Un nuovo umanesimo per non vanificare il sacrificio di molti

È passato esattamente un anno dallo scoppio della pandemia in Italia. Il 20 febbraio con un’apposita legge approvata all’unanimità dai due rami del Parlamento è stato dichiarato giorno della memoria dei medici e operatori sanitari deceduti a causa del virus. È stato un giorno al quale si sono uniti anche il Presidente Sergio Mattare lla e lo stesso papa Francesco, ciascuno con un proprio messaggio, mentre i presidenti del Senato e della Camera lo hanno pronunciato personalmente durante la cerimonia. Non si ricordavano solo gli operatori sanitari deceduti durante questo anno di pandemia (il cui numero è alto, più di 360), ma il ricordo è andato anche agli altri deceduti per il Covid-19 in questo anno.

I numeri sono drammatici: solo in Italia si calcolano oltre 95mila i decessi e nel mondo quasi 2 milioni e mezzo. La maggioranza ultrasettantacinquenni. Una vera strage. La loro memoria mostra i frutti più amari della pandemia. Ma quanti altri drammi dobbiamo rilevare, a tutti i livelli della società e delle età degli uomini e delle donne. La pandemia ha diviso la storia in prima e dopo. Nulla sarà più come prima! Proprio nulla.

Ma come sarà il domani? Dipende da noi. Richiede scelte da fare. E da subito. Papa Francesco ci ricordava che siamo tutti nella stessa barca.

Ed esortava altresì a remare tutti nella stessa direzione se vogliamo uscire dalla tempesta e raggiungere un porto, un luogo finalmente sicuro. Sì, dobbiamo individuare la rotta da seguire, l’orizzonte verso cui dirigere la difficilissima navigazione di oggi.

L’orizzonte unico che può farci uscire dalla tempesta di questa pandemia è un nuovo umanesimo planetario, un nuovo modello di sviluppo che porti oltre le onde anomale di un individualismo selvaggio che ci ha portato a inquinare il clima, a distruggere il Creato e ad avvelenare le relazioni tra i popoli. C’è una lezione che la pandemia ci ha insegnato: siamo tutti connessi. Il virus non conosce frontiere di nessun genere. Questa connessione, che abbiamo sperimentato nel male, dobbiamo sceglierla come uno stile di vita e di governo.

È la visione che papa Francesco ho offerto ai credenti e a tutti i popoli con l’enciclica Fratelli tutti. La via della “fraternità universale” è l’orizzonte comune che tutti dobbiamo scegliere, è la rotta verso cui tutti dobbiamo remare. Non possiamo lavarcene le mani, con la distanza, con la noncuranza, con il disinteresse. O siamo fratelli, o crolla tutto. È la sfida del nostro secolo, è la sfida dei nostri tempi.

Non importa l’età, la salute, il prestigio che abbiamo. Il piccolo o grande remo che è nelle nostre mai, mettiamolo all’opera: il mondo sarà certamente migliore.