Umanesimo, laici e credenti in dialogo

E’ ormai tradizione consolidata che in questi nostri Incontri ci sia un momento di confronto tra laici e credenti. E, penso, con qualche originalità. Va ricordato che i primi tentativi di tale dialogo possiamo farli risalire agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando cristiani e marxisti si incontravano per supera quel baratro politico-culturale che li divideva. Era in realtà un confronto tra due “chiese”. Il mondo più propriamente laico, di fatto, sfuggiva a questo bipolarismo, anche perché non era caratterizzato da quel messianismo che segnava, invece, sia il cristianesimo che il marxismo. Il mondo propriamente laico era fuori di questo orizzonte, anche perché non nutriva quel messianismo che invece coinvolgeva sia i cristiani che i marxisti. Con Giovanni XXIII passò l’invito a cercare anzitutto quel che unisce e mettere da parte quel che divide. E si avviò una nuova epoca di confronto nella quale si indicava soprattutto uno stile di vita, un modo di rapportarsi che facesse evitare lo scontro: la discordia non significava inimicizia e la differenza non equivaleva a conflitto. Quel che univa poteva aiutare l’espansione del consenso. E credo che il crollo del muro di Berlino che è stato ricordato sia da iscrivere tra i frutti positivi di questo incontro. Il professor Michnik è uno dei testimoni di tale positivo processo.

La storia successiva ci dice comunque che non basta abbattere un muro di pietra per costruire una convivenza stabile e pacifica tra le parti. Gli ultimi trenta anni ci avvertono che i frutti positivi possono anche essere sprecare se non si procede con creatività verso nuove sintesi. L’umanesimo non è una dimensione fissa una volta per tutte. Al contrario è un orizzonte che chiede creatività e passione. Dopo l’89, in effetti, c’erano prospettive vere di pace (fu firmata la pace in Mozambico a Sant’Egidio, fu cancellata l’Apartheid in Sud Africa, furono firmati gli accordi di Oslo) ma il cedimento alle guerre balcaniche ha sprecato la pace innescando una balcanizzazione non solo della ex-Jugoslavia ma del mondo intero. Da allora ad oggi sono stati alzati più di altri venti muri nel mondo, le divisioni si sono moltiplicate e l’Europa non ha trovato una sua radicata unità, come mostra il bel libro di Jaques Rupnick, Senza il muro. Le due Europe dopo il crollo del comunismo.  Il cammino va ripreso con maggiore audacia e creatività per superarre un risorgete fondamentalismo nazionalista.

Gli incontri tra laici e credenti fatti all’interno dello “Spirito di Assisi” rappresentano un filo rosso ha toccato corde profonde, direi spirituali, senza bloccarsi nelle secche di una politica di corto respiro e neppure un dibattito astratto tra fede e ragione segnato da un orizzonte ideologico. E’ questa l’originalità cui accennavo. Ci siamo resi conto che era necessario andare al fondo delle nostre ragioni e del nostro impegno. Ricordo l’incontro avvenuto diversi anni fa a Barcellona con Felipe Goncales ove apparve chiara l’urgenza di abbandonare ogni prospettiva fondamentalista per vivere nella comune passione per una società più solidale. Ricordo anche il vescovo Pietro Rossano che, nell’incontro di Varsavia del 1989, diceva: “Riteniamo di poter affermare che la santità salverà il mondo. Perché soltanto essa è capace di muovere liberamente gli uomini a servire Dio e i fratelli”.

Lo “spirito di Assisi” ci ha spinto a scendere più in profondità. Il dialogo è divenuto, assieme, interreligioso e interculturale. Sono emerse le antiche e ingenue domande di sempre: possiamo costruire un mondo senza violenza, senza miseria, senza egoismo, questa volta però non da soli, ma assieme e con nuova energia? Siamo divenuti consapevoli che in un mondo globalizzato, ove l’uomo per la prima volta nella storia umana ha la capacità di distruggere il pianeta, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Nessuno ormai può salvarsi da soli. La crisi nucleare prima, quella ecologica poi e quella dell’uomo ora ci mostrano un mondo in una mutazione profonda che richiede l’impegno di tutti.

Per di più una cultura iper-individualista –intristita nel suo narcisismo – sta minando alla radice quella dimensione della socialità e della comune destinazione che è costitutiva dell’umano. Insomma, alla morte di Dio sta seguendo anche quella del prossimo, come titola il suo bel volumetto Zoja. L’Io, nuovo padrone del mondo, si pensa come “ab-solutus”, sciolto da qualsiasi legame. Si sente l’Unico! E’ questo il senso più radicale del primo omicidio-fratricidio. Caino non poteva sopportare la presenza di un altro. L’Io si sente l’Unico! Papa Francesco parla di cambiamento d’epoca, Baumann di mondo liquido, Beck di metamorfosi. Tutti convergono nel dire che ci troviamo di fronte problemi giganteschi che non possono essere affrontati in maniera superficiale e ciascuno per proprio conto. Come salvarsi assieme?

