“Te Deum” di ringraziamento

"Te Deum" di ringraziamento

Care sorelle e cari fratelli,


è una tradizione bella ritrovarsi assieme al termine dell’anno per ringraziare il Signore con la Santa Liturgia Eucaristica e l’antico canto del Te Deum. La presenza delle autorità della città – le ringrazio tutte per la loro partecipazione – rende questo momento ancor più significativo: sottolinea lo stretto rapporto che lega la Chiesa alla Città e la Città alla Chiesa. Vorrei anzi dire che la Chiesa non può vivere senza avere gli occhi e il cuore diretti verso la città. E, in un certo senso, è così anche da parte della società civile. E’, infatti, questo il significato del dono del calice che il Comune di Terni, al termine di ogni anno, fa al vescovo perché lo consegni ad una parrocchia: quest’anno sarà dato alla nuova chiesa di Valenza.


La Costituzione Conciliare Gaudium et Spes – le due parole che ho voluto mettere nel mio stemma episcopale – si apre così: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Gesù, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. Questa sera ci presentiamo davanti a Dio per presentargli le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di Terni perché le accolga e continui a benedire e a proteggere questa nostra amata città. In tale contesto sono da inserire le parole di preoccupazione che abbiamo presentato al Governo Italiano per salvaguardare i diritti degli operai dell’amianto e per quelli del tabacco. Tutto ciò che riguarda la vita della città non solo non ci è estraneo, ma lo sentiamo nostro.


Le parole che Dio diede a Mosè perché le affidasse ai sacerdoti sono anche la nostra preghiera per Terni: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia risplendere su di te il suo volto e ti conceda pace”. Sì, il Signore benedica questa nostra città e tutte le città e i paesi della nostra diocesi: Narni, Amelia, Vacone, Attigliano, Giove, Calvi, Penna, Guardea, Otricoli, Stroncone, Configni, Sangemini, Alviano, Lugnano. Ho voluto nominarli uno per uno perché su ciascuno scenda la benedizione e la protezione di Dio. Nelle diverse chiese delle nostre città e dei nostri paesi, questa sera, si canta il Te Deum per ringraziare il Signore per l’anno trascorso. Ciascuna città e ciascun paese ha i suoi motivi particolari per dire grazie a Dio. Nella cattedrale il ringraziamento al Signore è in particolare per il cammino comune che il Signore ha fatto percorrere alla Chiesa diocesana lungo il 2003.


Sarebbe lungo elencare i momenti che hanno scandito la vita della nostra Diocesi in questo anno. E’ stato certamente un itinerario che ci ha fatto gustare frutti buoni: penso al coinvolgimento dei consigli pastorali per far crescere la coscienza della comune partecipazione alla Messa della Domenica e quindi alla pratica della comunione sotto le due specie; penso anche al rinnovamento della cattedrale e alla dedicazione della Chiesa di Valenza come all’apertura del 1750° anniversario della morte di Santa Fermina ad Amelia; penso all’ampliamento dell’azione missionaria e caritativa della nostra Diocesi che mostra la giusta tensione universale che ogni Chiesa particolare deve avere. Tante altri campi sarebbero da ricordare. Ma non sto ora ad elencarli. Vorrei raccoglierli tutti nel pellegrinaggio fatto a Roma dal Papa ricordando anche i sessanta anni dai bombardamenti delle nostre città, in particolare di Terni. E’ stato un evento che ci ha permesso di riunirci ancora una volta per immetterci un cammino comune verso il futuro.


Sento che deve essere più chiaro l’impegno delle persone e delle istituzioni per la crescita del bene comune delle nostre città. C’è bisogno che la preoccupazione per il bene di tutti sia più presente nella vita di ciascuno. Anche perché è un tragico errore pensare che il proprio interesse personale possa staccarsi da quello dell’intera città. Questa coscienza è a volte poco evidente, forse perché è anche poco presente. Dico a tutti, anche alle comunità cristiane, che la responsabilità per la crescita di tutti è per noi un impegno improrogabile. Non si può crescere da soli. La crescita o è comune o non è solida. In tal senso ritengo che la Chiesa deve irrobustire la sua responsabilità verso la crescita della città nel suo insieme. Avremo certamente modo di parlarne. Ma questa sera vorrei almeno accennare che la vita di questa responsabilità passa anzitutto per il rinnovamento della vita spirituale delle nostre comunità cristiane. Sì, tutti dobbiamo crescere nella fede, nella speranza e nella carità. A volte percepisco, invece, una stanca abitudine nel condurre la vita delle nostre comunità. Dobbiamo tutti avvicinarci di più al Signore. Più saremo vicini a Lui, più ci troveremo accanto alla nostra città. Terni ha bisogno di parrocchie più vive, di comunità più evangeliche, di cristiani che siano più animati dalla passione che Gesù aveva per comunicare il Vangelo.


