Speranza

Un senso di insicurezza sembra coglierci all’inizio di questo nuovo millennio. Le Guerre, il terrorismo, i conflitti etnici, la crisi economica, l’emigrazioni, l’inquinamento…, mettono in forse la speranza in un futuro migliore per il mondo. Che fare? Gli ottimisti affermano che bisogna comunque sperare, i pessimisti invece che la speranza è una virtù ingenua, i realisti – la maggioranza – spingono a pensare a se stessi e a concentrarsi sul proprio presente. La speranza cristiana non è nessuna di queste tre cose. Ma ciò di cui abbiamo bisogno, soprattutto in questo tempo difficile. E’ un dono così prezioso che Benedetto XVI vi ha dedicato la sua seconda enciclica, Spe salvi. E’ una lettera straordinaria, purtroppo poco conosciuta. Egli, tra le molte cose, scrive: “noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere…Dio è il fondamento della speranza – non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine”. La “speranza” cristiana non è una semplice virtù umana. Essa è una delle tre virtù teologali, sta nel mezzo tra la fede e la carità. Un grande scrittore cristiano, C. Péguy, la chiamava “La virtù in contropiede” nel senso che “è la virtù del nuovo e la virtù del giovane… è la principessa stessa delle Teologali e non invano essa è al centro delle Teologali, perché senza di essa la Fede e la Carità scivolerebbero sul rivestimento dell’abitudine. È soprattutto essa che garantisce alla Chiesa che non soccomberà sotto il proprio meccanismo”. Insomma la speranza immette dentro il dinamismo di una vita spirituale tutta tesa verso il futuro di Dio, ciò che di più alto l’uomo possa desiderare. L’esercizio abituale di questa visione è la sostanza della speranza cristiana. La speranza non invita solo a guardare oltre in un futuro indistinto. No, la speranza cristiana fa dirigere la mente, il cuore, la vita, il mondo direttamente verso Dio. Spinge a guardare (e a vivere) la vita più dalla fine che dall’inizio, più dall’utopia del Cielo che dal triste presente della terra. Lo stesso cristianesimo è speranza, ossia orientamento e movimento in avanti, energia tesa a trasformare l’oggi. Il futuro di Dio, la celeste Gerusalemme, non è una delle componenti del cristianesimo, è il termine della fede cristiana, la nota su cui si accorda tutto il resto. In tal senso la speranza cristiana diviene la scelta fondamentale nella quale il credente interpreta il senso ultimo della sua esistenza, e quindi distrugge ogni idolatria del presente, qualunque esso sia, fosse anche una idolatria di pratiche religiose. La speranza fa tenere lo sguardo diretto sempre verso l’Alto, verso il futuro di Dio. E lo fa già intravedere. Per questo, potremmo dire con Péguy, che la speranza sta in mezzo alla fede e all’amore per trascinare più che per essere trascinata: “È essa, la speranza, che tutto con sé trascina. La fede, infatti, vede solo ciò che è. Essa invece vede ciò che sarà. L’amore ama solo ciò che è, essa invece ciò che sarà – nel tempo e per l’eternità”.