La deriva drammatica nella quale ci troviamo – già qualche anno fa Hans Jonas avvertiva con il suo piccolo libro sui pericoli della crisi ambientale dal significativo titolo Sull’orlo dell’abisso – costringe credenti e laici a cercare un nuovo umanesimo per salvare sia il creato che l’umanità. E’ la visione da riscoprire e riproporre. C’è bisogno di ripercorrere in maniera nuova le domande antiche su Dio, sull’uomo, sul mondo, sulla vita e sulla morte, per elaborare una nuova sintesi che fermenti il mutato contesto sociale e culturale. Le tre religioni abramitiche, hanno una grande responsabilità. “Gloria di Dio è l’uomo vivente” diceva Ireneo di Lione all’inizio della storia cristiana; “chi salva un uomo, salva il mondo”, diceva Maimonide raccogliendo l’eredità ebraica; e il Corano afferma: “Chi avrà vivificato una persona sola è come se avesse dato vita all’umanità intera”. Nelle tre religioni abramitiche è chiara la centralità della persona umana e dell’intera famiglia umana. I laici possono trovare un’alleanza immeditata con i credenti. E’ urgente perciò che i credenti e i laici tornino a parlarsi e a incontrarsi, per un nuovo umanesimo.

Mi paiono significative queste parole di un filosofo laico italiano, Eugenio Lecaldano: “Forse i tempi sono maturi perché chi crede in Dio e chi procede senza Dio – ritenendo che tutto ciò che conta accade nella realtà naturale di cui abbiamo esperienza con le nostre sensazioni ed emozioni – possano lavorare insieme per garantire la sopravvivenza della specie umana, non perdendo di vista le esigenze di una crescita del benessere e di un incremento della libertà e della giustizia nei rapporti sociali”. E Regis Debray, per fare un altro esempio, in uno dei nostri incontri, chiedeva: “Che cosa, noi laici d’occidente ci aspettiamo da voi, rappresentanti delle grandi correnti spirituali dell’umanità? Vi chiediamo innanzi tutto di svegliarci. Abbiamo bisogno di aprire gli occhi sul mondo così come è: ingiusto, pericoloso e poco evangelico. Perché questo bisogno? Perché viviamo nella sonnolenza, noi che fumiamo ogni giorno “l’oppio del popolo”, e cioè il sonnifero mediatico che sta nelle mani del denaro e della facilità…Perché la vostra voce è forte e voi parlate dell’alto della Montagna…, cioè come nel Sermone della Montagna che ha purificato, che ha sostituito la legge del taglione. Siete in minoranza. Finalmente! È una fortuna formidabile. Approfittatene. Approfittiamone. Siete portatori di una concezione globale della persona umana, della sua dignità e della sua vocazione profonda. E non di interessi nazionali, ristretti o di categoria. La vostra libertà di parola è incomparabile”. E concludeva: “Siete incaricati della sovversione spirituale della realtà materiale, di sovvertire la guerra, il disprezzo e il dominio”.

Sono parole che provocano i credenti. E papa Francesco testimonia la forza della fede cristiana – quella irrorata dal Vangelo – che sconvolge le sicurezze di formule stratte che non scaldano e non cambiano né i cuori né la storia. Non è più sufficiente il pur necessario “ritorno all’etica”, possiamo dire con il laico Luc Ferry. La morale è utile e anche necessaria. Ma rimane nell’ordine del divieto. Il semplice umanesimo dell’autenticità e dell’imperativo morale non basta. “Se le etiche laiche, anche le più sofisticate e perfette, dovessero costituire l’orizzonte ultimo delle nostre esistenze, ci mancherebbe qualcosa di più, per la verità, l’essenziale, l’amore”, così Ferry.

Si comprende così perché, di fronte alle grandi sfide, va evitato che il dibattito si restringa semplicemente al problema della laicità. La questione oggi è più profonda e riguarda i fondamenti della convivenza. In società come le nostre che sono ormai spaesate e disorientate di fronte a nuovi vicini e a un mondo globale, la religione e la ragione sono chiamate a rifondare l’identità personale e comunitaria, a legare i diversi in un comune destino, a sognare la comune destinazione dei popoli. C’è bisogno di una passione sia religiosa che umanistica in un mondo che si individualizza sempre più sino a frantumarsi.

La fede ebraico-cristiana e la ragione occidentale (più la democrazia politica), a motivo dello stretto legame che le unisce, possono diventare attori importanti nel dialogo tra le culture e tra le religioni del mondo, con l’obiettivo–guida dell’affermazione di un umanesimo condiviso. Ed ecco perché l’Europa è chiamata a riscoprire la sua vocazione di dialogare con gli altri partners religiosi e culturali per l’individuazione di una ragione comune e quindi di un diritto per l’uomo per il dimorare nel mondo. Non possiamo restare chiusi nei rispettivi recinti immobili. C’è bisogno di praticare quella che Paul Ricoeur chiamava la “ospitalità delle convinzioni”. Ne guadagneremo tutti. Se si scende al fondo delle proprie fedi o delle proprie tradizioni culturali, è più facile incontrarsi. E’ in queste profondità che si colgono le energie che muovono i santi e gli spiriti alti. Ed è in esse che si scopre la “via amoris”, la via dell’amore, della solidarietà e della fraternità. La fede biblica richiama cristiani ed ebrei a globalizzare l’amore. Pensiamo alla visione di Isaia e a quella dell’Apocalisse. Questa via non passa lontano a quella dei Diritti dell’uomo, che alcuni laici immaginano come una sorta di religione dei non credenti. Su questa via – la via amoris – ci troveremo assieme, laici e credenti, più forti per affrontare le sfide di una globalizzazione dis-umana. Cari amici, il mondo è in crisi anche perché siamo troppo debolmente d’accordo. E’ urgente incamminarsi verso un nuovo umanesimo che non può non essere globale.

Incontro internazionale di preghiera per la pace “Religioni e culture in dialogo” organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio a Madrid: Peace with no borders.
Madrid, 17 settembre 2019, Panel 25: Seminario Conciliar, Aula Magna: Laici e credenti parlano di umanesimo