XXIV Settimana del Tempo Ordinario – martedì
[11]In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla. [12]Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. [13]Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non piangere!». [14]E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Giovinetto, dico a te, alzati!». [15]Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. [16]Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo». [17]La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.
Un giovane è morto. E’ figlio unico di madre vedova. Ogni filo di speranza appare definitivamente spezzato. Nulla è più possibile né per quel figlio nè per la madre, se non seppellire l’uno e accompagnare l’altra consolandola per il dolore. Tuttavia, quel che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. Gesù, vedendo quel corteo funebre, si commuove per quella vedova che accompagnava al cimitero il suo unico figlio. Le si avvicina e le dice di non piangere, poi prende per mano il giovane e gli dice: “Giovinetto, dico a te, alzati!” E quel giovane si alza e si mette a parlare. Non aveva detto il centurione: “Di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”? La parola evangelica è sempre efficace se accolta con il cuore. Essa fa risuscitare la vita, ridona energia a chi l’ha persa, dona un cuore nuovo a chi l’ha di pietra, dona fratelli e sorelle a chi è solo. Sono tanti i giovani che, oggi, vivono senza speranza per il loro futuro, i quali tuttavia attendono qualcuno che dica loro: “Giovane, dico a te, alzati!” Il Vangelo ci aiuta a sperare e ad operare per loro.