Un amore senza confini – introduzione

I quattro Vangeli, cuore della rivelazione biblica, sono il tesoro più prezioso della Chiesa. Il Concilio Vaticano II, nella Dei Verbum, scrive: «Tra tutte le Scritture… i Vangeli meritatamente eccellono, in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo Incarnato, nostro Salvatore». Per questo, parafrasando un detto di san Girolamo, si può dire: «L’ignoranza del Vangelo è ignoranza di Cristo». I Vangeli sono la fonte più ricca e più certa per conoscere e amare Gesù. Furono scritti proprio per questo, appunto far conoscere e amare Gesù.

Lo scrive esplicitamente l’autore del quarto Vangelo, al termine della sua opera: «Molti altri segni fece Gesù […] ma non sono stati scritti in questi libri. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20,30-31). Gli evangelisti perciò non intesero comporre una vera e propria storia di Gesù ma dei piccoli libri che conducessero il lettore a innamorarsi di Gesù. Ovviamente essi narrano fatti realmente accaduti, sebbene ognuno li organizzi secondo un suo piano letterario particolare. (…)

I Vangeli, attraverso la Chiesa nella quale sono nati e al cui interno vivono e sono proclamati, ci mettono in contatto con Gesù stesso. Non sono libri come tutti gli altri. I Vangeli rendono presente Gesù che parla. Ascoltando queste pagine il credente riceve un’energia interiore, misteriosa ma realissima, che cambia, che guarisce,

che trasforma, che salva. Sono ormai venti secoli che accade. Chiunque ha ascoltato i Vangeli e si è lasciato toccare il cuore non è stato più lo stesso di prima. E anche il mondo, da allora, è cambiato. I Vangeli sono stati come il lievito buono che ha fermentato la pasta del mondo e che continuamente deve ancora fermentarla. Non si ascoltano, infatti, una volta per tutte. In essi è contenuta la Parola viva che accompagna quotidianamente il credente. Ogni generazione è chiamata ad accogliere e a confrontarsi con questa Parola.

Il primo millennio iniziò, appunto, quando la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo agli uomini. E quando i primi discepoli l’accolsero e la seguirono il Vangelo iniziò la sua opera nel mondo suscitando una storia d’amore che ha cambiato come non mai la vicenda umana. E a ogni tornante della storia il Vangelo è nuovamente donato agli uomini perché si lascino cambiare il cuore e la vita. Anche all’inizio del secondo millennio si sentì forte il bisogno di lasciarsi guidare dal Vangelo. Francesco di Assisi fu un esempio incredibilmente chiaro di come il Vangelo trasforma la vita. Egli ascoltò il Vangelo e volle applicarlo “senza aggiunte”, alla lettera. Scrive il Celano: «L’aspirazione più alta di Francesco, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo». E Francesco di Assisi continua ancora oggi a essere un esempio di come leggere il Vangelo. Anche all’inizio di questo terzo millennio il Vangelo deve informare la vita della Chiesa.

Giovanni Paolo II esortava a ripartire da Cristo; e ai cristiani europei diceva: «Chiesa in Europa, entra nel nuovo millennio con il libro del Vangelo!». E, con quella passione che lo ha portato pellegrino del Vangelo ovunque nel mondo, aggiungeva: «Prendiamo nelle nostre mani questo Libro! Accettiamolo dal Signore che continuamente ce lo offre tramite la sua Chiesa (cfr. Ap 10,8). Divoriamolo (cfr. Ap 10,9), perché diventi vita della nostra vita. Gustiamolo fino in fondo: ci riserverà fatiche, ma ci darà gioia perché è dolce come il miele (cfr. Ap 10. 9-10). Saremo ricolmi di speranza e capaci di comunicarla a ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino».

Siamo all’inizio del terzo millennio. Dobbiamo ripartire dal Vangelo: è il segreto della Chiesa di questo tempo, mentre le nostre società sembrano aver smarrito la via dell’amore. L’insicurezza e la paura che segnano la vita di questo nostro mondo, le incredibili ingiustizie che lacerano la vita di tanti popoli, le guerre che ancora continuano a mietere vittime innocenti, le ingiustizie che feriscono la vita dei più deboli, a volte si tratta di Paesi interi, possono essere superate dal Vangelo. Il rischio è che i credenti, essi per primi, non credano alla forza del Vangelo e quindi si rassegnino alla tristezza dei tempi. È urgente riprendere ad ascoltare con passione questi quattro piccoli libri. Da essi riceviamo l’amore di Gesù.

Il Vangelo ci comunicherà la sua stessa compassione, la sua stessa mitezza, la sua stessa forza. Imitiamo Pietro il quale, dopo una notte di pesca fallimentare, rispose all’invito di Gesù di gettare le reti dall’altra parte: «Sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). E la pesca fu miracolosa.

Ma anche chi non crede può prendere ugualmente tra le sue mani i Vangeli: apprenderà la profondità e la bellezza di un amore, quello di Gesù, che non conosce confine alcuno. E scopriremo assieme quanto sia vero quel che Gesù disse al termine del discorso della montagna: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde perché era fondata sulla roccia» (Mt 7,24-25). Se vogliamo costruire saldamente la nostra vita, quella personale e quella dell’intera società, riprendiamo a nutrirci ogni giorno del Vangelo: ridona il cuore e aiuta a rendere più umana la vita. (…)

Seguendo fedelmente la lettura siamo come presi per mano e aiutati a entrare nei giorni di Gesù: lo seguiremo nei suoi viaggi, parteciperemo alla sua compassione per tutti, prenderemo parte alla sua tenerezza per i piccoli e i deboli, ci commuoveremo per la sua passione nel difendere i poveri, gioiremo per la festa che nasceva attorno a lui ovunque andava, parteciperemo alla sua lotta per far arretrare il male, resteremo stupiti per l’amore che lo ha portato sino alla morte, ma gioiremo per la sua risurrezione che ha sconfitto definitivamente il peccato e la morte (…).

Matteo, a un mondo complesso, com’era quello di Antiochia, comunica l’urgenza della compassione di Gesù per le folle. Potremmo dire che è quel di cui hanno bisogno anche gli uomini e le donne di questo nostro mondo contemporaneo. Ma la comunicazione del Vangelo avviene attraverso comunità cristiane che siano veramente tali. Matteo ha un grande senso della comunità: a essa il Signore affida la nuova legge di un amore senza confini, anche per i nemici (cfr. Mt 5,43-48), di un perdono illimitato, di una preoccupazione continua per i fratelli (cfr. Mt 18) e per i poveri. Lo stesso Gesù, nuovo Mosè, Messia e Figlio di Dio, non ha rinunciato ad amare neppure di fronte alla sofferenza, perché non ha voluto salvare la sua vita, ma quella del mondo. Per questo il Padre lo ha risuscitato dai morti.