che rende l’ascolto sempre più difficile. Ma l’ascolto della Parola di Dio, la lectio divina, diviene il banco di prova per la Chiesa di questo nuovo millennio. Del resto sappiamo bene che la comunità cristiana dipende dall’ascolto della Parola. Scrive la Dei Verbum: “Nella parola di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e vigore della Chiesa, saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale. Perciò si deve riferire per eccellenza alla Sacra Scrittura ciò che è stato detto: vivente ed efficace è la parola di Dio”(21).  Per questo le Sante Scritture non possono essere solo di qualcuno, magari del clero o dei colti. Giovanni Paolo II, presentando il documento del 1993 della Pontificia Commissione Biblica dal titolo L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, diceva: “È motivo di gioia vedere la Bibbia presa in mano da gente umile e povera, che può fornire alla sua interpretazione e attualizzazione una luce più penetrante, dal punto di vista spirituale ed esistenziale, di quella che viene da una scienza sicura di se stessa”. E  Benedetto XVI, continuando su questa linea, diceva che “il popolo cristiano è il vero proprietario della Bibbia e perciò il suo vero esegeta”(Il sale della terra, 302). Nell’ascolto della Bibbia, infatti, il credente scopre la sua vera identità: essere discepolo. È questo il significato della splendida apertura della Dei Verbum: “In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia”. L’ascolto della parola di Dio significa lasciarsi formare da essa, lasciarsi condurre, lasciarsi offrire le parole perché diventino nostre. La Bibbia, insomma, fa la Chiesa anche nel senso che “fa” il credente, che lo edifica a sua immagine e somiglianza. E dall’ascolto della Parola il discepolo diviene apostolo, ossia forte nel proclamare agli altri la Parola che lui per primo ha ascoltato.


 
Un nuovo entusiasmo per la Parola di Dio

 


Cari amici, queste mie brevi parole, volevano solo introdurre il nostro lavoro. Qualcuno di voi oggi mi chiedeva: cosa dobbiamo attenderci da questo Congresso? La risposta non è facile. Ma sento nel cuore un’ambizione che traggo dall’omelia del beato Giovanni XXIII nella presa di possesso di San Giovanni in Laterano: “Se tutte le sollecitudini del ministero pastorale ci sono care e ne avvertiamo l’urgenza, soprattutto sentiamo di dover sollevare da per tutto e con continuità di azione l’entusiasmo per ogni manifestazione del libro divino, che è fatto per illuminare dall’infanzia alla più tarda età del cammino”. Cari amici, questo “entusiasmo per ogni manifestazione del libro divino” che il beato Giovanni XXIII voleva suscitare al suo tempo, e vi riuscì con il Concilio che lui volle iniziare, è quel di cui c’è bisogno anche oggi. Mi auguro che questo Congresso aiuti a suscitare in noi e in tanti un nuovo entusiasmo per la parola di Dio. Benvenuti a tutti! E buon lavoro! Grazie.

THE WORD OF GOD IN THE LIFE OF THE CHURCH – english

LA PALABRA DE DIOS EN LA VIDA DE LA IGLESIA – espanol