Vanno create reti di dialogo e una informazione non asservita a interessi di parte

Quali sono i limiti delle tecnologie? Mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, è intervenuto oggi in occasione della Conferenza sulla Medicina Rigenerativa organizzata dal Pontificio Consiglio per la Cultura insieme alla Cura Foundation, in Vaticano.

Affrontando il tema «Genetica ed etica», mons. Paglia ha notato che  «anche solo dal punto di vista “biologico” i ricercatori scoprono sempre di più un vivente complesso: la sua evoluzione coinvolge l’espressione dei suoi geni, appartiene a ecosistemi che lo modificano, è flessibile nella sua capacità di adattarsi. Così mentre la biologia sembra uscire da un funzionalismo troppo stretto, sono le biotecnologie che rischiano di ricaderci. Di questo dobbiamo tenere conto se vogliamo affrontare con oggettività e pertinenza le sfide tecniche ed etiche che provengono dall’utilizzazione delle nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche sull’uomo. Prendersi cura dell’uomo non può limitarsi a un aumento quantitativo del numero e della intensità delle sue funzioni, come se si trattasse del miglioramento delle prestazioni di una macchina o di un organismo animale».

Mons. Paglia ha portato tre esempi di biotecnologie con ricadute in campo etico. Primo:  intervenire sui geni «rischia di diventare una norma cui uniformarsi favorendo la selezione e la segregazione delle persone, secondo una vera e propria discriminazione genetica. Già si sente parlare di esame genetico preconcezionale per i potenziali genitori, che sarebbe allora una sorta di autorizzazione a concepire». Secondo: «le nuove metodologie della modificazione delle cellule germinali (o di embrioni nei primissimi stadi di sviluppo), con trasmissione dei cambiamenti alla discendenza». Terzo: le tecniche di intervento sulle cellule somatiche (editing del genoma):  «la tecnica del CRISPR-Cas9 pone la questione della perdita di un confine netto tra gli interventi terapeutici e quelli migliorativi. La distinzione dipende ampiamente dal contesto: lo stesso intervento (per es. la crescita di vasi sanguigni o tessuto muscolare) può essere considerato terapeutico per combattere una malattia o migliorativo per aumentare le prestazioni atletiche».

In conclusione mons. Paglia ha ribadito che come già sottolineato dal Magistero Pontificio nel Novecento (Paolo VI) e da Papa Francesco, «occorre assicurare un dibattito scientifico e sociale che sia responsabi­le e ampio, in grado di considerare tutta l’infor­mazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome. A volte non si mette sul tavolo l’in­formazione completa, ma la si seleziona secondo i propri interessi, siano essi politici, economici o ideologici. Questo rende difficile elaborare un giudizio equilibrato e prudente sulle diverse que­stioni, tenendo presenti tutte le variabili in gioco. È necessario disporre di luoghi di dibattito in cui tutti quelli che in qualche modo si potrebbero vedere direttamente o indirettamente coinvolti (agricoltori, consumatori, autorità, scienziati, produttori di sementi, popolazioni vicine ai campi trattati e altri) possano esporre le loro problematiche o accedere ad un’informazione estesa e affidabile per adottare decisioni orientate al bene comune presente e futuro».