Tavola Rotonda Internazionale sulle Vaccinazioni

È ormai divenuto una sorta di mantra che i vaccini sono beni comuni. In effetti si tratta di trattamenti sanitari essenziali per la salute e, in molti casi, per la stessa sopravvivenza. Ma come ci ha ricordato più volte papa Francesco, nella vaccinazione sono in gioco anche il bene comune e la giustizia: «se c’è una possibilità di curare una malattia con un farmaco, questo dovrebbe essere disponibile per tutti, altrimenti si crea un’ingiustizia»[1]: bisogna evitare la «marginalità farmaceutica»[2]. E ancora continua papa Francesco: «le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza».

Quindi i vaccini dovrebbero essere disponibili per tutti e ovunque, senza restrizioni dovute ad aspetti economici, anche nei Paesi «a basso reddito». Ma siccome il vaccino è una invenzione prodotta dall’ingegno umano – e non una risorsa ambientale spontaneamente presente in natura (come per es. l’aria o i mari) o scoperta attraverso la ricerca (come per es. il genoma) – per renderlo disponibile a tutti occorrono scelte e azioni precise. Occorre un impegno che coinvolga l’insieme dei soggetti implicati nell’operazione. Tanto più che si tratta di un farmaco delicato e complicato, sia dal punto di vista delle tecnologie che richiede per la preparazione, sia per il significato (simbolico) che gli viene attribuito. Soprattutto alcuni di questi vaccini anti-Covid19 sono prodotti molto sofisticati, per la cui preparazione sono state impiegate conoscenze avanzate, che provengono da diversi campi della ricerca farmacologica, per es. quella oncologica. E questo rende più difficile superare i problemi del trasferimento delle competenze tecnologiche e la gestione dei brevetti. Occorre quindi riconoscere il significato di questi brevetti, ma non assolutizzarli. Anche l’osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite (Mons. Ivan Jurkovič) si è espresso con chiarezza nel contesto della World Trade Organization (WTO) e al TRIPs Council (Trade Related Intellectual Property Rights (TRIPs) Council) sulla necessità di trovare un equilibrio tra i diritti privati degli inventori (e investitori) e delle esigenze pubbliche della società. Quindi affermare la disponibilità universale dei vaccini significa entrare in questo complesso insieme di problemi, che toccano aspetti sia scientifico-tecnologici, sia economico-commerciali, sia geopolitici («nazionalismo vaccinale»).

Ma quello che vorrei in particolare evidenziare è che i vaccini pongono anche una questione riguardante il loro significato nelle diverse culture. Certo l’«esitazione vaccinale», di cui parla il nostro Statement, è un fenomeno variegato, che ha diverse motivazione nelle diverse aree del mondo. Però dobbiamo stare attenti a non imporre una univoca visione occidentale. A questo proposito sottolineo due questioni che si pongono nel mondo globalizzato, che mi sembrano non sufficientemente considerate.

1. Anzitutto occorre comprendere che non si tocca solo la dimensione biologica e medica, che sembra oggettiva e immutabile. In realtà i vaccini portano su di sé e rappresentano una storia che è segnata da ingiustizie e prepotenze. È un gesto delicato chiedere la fiducia di chi esita, soprattutto nei Paesi che hanno subito prevaricazioni da parte di Paesi in posizione di forza, da cui di fatto i vaccini provengono. Giungono qui al pettine nodi che hanno un lungo passato. Per favorire la fiducia non basta un gesto puntuale, ma occorre una politica sistemica, che includa una visione integrale dello sviluppo e rapporti internazionali più equi.

2. In secondo luogo non è detto che le priorità dell’Occidente coincidano con quelle di altri Paesi del Sud Globale (in particolare dell’Africa): quello che a noi sembra una priorità dal nostro punto di vista, non lo è necessariamente per altri. Dobbiamo evitare che l’emergenza della pandemia dovuta al Covid-19 attragga tutta l’attenzione solo su punto che appare, pur con valide ragioni, come il più urgente. Non dobbiamo per es. dimenticare che malaria e tubercolosi mietono molte più vittime in Africa di quante ne causi il Covid-19. Ma ancora prima, la mancanza di misure igieniche di base e di acqua potabile è una grave minaccia per la salute e la sopravvivenza. Questo ci interroga sulla nostra agenda circa la ricerca e gli investimenti che facciamo sulla produzione e la distribuzione dei vaccini. È importante che gli interventi ora intrapresi per rispondere all’emergenza del Covid-19 tenga comunque presente le future esigenze, considerando non solo il breve periodo, ma anche il piano strutturale. Nel futuro si dovranno per es. rinforzare campagne vaccinali per altre malattie molto diffuse, che l’attuale pandemia ci porta a trascurare come ci ricorda l’Immunization agenda 2030 della WHO.

L’impresa che abbiamo davanti è quindi molto complessa e laboriosa. Per questo è importante che uniamo le forze di tutti coloro che condividono questi obiettivi, anche se è possibile che su altri fronti ci siano vedute differenti. È in questo quadro di sinergia su obiettivi specifici e di grande rilievo per il momento storico in cui ci troviamo che si inscrive la collaborazione tra la World Medical Association e la Pontificia Accademia per la Vita.

In realtà era nostra intenzione realizzare un convegno sui vaccini in generale. Avevamo iniziato a progettarlo prima che esplodesse la pandemia, avendo colto con chiarezza già allora l’importanza della questione. Ma le difficoltà insorte ci hanno costretto a ridurre le dimensioni dell’incontro, a restringere il tema e a svolgere on line il webinar che ha affrontato questi temi e che si è svolto ieri (visibile comunque online). Anche la Dichiarazione che oggi presentiamo si pone nella stessa linea. In ogni caso, il nostro progetto iniziale – di un convegno che affronti il tema dei vaccini in tutta la sua ampiezza – è rinviato, non soppresso: quod differtur non aufertur, cioè è stato rinviato, non cancellato.

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(Conferenza stampa in Vaticano, 2 luglio 2021)