Più volte in questi ultimi tempi ho sottolineato quanto sia difficile il momento che il mondo sta vivendo. Domani, nel pomeriggio, celebrando in cattedrale la Messa per la pace avremo modo di riflettere su questo tema. Certo è che il Natale quest’anno è stato quanto mai opportuno: una vera notizia di speranza. Il Signore non ha tolto il suo sguardo dal mondo e ha inviato il suo stesso Figlio. Abbiamo cantato al Vangelo: “Molte volte e in diversi modi, Dio ha parlato ai nostri padri per mezzo dei profeti; oggi, invece, parla a noi per mezzo del Figlio”. E’ questo il mistero incredibile del Natale: Dio ha scelto di parlarci direttamente attraverso il Figlio. E il Figlio è quel bambino che giace nella mangiatoia. Scrive Luca: “I pastori andarono senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva in una mangiatoia”. I pastori si stupirono. E noi? Come restare indifferenti di fronte a tale mistero di amore? Pensate che anche un filosofo come Sartre fu colpito da questo mistero. Mentre era prigioniero nel lager nazista di Treviri, descrive così lo stupore di Maria in quella notte mentre prendeva tra le mani il piccolo Gesù: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. E’ fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. E’ Dio che mi assomiglia… un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo, che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive”.


Questo Bambino è la benedizione di Terni e delle nostre città. Egli è venuto non per imporsi, ma per amare; non per escludere, ma per accogliere; non per condannare, ma per salvare. E’ venuto perché la vita di tutti sia più piena e più giusta. E non si rassegna alla mediocrità e neppure ad una vita triste e scialba. Gesù è venuto terra per sconfiggere il male e la morte, e per aprire a tutti le porte del regno della giustizia e della pace. Tutti vuole salvare senza eccezione alcuna, e se ha qualche preferenza, è per i deboli e per i poveri, per i malati e per i soli. Così si comporta Dio che, appunto, “ha tanto amato il mondo da inviare il suo figlio per noi”, come scrive l’evangelista Giovanni. “Te Deum laudamus” perché così non ci hai abbandonato al destino triste di questo mondo. “Te Deum laudamus” perché, nonostante le nostre chiusure e infedeltà, resti accanto a noi. “Te Deum laudamus” perché, come ai pastori, ci doni la gioia di nutrirci del corpo e sangue del tuo Figlio e di saziarci delle sue parole.


Nella Messa di mezzanotte, sulla scia dell’esempio di Francesco d’Assisi, dicevo che ogni Messa è Natale, perché in ogni Messa Gesù nasce sull’altare. E quindi ogni domenica dovremmo accorrere a Messa, come i pastori accorrevano alla grotta per vedere Gesù. Durante la Messa nel pane e nel calice vediamo Dio, come Maria e i pastori in quel bambino vedevano Dio. Non dimentichiamo questo mistero. E’ facile non farci caso; è facile essere distratti; è facile purtroppo che anche per noi si possa dire con tristezza, “non c’era posto per lui” nel nostro cuore. Al termine di quest’anno ringraziamo il Signore che come ci ha parlato nei giorni passati continuerà a parlarci ancora nei giorni che verranno. La Parola di Dio che abbiamo voluto rimettere al centro della nostra attenzione in questo anno, con l’assemblea diocesana aperta dal cardinale Ruini, deve diventare la nostra vita, la nostra passione, la nostra preghiera. Il Vangelo di Matteo che ho consegnato alla città, a partire dal Comune, e che vorrei fosse il libro di preghiera più comune per tutti, sia la luce quotidiana per noi e per tutti. E con il salmista cantiamo: “lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”(Sl 119, 105).